Cinque domande a...

Cinque domande a...

salvatore raoSalvatore Rao - Presidente APS La Bottega del Possibile- Torre Pellice (TO)

La Bottega del Possibile è componente del Comitato promotore che ha steso il “Manifesto “Prendersi cura delle persone non autosufficienti” (il testo integrale qui) presentato in Piemonte, dove l’iniziativa è partita.
Come nasce, quali gli obiettivi, ma soprattutto quali le azioni?
Nasce dalla constatazione, da parte dei soggetti che hanno dato avvio a questa iniziativa, di una disattenzione della politica, trascuratezza, divenuto silenzio, che rischia di essere assordante, nonché, di una assenza di visione sul breve, medio e lungo termine rispetto alla condizione della non autosufficienza che influenza la vita di milioni di persone nel nostro paese.

silvia carraroSilvia Carraro- Dottorato di ricerca in Storia medievale- Collabora con le Università di Verona e Venezia- Socia di Alteritas e di SIS (Società italiana delle Storiche)- Ha pubblicato numerosi articoli sulla vita religiosa femminile veneziana, storia dei lebbrosi e della disabilità

Nel libro “Alter –habilitas” (1) da lei curato, nell’introduzione traccia un concetto della disabilità che muta nel tempo e nello spazio, nei diversi territori, tra le popolazioni con le loro culture, le loro storie e tradizioni.
Richiamo, perché condivisi negli indirizzi di PLV, tre degli assunti teorici citati (culturali, sociali, politici) ispiratori della Convenzione ONU 2006 sui diritti delle persone con disabilità: a) la persona come perno dell’azione (persona con disabilità) e non la sua menomazione (persona disabile), b) la palese inidoneità del modello medico per dare risposte soddisfacenti, (anche sul piano sanitario) che tutelino i diritti esistenziali, c) la necessità di equipe interdisciplinari (sociologi, antropologi, pedagogisti, medici ed altri ancora) per accrescere conoscenze e valorizzare l’individuo.
Il modello risultante risponde a un cambio di prospettiva indispensabile anche per affrontare la senescenza delle nostre società occidentali, in cui, al contrario, si consolida il binomio vecchio/ non autosufficienza, poca o tanta che sia. È un accostamento azzardato o solo una deformazione vittimistica occupandosi questo sito di anziani?


26 dicembre 2015

Schermata 2018 10 19 alle 19.37.33In questi ultimi giorni mia madre ha iniziato a parlare sempre più spesso di avvenimenti che hanno quasi la mia età. Io, che non li conosco, li trascrivo velocemente su una vecchia Moleskine e, ogni tanto, guardo mio padre per chiedere conferma su qualcosa che non mi convince del tutto. Scrivo di fretta e salto alcune pagine su cui la mia calligrafia ha segnato appunti indecifrabili, pensando che nella sua testa succeda una cosa simile: vecchi ricordi frettolosi che ne seguono altri indecifrabili, a volte strappati a metà.
Sebastiano, da quando è stato diagnosticato l’alzheimer di Lucia, si è preso cura di lei, da solo, sopportandone gli sbalzi d’umore e le prime lievi dimenticanze. A volte, però, le continue domande di Lucia lo spazientiscono e finisce che le risponde male. Così, a sua volta, lei replica e vanno avanti fin quando uno dei due non decide di lasciar perdere.
In questi giorni le cose vanno meglio. Lucia è felice del mio ritorno a casa e, così, la sua attenzione e le sue domande sono tutte indirizzate a me.
Ogni tanto, come se tutto fosse normale, racconta alcuni episodi della sua vita. A vederla oggi, nulla fa presagire il crollo che ci sarà dopo il ricovero di mio padre, fra poco più di tre mesi. A vederla oggi, nessuno potrebbe pensare che mia madre sia malata di alzheimer.
Mentre porto a tavola il caffè insieme a delle piparelle siciliane, Lucia ha appena finito di parlare al telefono con una vecchia amica e sta ancora sorridendo. Poi, facendo finta di nulla, si avvicina a mio padre, gli fa il solletico sul fianco e ride, mentre lui salta dalla sedia e impreca una, due volte.
L: «Sebastiano, ma ti ricordi che Elena mi aveva consegnato la tua lettera?»
S: «Certo che me lo ricordo, l’ho scritta.»
Mia madre diventa tutta seria e poi si gira verso di me.
L: «Tu non lo sai ma Elena faceva la ruffiana con me e con tuo padre.»
M: «In che senso?»
L: «Nel senso che faceva la ruffiana.»
M: «Cioè?»
L: «Ma cos’è, non capisci? Faceva la ruffiana.»
M: «Ah, la ruffiana» dico io, senza aver ancora inteso il senso.
L: «Eh, la ruffiana. Mi consegnava le lettere che tuo padre scriveva per me.»
M: «Ma dai, ti scriveva delle lettere?»
L: «Certo. Non lo sapevi?»
M: «No, non avete mai detto nulla.»
L: «Scriveva belle lettere d’amore ma io non gli rispondevo nemmeno.»
M: «Ma le avete ancora quelle lettere?»
L: «No, mi sa che sono state buttate parecchi anni fa.»
M: «Ma no, perché?»
S: «No, che buttate! Mi sembra che si sono perse durante qualche trasloco» replica mio padre, anche se con poca convinzione.
M: «Vastià, e che le scrivevi?»
S: «Fattelo dire da lei.»
L: «Ma sai che non me lo ricordo?»
M: «Come non te lo ricordi?»
L: «È che all’epoca, onestamente, non ricordavo nemmeno che tuo padre fosse capace di scrivere.»

marco annicchiaricoMarco Annicchiarico- musicista, critico musicale, scrittore, ufficio stampa musicale

davide fregniDavide Fregni- musicista-gestisce il Laboratorio di Musica Quodlibet- concertista e compositore

Questa intervista, con altre che l’hanno preceduta, rientra in un tentativo di parlare delle demenze, qualunque siano le cause che le provocano, combattendo due convinzioni molto diffuse, anche per l’assenza al momento attuale sia di un’idea dell’origine della demenza, sia di una cura per rallentarla o contenerla se non guarirla. La prima ritiene che una volta emessa una diagnosi non ci sia più niente da fare, anche se la persona è ancora giovane e conserva molte facoltà. La seconda, da cui origina questa intervista, si sofferma sulle relazioni che s’instaurano tra il caregiver, la persona con demenza, il mondo circostante. Partiamo dalla vostra realtà. Un figlio, maschio che, per ragioni diverse e in contesti diversi si trova ad assistere la propria madre, in stato ormai avanzato, pare di capire, di demenza. Come si è giunti a questa situazione e quali scelte (anche obbligate) sono state fatte, qual è l’impegno?

flavio paganoFlavio Pagano- Scrittore, giornalista, autore teatrale e televisivo. Autore di due romanzi/diari "Perdutamente" e "Infinito presente"nati da una storia vera di una famiglia in cui l'anziana madre viene colpita dall'Alzheimer

Le varie forme di demenze che stanno colpendo milioni di persone nel mondo pongono una domanda: siamo pronti culturalmente, emotivamente, socialmente ad affrontare questa condizione? Lei si chiede: l’Alzheimer è soltanto una malattia? Ma cosa vuol dire malattia? Io aggiungo: non disponendo di soluzione farmacologiche non si dice troppo spesso e troppo presto non c’è più niente da fare dopo una diagnosi di demenza, suscitando panico e confusione? Nello stress e nella fatica del caregiver è presente il rischio di non vedere la persona? Non c’è una sorta di rifiuto dei deficit cognitivi e dei comportamenti imprevedibili?

15 luglio 2015

11696025 10207428921789428 5195516473415907370 nSiamo alla frutta...il reparto

25 settembre 2016

Una volta si diceva "è impazzito di dolore" oppure "è morto di crepacuore" oppure ancora "ha un travaso di bile". Adesso si 
chiamano Alzheimer, infarto o tumore al fegato (i medici mi perdonino le licenze semplificative). Non mi pare ci sia stata tutta questa evoluzione nella medicina alla fine della fiera. Sancire l'esistenza di malattie con un nome preciso e non più "ingenuamente" popolare offre anche il "vantaggio", inoltre, di aprire tutto un mercato di farmaci, santoni
e terapie. Ma soprattutto, mi raccomando, non domandiamoci mai il perché delle nostre malattie. Cosa vogliono dirci ed insegnarci. Mettiamoci nelle mani di un esperto e lasciamoci bombare da farmaci che ci risolvano tutto, quando va bene, senza aver capito un cazzo del perché stavamo così. Mi raccomando. Se non si vuole capire un cazzo di niente (che potrebbe essere un obbiettivo esso stesso di interesse, mi pare, largamente diffuso attualmente) si faccia così.

25 dicembre 2016
15622456 10211937118491528 6107261858406532574 n

 16 gennaio 2017 

mia madre ha richiesto più volte, non una sola, di poter avere con lei a letto un uomo. L'ha chiesto con estremo candore ma anche una percettibile e vibrante emozione. Ora, io, per tranquillizzarla, le ho subito garantito che avremmo trovato qualcuno, magari a pagamento (fatico grandemente ad immaginare altre modalità considerando anche di dover bypassare tutta la fase del corteggiamento e della ricerca di intimità). Le chiedevo anche di indicarmi eventuali preferenze etniche o tipologiche. Orbene, sono nuovo di queste ricerche, cerco suggerimenti o addirittura...volontari. So che il Mondo è sempre foriero di insospettabili ed inaspettabili sorprese 

marco toscaniMarco Toscani- Regista e web reporter- Autore di cortometraggi sulla demenza, sulla sessualità dei disabili e su temi socaili

“L’arte deve scuotere e non sempre consolare! Arte, sentimento e lealtà del racconto a volte superano la realtà, coinvolgono emozioni e sentimenti e servono a contrastare falsi miti, luoghi comuni, errori e disinformazione, a far mutare opinioni e atteggiamenti. A insegnare.”
Prendo in prestito l’incipit di un articolo su Perlungavita.it di Ferdinando Schiavo amico comune e collaboratore di questo sito, quando si parlava del suo corto sull’Alzheimer “Ti ho incontrata domani”, la sua prima opera che ha raccolto notorietà, diffusioni e riconoscimenti nazionali e internazionali. A quasi tre anni di distanza cosa ci racconta della storia di Anna, Mario e della loro figlia e di questo film?

eloisa stellaEloisa Stella- Co-fondatrice e vice-presidente dell’Associazione Novilunio Onlus- Laurea e  master in antropologia socio-culturale e -consulente della Commissione Europea per la valutazione di progetti che promuovono l’invecchiamento attivo e le tecnologie per le persone anzianediploma in marketing e comunicazione

Venticinquesima giornata e settimo mese mondiale dell'Alzheimer (e delle patologie dementigene). Perlungavita, nasce per perseguire e promuovere un’idea di cura in cui la persona, con i suoi famigliari, rimane, indipendentemente dalla sua patologia, protagonista del suo percorso di vita. Questo principio sembra difficile da adottare quando si parla di patologie cognitive degenerative, ma crediamo sia perseguibile. L’Associazione “Novilunio” ha nel corso di questi anni elaborato un proprio progetto, in cui i pazienti e i loro famigliari sono protagonisti attivi nella vita quotidiana e nel percorso di cura. Ha un team di lavoro “anomalo” (logopedista/esperto in tecnologie assistive, un’antropologa, un avvocato) rispetto ad altre equipe del settore, agisce con metodologie innovative. Ci può presentare “Novilunio” anche oltre quanto scritto nel vostro sito?