In Italia abbiamo uno strano concetto del significato di “libertà”, perché da una parte ascoltiamo da mesi persone che protestano contro l’obbligo del greenpass perché lede il loro diritto alla libertà di decisione se vaccinarsi o meno, questo a fronte di un grave problema di salute pubblica e nello stesso tempo apprendiamo che la Corte Costituzionale nega a persone gravemente malate e costrette a gravi sofferenze senza speranza di miglioramento, il diritto e la libertà di porre fine alla loro vita in modo dignitoso in nome della difesa delle persone deboli e vulnerabili!? Tutto questo è un controsenso perché se queste persone non fossero deboli e fragili e quindi incapaci di realizzare da sole questo desiderio, non chiederebbero aiuto per poter mettere fine alle loro sofferenze perché lo avrebbero già fatto da sole senza chiedere il permesso a nessuno!! Il testo della proposta di referendum prevede una parziale abrogazione dell'art. 579 del codice penale -omicidio del consenziente - che impedisce la realizzazione di quella che viene chiamata “eutanasia attiva”, sul modello adottato in Belgio e nei Paesi Bassi. L’eutanasia è attiva quando il decesso di una persona è indotto attraverso la somministrazione di farmaci che inducono la morte, oppure dallo stop alle cure necessarie per mantenere in vita il malato. Il laconico e asettico comunicato con il quale, ieri sera, l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte Costituzionale ha divulgato la decisione di dichiarare inammissibile il quesito referendario sull’eutanasia lascia trapelare con chiarezza le ragioni che hanno ispirato la decisione di non lasciar votare i cittadini. Un milione e 240 mila le sottoscrizioni a favore della proposta referendaria durante una delle campagne di raccolta più animate e più seguite della storia repubblicana. Numeri che rendono con chiarezza quanto la questione sia sentita dalla popolazione e che dimostrano quanto il tema del fine vita assuma una trasversalità ideologica e generazionale. L’inammissibilità è stata decisa “perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili Il richiamo alla tutela minima della vita umana rende evidente che, a parere della Consulta, l’eventuale (e probabile, se si fosse votato) approvazione del referendum avrebbe limitato il diritto fondamentale della tutela della salute previsto dall’art. 32 della Carta costituzionale ed il dovere di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’individuo (tra questi, appunto, il diritto alla salute e alla vita) contenuto nell’art. 2. Con la pretesa, o il pretesto, di tutelare le persone deboli e vulnerabili, in realtà si vuole mantenere ferma una ingiustificabile disparità di trattamento tra quei cittadini che possono darsi la morte da sé, così esercitando liberamente il proprio diritto all’autodeterminazione, e quelli che, per le proprie particolari condizioni psicofisiche (ad esempio, persone affette da tetraplegia o da SLA), non sono materialmente in condizioni di dare seguito in prima persona al proprio proposito di concludere la propria vita. La Consulta ha preferito mantenere lo status quo, ritenendo queste persone, vittime incolpevoli di gravi malattie, non meritevoli di quella stessa tutela dei diritti inviolabili previsti dall’art.2 della Costituzione.