Alice nel Paese delle Meraviglie, è un romanzo scritto da Charles Lutwidge Dodgson sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll. Racconta di una ragazza di nome Alice che cade attraverso una tana di coniglio in un mondo fantastico popolato da strane creature, è considerato uno dei migliori esempi del genere letterario nonsenso. Il suo corso narrativo, struttura, personaggi e immagini sono stati enormemente influenti sia nella cultura popolare che nella letteratura, specialmente nel genere fantasy.
Alice fu pubblicata nel 1865, tre anni dopo che Charles Lutwidge Dodgson e il reverendo Robinson Duckworth il 4 luglio 1862 fecero una gita in barca, sul tratto del fiume Tamigi denominato Isis, con le tre giovani figlie di Henry Liddell (il vicecancelliere dell'Università di Oxford e decano di Christ Church): Lorina Charlotte Liddell (13 anni), Alice Pleasance Liddell (10 anni), Edith Mary Liddell (8 anni). Durante il viaggio Charles Dodgson raccontò alle ragazze una storia che presentava una bambina annoiata di nome Alice che va alla ricerca di un'avventura. Le ragazze la apprezzarono moltissimo, tant’è che Alice Liddell chiese a Dodgson di scrivere la storia per lei. Le ragazze e Dodgson fecero un'altra gita in barca un mese dopo, nel corso della quale elaborò la trama e successivamente a novembre cominciò a lavorare sul racconto.
Il 26 novembre 1864 consegnò ad Alice il manoscritto di Le avventure di Alice sottoterra (Alice's Adventures Under Ground), con illustrazioni dello stesso Dodgson, dedicandolo come "Un regalo di Natale a un caro bambino in ricordo di un giorno d'estate". Ma prima che Alice ricevesse la sua copia, Dodgson stava già lavorando per la pubblicazione e ampliando l'originale, in particolare aggiungendo gli episodi sul Gatto del Cheshire e il capitolo 7, Un tè di matti.
La trama.(1)
Sognando di seguire un coniglio bianco, Alice cade letteralmente in un mondo sotterraneo fatto di paradossi, di assurdità e di nonsensi. Nella sua caccia al coniglio le accadono le più improbabili disavventure.
Segue il coniglio nella sua tana e, con suo enorme stupore, nota che le pareti sono arredate con tazze e scaffali e quadri e cartine geografiche appese con mollette da bucato; poco dopo però la tana si fa molto buia e, non vedendo una grande buca profonda, Alice vi ci cade dentro. Dopo un discorso immaginario con la sua gatta Dina, atterra su un mucchio di ramoscelli e foglie secche. Davanti a lei, si presenta un lungo passaggio che conduce in una stanza costituita da un corridoio lungo e basso e da una serie di lampadari che pendono dal soffitto. Qui, vi sono una moltitudine di porte che la bimba tenta invano di aprire. Quando, però, nota una porticina, i suoi occhi scorgono un magnifico giardino e vorrebbe, perciò, attraversarlo a tutti i costi, ma i suoi sforzi per entrare risultano inutili perché è troppo grande per poterlo oltrepassare. Decisa a non darsi per vinta così facilmente, vede su un tavolino di vetro a tre gambe, apparso poco prima, una chiavetta color oro brillante e una bottiglietta con la scritta "Bevimi". Infatti il contenuto la fa rimpicciolire, ma giunta alla porta, si rende conto d'aver lasciato la chiave sul tavolo. Assaggiato un pasticcino comparso dal nulla con su scritto "Mangiami" diventa enorme. Ora può prendere la chiave ma di nuovo non passa dalla porta. Affranta, scoppia in lacrime, che allagano la stanza. In quel momento compare, tutto trafelato, il coniglio bianco, con un ventaglio ed un paio di guanti bianchi di capretto e che continua ad esclamare: "O, povere le mie orecchie, i miei baffi e le mie zampette, la duchessa mi condannerà a morte, se la farò attendere ulteriormente". Alice era talmente disperata che, non appena vide il coniglio passargli avanti, gli rivolse la parola, di tutta risposta, lasciò cascar guanti e ventaglio, e corse via nell'oscurità. Allora, siccome faceva un gran caldo, prese il ventaglio, e cominciò a sventolarlo e, incredibilmente, ritornò di nuovo piccola. Scomparso il tavolo e la porticina che conduceva al giardino, si trova in compagnia d'un topo e altri animali (parrocchetto, dodo, aquilotto). Il topo abbozza una storia ma poi scatta la "corsa confusa", tutti gli animali corrono in circolo, chi inizia dopo, chi smette prima. Alla fine della corsa, però, tutti sono asciutti.
Allontanatasi da questa compagnia, Alice ritrova il coniglio bianco e la sua casetta. Entrata in casa per cercare guanti e ventaglio del coniglio, mangia di nuovo, diventando ancora una volta enorme, tanto che le braccia le escono dalle finestre. Il coniglio, allarmato, chiama a raccolta Bill la lucertola che prova a passare attraverso il camino, ma Alice lo scaccia con un calcio. Fallita la spedizione di Bill, il coniglio tira sassi ad Alice che però diventano pasticcini. Mangiatone uno, ridiventa piccolissima e fugge dalla casa. Scansato il pericolo del cucciolo gigante, intrattiene una conversazione alquanto strana con un Bruco, tranquillamente appollaiato sul cappello di un fungo che fuma il narghilè. È al suo cospetto che Alice recita "Sei vecchio, Papà Guglielmo". Dopo aver compreso le ragioni della bambina, ed essersi allontanato, strisciando sull'erba, il Bruco le rivela che le due parti del fungo la possono far crescere e rimpicciolire a suo piacimento.
Al primo tentativo, Alice si ritrova con un collo lunghissimo, che fa sì che un piccione la scambi per un serpente. Ritrovate le giuste proporzioni, Alice si rimette in moto. Nel bosco giunge alla casa della duchessa. Assiste allo scambio d'inviti dei due messi (un pesce e un ranocchio) col quale la regina di cuori invita la duchessa a una partita di croquet. La casa della duchessa è molto strana: lei sta, infastidita, a cullare un bambino che urla e starnutisce per l'aria satura di pepe, mentre la cuoca che rimesta la zuppa, di tanto in tanto, lancia stoviglie e pentole per ogni dove. La duchessa lascia però presto Alice per andare a prepararsi alla partita, donandole il bimbo in fasce che si trasforma in porcellino e corre via nel bosco. Alice giunge alla casa della Lepre Marzolina, che sta prendendo il tè insieme al Cappellaio Matto Questi due personaggi, in compagnia del ghiro, prendono il tè cambiando continuamente posto, spostandosi di tazza in tazza. Alice viene così a sapere che l'orologio del cappellaio segna sempre il giorno, ma non l'ora, e le viene sottoposto un indovinello: "perché uno scrittoio è come un corvo?".
Dopo, Alice trova la strada per il castello della regina, dove vede i soldati con il corpo fatto da carte da ramino di picche che dipingono di rosso le rose che per sbaglio sono state piantate bianche. In quel momento arriva il corteo della regina: ci sono le picche (in inglese "spades", spade o anche vanghe, quindi sono i giardinieri), quadri (in inglese "diamonds", i cortigiani), fiori (in inglese "clubs" ma anche bastoni, quindi le guardie), cuori (in inglese "hearts") che rappresentano i principi di sangue reale.
La Regina, subito aggressiva (rappresenta la Furia), invita Alice a giocare a croquet, ma il campo è pieno di buche, si usano le carte come porte, istrici come palle e fenicotteri come mazze. Il gioco è subito una gran confusione di giocatori che urlano e giocano all'unisono. Spesso le porte (le carte) devono assentarsi per decapitare chiunque capiti a tiro alla regina che ne sentenzia la morte. Riappare la duchessa, momentaneamente uscita dalla prigione in cui la regina l'aveva destinata, e presenta ad Alice il grifone, che con fare autoritario le fa conoscere la "finta tartaruga". La finta tartaruga serve a fare il finto brodo di tartaruga (un surrogato del vero brodo di tartaruga che si fa con la carne di vitello). Lei racconterà ad Alice di come studiava sul fondo del mare e mostra in coppia col grifone, la quadriglia delle aragoste.
Alice è costretta a lasciarla perché nel frattempo è stato istituito il processo nel quale si giudicherà il fante di cuori, accusato d'aver rubato le tartine pepate. Al processo, annunciato dal coniglio bianco che ora è vestito da araldo, sono presenti i giurati (varie specie di animali), i testimoni (il cappellaio matto, la cuoca della duchessa e la stessa Alice). Il ritrovamento di una lettera senza firma con una poesia senza senso, convince tutti che il vero colpevole sia il fante di cuori. "Sentenza prima, verdetto poi" declama la regina, ma Alice (che ha iniziato a diventare sempre più grande) dissente e quando si alza per testimoniare, la sua gonna rovescia il tavolo della giuria facendo cadere tutti i giurati. Dopo poco è diventata così grande che non si preoccupa più di re e regine, ritrovando la giusta misura della realtà: "non siete altro che un mazzo di carte"...
Il sogno finisce con Alice che si risveglia tra le braccia della sorella e quindi va a casa per l'ora del tè.
L’Analisi dei personaggi (2)
L’Alice del capolavoro di Carroll è un personaggio realmente esistito: è Alice Liddell, figlia del rettore del Christ Church College di Oxford che Carroll conobbe quando la bambina aveva solo quattro anni.
Il Topo, rappresenta simbolicamente l’animale impuro che vive anche nelle fogne, nell’oscurità assoluta, che si ciba di spazzatura, che resta così ai limiti del sociale e trascorre la sua esistenza rodendo la propria coscienza.
Il Coniglio Bianco rappresenta la figura dell’adulto, fortemente ossessionato dal tempo, che subisce tutte le autorità, in special modo femminili, dalla Duchessa alla Regina di Cuori.
Il Cappellaio Matto, pazzo già nella definizione, è invece un eroe del tutto positivo e, pur essendo adulto, mantiene la forza dirompente del bambino che combatte le imposizioni e i luoghi comuni e si ritrova addirittura a sfidare il Tempo per capovolgerlo.
La dualità del grande/piccolo, del diventare adulto/restare bambino, l’enigma degli opposti uguali e diversi, è ben rappresentata dai personaggi di Pincopanco e Pancopinco che diventano il primo incontro di Alice nel suo viaggio interiore e che le raccontano del grande pericolo del peccato di ingenuità, come accadde nella vicenda narrata delle piccole ostriche raggirate dal Tricheco e dal Carpentiere, metafora questa del rischio rappresentato dagli imbonitori, e da tutto quello che possa finire con il fagocitare le coscienze inesperte proprio come quella di Alice, piccola perché ancora bambina.
I personaggi-animali che si incontrano hanno poi spesso legami concreti con la storia di Alice e ne ricalcano alcune caratteristiche peculiari, come il pappagallo, la sorella maggiore di Alice, Lorina Lidddell, che rappresenta l’autorità dei più grandi o il Grifone, emblema dello stesso Trinity College di Oxford, simbolo della pedagogia vittoriana opprimente ed impositiva, piuttosto che l’altra sorella, rappresentata da un aquilotto, oppure lo stesso padre di Alice visto come un’anatra o infine l’autore, il fantasioso Dodo.
Secondo alcune interpretazioni recenti, il Gatto del Cheshire potrebbe simboleggiare lo stesso autore, per la saggezza di alcuni consigli, per l’amichevole clima instaurato in più occasioni con Alice e per il fatto che entrambi sono nativi del Cheshire.
Altra donna di potere è certo la Regina di Cuori, rossa come il sangue, la passione e la collera, probabile caricatura satirica della sovrana, la regina Vittoria.
Le Regina di Cuori rappresenta l’antica Furia greca, della cui sensualità è debole vittima lo stesso consorte Re di Cuori, forse personificazione dell’amato padre di Carroll, prematuramente scomparso.
In quanto Grande Madre crudele è in grado di giudicare con un solo mezzo: il taglio delle teste.
La Regina non è in grado di riconoscere l’individualità del singolo, perciò riduce tutti a numeri, semplici carte del suo gioco nelle strade di sua proprietà.
Il potere della sovrana è assoluto e anche l’evidenza deve piegarsi al suo volere: durante le sue partite di croquet non può che esserci un solo vincitore, la regina stessa.
Ma durante il processo Alice cambia sempre statura finché ha finalmente il coraggio di affrontare la Regina, di dire la verità, di avere una chiara visione delle cose: la sua.
Ed è proprio nel momento della sua massima maturazione, del suo essere davvero cresciuta al di là della statura, che si sveglia e può tornare alla tranquilla certezza del suo quotidiano.
Alice, a differenza di tutti gli stereotipi femminili delle tradizionali favole per l’infanzia, non rappresenta il prototipo della bambina a immagine e somiglianza del maschio ma rappresenta la possibilità di potersi esprimere e comportare esattamente come le è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene, di cui tra l’altro mostra molte caratteristiche peculiari ma non esclusive.
Alice è infatti graziosa, leziosa e piagnucolosa come molte bimbe sue coetanee, ama giocare con il suo gattino, conosce a meraviglia le poesie imparate a scuola con grande diligenza, sa fare la riverenza e parla con rispetto ed educazione; eppure Alice non si esaurisce in questi tratti ed in questo standard ma è molto altro e lo è in base alle diverse situazioni in cui si imbatte.
Alice non ha paura di inseguire un coniglio nella sua tana, al Bruco pone, curiosa, domande di continuo e lo interrompe, mostrandosi bambina irriverente ed invadente.
Pepe Porcellino da cullare tra le braccia provoca ad Alice irritazione e nervosismo, non certo quell’atteggiamento affettuoso che già da piccole ci si aspetta dalle bambine a causa del loro certo atavico istinto materno.
Alice raramente ha davvero paura ma sempre coraggio.
Alice sale sugli alberi, corre, grida e sa giocare a croquet.
Le domande di Alice sono impertinenti sempre ma persino se sono poste alla Regina di cuori, perché Alice non teme neanche il potere: le fa l’inchino e la chiama maestà ma poi non risparmia neanche a lei il suo cinismo tagliente.
Oggi, come allora, dunque un modello alternativo quello di Alice, protagonista di un racconto per l’infanzia, un ruolo diverso, quello dell’eroina femminista rivoluzionaria proprio perché via via sempre più consapevole, interessante da analizzare, perciò, anche alla luce delle possibili influenze sociali sulle sue giovani, e non più giovani, lettrici.
Note
(1) Riferimenti nel web e nell’enciclopedia Treccani
(2) tratto da “Sogno/realtà, senso/nonsense: la fortuna di Alice nel tempo”, di Valentina Ghilardi,
Illustrazione della prima edizione del 1865