“La bambina di vetro” è il nuovo testo scritto e illustrato da Beatrice Alemagna; pubblicato per la prima volta in Francia nel 2002 ed edito in Italia da TopiPittori nel 2019.
La storia, (come l’autrice stessa ci racconta nella prefazione del libro) è stata ispirata da “Giacomo di Cristallo” del geniale Gianni Rodari, testo che fin da bambina ho amato e sognato di illustrare.
Si potrebbe dire che Gisèle, la protagonista di questo libro, sia la sorellina francese di Giacomo (nata a Parigi e mai pubblicata prima d’ora in Italia). A differenza dl suo gemello italiano, Gisèle non viene messa in prigione ma solo esclusa e costretta a cercare un luogo da poter chiamare “casa”. La bambina di vetro non è una storia che parla di quanto sia potente la verità, ma di fiducia in se stessi e di coraggio, doti che coloro che oggi lottano nella vita non dovrebbero mai perdere. (1)
"Giacomo di Cristallo" è una delle note favole al telefono di Gianni Rodari; nelle prime righe della sua storia possiamo leggere:
“Una volta, in una città lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra si poteva vedere come attraverso l’aria e l’acqua. Era di carne e d’ossa e pareva di vetro, e se cadeva non andava in pezzi, ma al più si faceva sulla fronte un bernoccolo trasparente”. (2)
Anche la bambina di vetro nasce trasparente e fragile, come si evince dal parallelismo che segue:
“Un giorno, in un villaggio vicino a Bilbao e a Firenze, nacque un bambino di vetro. Anzi, una bambina. Era così carina con i suoi grandi occhi, così perfetta con le sue piccole mani, così pura e luminosa… ma così trasparente! Brillava, scintillava, si confondeva con gli oggetti, cambiava colore al tramonto e sotto il sole si trasformava in mille riflessi”.
In aggiunta alle poetiche parole dell’Alemagna, vediamo anche un uso delle illustrazioni pittoresco e peculiare, che assorbe completamente la nostra attenzione, tra un gioco di colore dato dalle sfumature di un azzurro cielo e il suo tratto grafico che ci ricorda il suo celebre albo illustrato “Un leone a Parigi”.
Interessante inoltre notare come ci sia la stessa autrice all’interno delle pagine, in particolare nella valigia di Gisèle dove si notano le due parti del suo cuore (e delle sue patrie): Parigi con una piccola Tour Eiffel – un souvenir – e l’Italia con un vecchio francobollo delle Poste Italiane.
Troppa trasparenza
Non è solo l’apparato iconografico a stregarci, tutto l’oggetto libro ci catapulta nel racconto e ci fa stare attenti. Sfogliando il testo, infatti, vediamo scorrere il tempo della bambina di vetro che, crescendo, porta con sé paure e dubbi su se stessa, una scoperta intima di sé che purtroppo, però, non rimane così intimistica e questo perché anche i suoi pensieri sono trasparenti e capaci di essere letti da tutti.
A diventare limpidi ed evidenti, non sono però solo i pensieri di Gisèle, ma anche il racconto che, pagina dopo pagina, mette in luce i dolori della bambina facendo diventare il libro stesso trasparente, creando una mimesi totale con la protagonista della storia e con l’oggetto libro in sé, attraverso il tatto e la vista.
Ogni suo pensiero era letto e studiato dagli altri, che la criticavano e accusavano, pensando che dovesse imparare a tenerli per sé, finché un giorno la bambina se ne andò pronta per scoprire dove potesse stare senza essere giudicata dagli altri. Ma, ovunque lei andasse, i problemi ritornavano e le persone non la capivano. Così un giorno, si stancò di fuggire, e tornò a casa.
Anche se la verità è spaventosa e la gente preferisce ignorarla. (3)
La verità spaventa
Questo libro a figure ci insegna parecchie cose: innanzitutto quanto sia importante lavorare su se stessi e sull’accettarsi, in un momento storico in cui i social network e i media danno come messaggio ai ragazzi quello di essere perfetti e omologati, quando invece la diversità è e deve essere ciò che ci distingue dagli altri, ciò che ci rende speciali, non negativamente differenti.
In una società in cui l’esclusione è all’ordine del giorno, dove l’abbattimento delle barriere e il fatto che:
«tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali» (4).
Sono solo parole al vento, un libro in cui una ragazza capisce che ha il diritto di rimanere a casa sua esattamente come le altre persone, serve a noi adulti e agli adulti di domani.
Inoltre ci mostra come la verità spaventi le persone, abituate a vivere tra ipocrisie e decise nel richiamare i bambini quando, senza alcun filtro, dicono ciò che pensano sia rispetto a chi incontrano, sia rispetto a chi vorrebbero essere o diventare.
Gisèle, da donna ormai indipendente, ha il suo lieto fine, le spetta questo lieto fine. Non si può purtroppo dire lo stesso per “Giacomo di cristallo”, che al contrario andò in galera per i suoi pensieri fluttuanti, anche se poi successe qualcosa di straordinariamente magico (o meglio, giusto):
“Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordinò di gettarlo nella più buia prigione.
Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella in cui Giacomo era stato rinchiuso diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La gente che passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri. Di notte la prigione spandeva intorno una grande luce e il tiranno nel suo palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non riusciva ugualmente a dormire. Giacomo di cristallo, anche in catene, era più forte di lui, perché la verità è più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.” (5)
"La bambina di vetro" può essere inserito all’interno di un percorso interdisciplinare negli ultimi anni della scuola primaria in cui si voglia parlare dell’inclusione a scuola e per far scoprire ai bambini la loro unica identità, tenendo bene a mente le parole delle Indicazioni Nazionali:
Poiché comunità educante, la scuola genera una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, ed è anche in grado di promuovere la condivisione di quei valori che fanno sentire i membri della società come parte di una comunità vera e propria. La scuola affianca al compito «dell’insegnare ad apprendere» quello «dell’insegnare a essere». L’obiettivo è di valorizzare l’unicità e la singolarità dell’identità culturale di ogni studente. La presenza di bambini e adolescenti con radici culturali diverse è un fenomeno ormai strutturale e non può più essere considerato episodico: deve trasformarsi in un’opportunità per tutti. (6)
È un libro sicuramente da proporre, dai sette anni in su, dotato di illustrazioni molto belle ed anche consigliato a chiunque abbia voglia di fare un viaggio nella propria intimità, per imparare a vedere la verità che ci circonda.
Note
(1) Dalla prefazione de La bambina di vetro, B. Alemagna, TopiPittori, Milano, 2019.
(2 )G. Rodari, Favole al telefono, Einaudi, Torino, 2010, p. 142
(3 )G. Quarenghi, La bambina dei libri, TopiPittori, Milano, 2019
(4) Costituzione Italiana, art. 3
(5) G. Rodari, op.cit., p. 144
(6) MIUR, Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Le Monnier, 2012, p. 10