[Perché due più due deve sempre far quattro? Non potrebbe far cinque una volta tanto?]
Un meraviglioso romanzo, una bella storia, un "antico" libro per "nuovi" ragazzi:
di Ada Gobetti (scritto nel 1940 - che visti i tempi - aveva dovuto pubblicarlo con lo pseudonimo Margutte) una riedizione con le illustrazioni di Ettore Marchesini, la prefazione di Goffredo Fofi, - Roma 2019 Edizioni di Storia e letteratura.
Storia del gallo Sebastiano è il primo libro scritto da Ada Gobetti dopo la morte di Piero e in pieno regime fascista. Fu l’intercessione di Benedetto Croce, (che l’aveva conosciuta a Napoli quando lei e il giovane Gobetti andarono a trovarlo durante il viaggio di nozze), a propiziarne la pubblicazione, allora con Garzanti.
Questo, è un vero e proprio romanzo di formazione: le avventure di un galletto "diverso".
Anticonformista e bizzarro fin dalla nascita, Sebastiano vuole, crescendo, conoscere e capire il mondo; affronta allo scopo tutta una serie d'avventure che lo portano a contatto con ambienti e personaggi diversi: incomprensivi e ostili come gli ottusi Vitelli o i Conigli troppo docili o i Porcelli malvagi; ma anche amichevoli e preziosi come il patetico Cane Bernardoco, l'arguta Gatta Matúa, il vecchio gallo filosofo Calisto.
Racconta di un gallo che incredibilmente risulta il tredicesimo accanto alla solita dozzina, covata dalla mamma, Piumaliscia. Questo suo essere insolito si estende a molto altro: è sgraziato, sproporzionato con un testone che sovrasta le esili zampine, ma soprattutto è disobbediente, ribelle, fa sempre il contrario di quel che gli viene chiesto. In una vita e società molto ordinate (fin troppo) e convenzionali, Sebastiano è un “diverso” che non viene compreso, anzi, è spesso mal digerito. La metafora del “silenzio e disciplina” fascista e il mancato riconoscimento dell’altro da sé, fanno capolino, pur non sbandierati. Nel racconto a Sebastiano succede di tutto: si perde, viene venduto al mercato dei polli, rischia di finire cotto in pentola, si rompe una zampa ecc... Vuole trasmettere l’idea che una vita ingessata in regole sciocche e ossessive, improntate a una severità fine a sé stessa, non è una vera vita, non conduce a nulla, non migliora l’individuo, non fa crescere la società che ha bisogno anzi dei diversi come lui, strambo, ma con il suo senso di autonomia e un’identità a cui non è disposto a rinunciare.
Attraverso queste vicende volta a volta comiche e sentimentali, Sebastiano si pone e risolve a modo suo i fondamentali problemi umani dell'infanzia e della prima adolescenza traendone una sua concezione della vita, originale e profondamente ottimistica, si allontana da casa e impara a cavarsela e a farsi degli amici, sfuggendo ai pericoli e alle trappole, e al ritorno scopre di saperla più lunga dei fratellini rimasti chiusi nel loro percorso routinario, bolle di sapone che temono di infrangersi e si barricano nel loro egoismo.
Sebastiano finirà per ripartire di nuovo, andando incontro a nuove avventure, poiché, ormai, ha gustato la bellezza e la diversità del mondo, ha imparato ad aprirsi, a non temere la propria goffaggine e la propria stranezza.
«Si può ricavare una “morale” antifascista dalla storia dell’irrequieto Sebastiano», afferma nella prefazione Goffredo Fofi (che aveva trascorso alcuni anni al centro Gobetti di Torino, lavorando fianco a fianco con Ada al «Giornale dei genitori»): «Lui è l’imprevisto, l’irregolare, il fuori schema che terrà fede all’originalità della sua nascita fuggendo avventurosamente nel mondo, alla scoperta dell’altro», scrive ancora Fofi.
Per agire così servono coraggio e libertà mentale, due caratteristiche di Ada Gobetti, che, ad esempio, rischia la pelle nascondendo nella casa di via Fabro a Torino i militanti e amici di Piero, ostili al regime, o che sceglie la Resistenza accanto al figlio diciottenne Paolo, nel settembre del ’43: due anni di lotta in cui i due passano giorni senza sentirsi, senza avere idea se l’una e l’altro fossero vivi o morti. Ada sarà smobilitata con il grado di maggiore (le sarà tributata la medaglia d’argento al valor militare) e diventerà vice-sindaca della Torino liberata.
…..
Incipit
Non molti anni fa, in un pollaio di questo mondo, viveva una gallina adorna delle più preclare virtù: Apparteneva alla rispettabile famiglia dei Perbenino, e si chiamava Piumaliscia, come la sua mamma, la sua nonna e la sua bisnonna. Da tempo immemorabile tutte le galline primogenite della famiglia s’eran chiamate con questo nome, avevano avuto le penne bianche o nere o gialle, ma invariabilmente lisce, ed eran state sagge, prudenti, ordinate.
Unica eccezione alla regola, una certa gallinetta con un ciuffo di penne nere scarruffate al sommo della testa, la quale si chiamava Arcadia e non era né saggia, né prudente, né ordinata . Stava ore e ore a specchiarsi nelle pozzanghere, finchè s’addormentava e ci cadeva dentro con la testa , inzzaccherandosi tutte le penne; a metà della notte si svegliava e gridava “coccodè” disturbando tutto il pollaio; e dimenticava regolarmente di far l’uovo, ragion per cui finì con l’esser messa in pentola e fece brodo.
Un giorno questa disgraziata Arcadia, essendo stata lasciata a guardia della polenta, s’era messa a contar le zampe d’un millepiedi di passaggio per l’aia. Ma non sapendo contare oltre il dieci, doveva sempre ricominciare daccapo e non finiva mai. E, mentr’era immersa in quest’appassionante occupazione, la civetta Serafina (quella che dorme la notte e sta sveglia la mattina ), scendendo dal suo nido sotto le travi del tetto, s’era precipitata sulla polenta e se l’era mangiata tutta: La golosaccia era stata poi molto male e aveva dovuto sorbirsi l’olio di ricino; ma la povera Arcadia quando, rinunciando a contare i piedi del bruco (che non erano mai più di dieci) aveva constatato la scomparsa della polenta, era stata colpita dolorosamente nel proprio senso di responsabilità: perché era una sventatella, è vero, ma non sorda, tuttavia, alla voce del dovere.
S’era messa a correr per l’aia gridando: - Oh, povera me! Oh, povera me! Oh, povera me! Come fosse impazzita. E certo fu questo colpo che le fece perdere quel poco di cervello che aveva e la condusse prematuramente alla pentola.
L’impressione suscitata dal fatto nella famiglia Perbenino fu enorme. E perché la lezione non andasse perduta si stabilì che d’allora in poi stemma della famiglia fosse uno scudo raffigurante una civetta armata di cucchiaio e forchetta a un paiolo pieno di polenta, tagliato da questa scritta: “Civitas magna et opulenta opperuit me” (il che se non sapete il latino, significa: “La civetta si mangia la polenta: oh povera me !”
E si decretò inoltre che, sin dalla più tenera età, si raccontasse alle gallinette la storia di Arcadia e s’insegnassero loro versi educativi, destinati a installare nelle tenere menti l’orrore per la negligenza e l’amore per la saggezza, l’ordine e la precisione.
Eccone alcuni:
Coccodè! Coccodè!
La polenta più non c’è!
È venuta la civetta,
l’ha mangiata in tutta fretta!
Coccodè! Coccodè!
La polenta più non c’è!
Ogni cosa a tempo e luogo:
pappa…nanna…coccodè,
chè, più tardi, a nulla serve
il gridar : “Povera me!”
Un, due, tre: ecco l’alba, coccodè
Un, due, tre: mangia svelta quel che c’è!
Un, due, tre: con giudizio muovi il piè!
Un, due, tre: presto a nanna coccodè!
Questo sistema pedagogico aveva dato ottimi risultati, e le gallinette venivano su sagge e ordinate ch’era una bellezza!
La Piumaliscia che troveremo in questa storia, poi, era addirittura un modello, una perfezione!
Apriva gli occhi (prima il destro, e poi il sinistro) esattamente quando si levava il sole; dava sempre lo stesso numero di beccate nella polenta; razzolava nel luogo stabilito dai regolamenti, a seconda delle stagioni; cantava coccodè nello stesso identico tono, e faceva con precisione un uovo al giorno per tutti i giorni della settimana eccetto la domenica in cui si riposava .
Ogni primavera, poi, l’ottima gallina preparava una bella covata di dodici uova, tutte della stessa forma e grossezza, dalle quali, a tempo debito, uscivano dodici pulcinetti dalla peluria gialla e liscia, uguali l’uno all’altro come tante gocce d’acqua.
Piumaliscia li educava con ogni cura all’ordine e alla precisione, facendone dei galletti e delle gallinette destinati a formare alla loro volta altrettante famigliuole virtuose e felici. Ma un anno - e precisamente l’anno in cui incomincia questa storia - accadde a Piumaliscia un fatto nuovo, insolito, incredibile, destinato a sconvolgere le abitudini della famiglia e le idee di tutto il vicinato…
La storia continua, tra avventure e situazioni raccontate con un linguaggio piacevole, in cui si respira un’aria di grande originalità, dove si ride anche di gusto, pensando all’Italia di allora che si proclamava Impero, ma anche un poco all’Italia di oggi. Un libro per ragazzi dagli otto anni in su, ma da leggere, preferibilmente, assieme ai genitori o ad un educatore, per apprezzarne il linguaggio, il ritmo narrativo e le raffinate illustrazioni.
Buona lettura!
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Aggiungo una breve biografia di questa straordinaria donna:
Ada Gobetti nata Prospero, successivamente coniugata Marchesini, nacque a Torino il 23 luglio del 1902, figlia di un commerciante di frutta svizzero originario della valle di Blenio (nel Canton Ticino), emigrato in Italia nella seconda metà dell'Ottocento, e di una casalinga torinese. Ancora studentessa al Liceo classico Vincenzo Gioberti di Torino, dà il suo contributo alle riviste Energie Nove (1918-1920), La Rivoluzione liberale (1922-1925) e Il Baretti (1924-1928) di Piero Gobetti, che sposerà poi nel 1923 e da cui avrà, nel 1925, il figlio Paolo. In quegli anni, con Piero, fu testimone delle rivolte operaie del Biennio Rosso torinese, alle quali guardavano entrambi con vivo interesse e per cui espressero un'appassionata solidarietà. Nel 1925 si laurea in Filosofia e, in seguito, si dedica all'insegnamento ed a studi letterari e pedagogici. Nel novembre dello stesso anno La Rivoluzione Liberale viene soppressa dal regime mussoliniano per il suo carattere spiccatamente anti-fascista. Nel 1926 Piero Gobetti è costretto ad emigrare a Parigi. Morirà nel febbraio dello stesso anno in un ospedale di Neuilly-sur-Seine, a causa di problemi di salute aggravati da una violenta aggressione squadrista subita all'uscita della sua casa editrice.
Gli anni del fascismo e la guerra partigiana
Nel 1928 Ada vince una cattedra di lingua e letteratura inglese, insegnando per alcuni anni a Bra e Savigliano (ambedue in provincia di Cuneo). Dal 1936 insegna al ginnasio Cesare Balbo di Torino. In quegli anni rafforza la propria amicizia con Benedetto Croce, che la sprona a proseguire i propri studi ed a compiere le prime traduzioni dall'inglese, con le quali introdurrà in Italia gli scritti di Benjamin Spock. Negli anni precedenti l'8 settembre 1943 la casa di Ada Gobetti costituisce un punto di riferimento per l'antifascismo intellettuale e per gli ambienti legati al movimento Giustizia e libertà. Nel 1937 si risposa con Ettore Marchesini, tecnico dell'EIAR. Nel 1942 è tra le fondatrici del Partito d'Azione.
Nel 1943, durante la Resistenza, coordina le brigate partigiane e fa la staffetta in Val Germanasca ed in Val di Susa, dove è attivo il figlio Paolo, tenendo i collegamenti, assieme a Bianca Guidetti Serra, con il Comando militare delle formazioni gielliste, per le quali assume l'incarico di ispettore. In quel periodo collabora a stretto contatto con Duccio Galimberti, Franco Venturi e Giorgio Agosti. Nel 1943, è fondatrice dei Gruppi di difesa della donna con Maria Bronzo Negarville (PCI), Irma Zampini (PLI), Medea Molinari (PSI) e Anna Rosa Gallesio (DC). Si prodiga per la nascita del Movimento femminile Gl. Successivamente viene promossa commissario politico della IV divisione Gl Stellina, avanzando sino a conseguire il grado di maggiore. Terminata la guerra, viene insignita della medaglia d'argento al valore militare.
Dopoguerra
Nel 1945 partecipa a Parigi alla fondazione della Federazione internazionale democratica delle donne. Dopo la Liberazione è la prima donna a venire nominata vicesindaco di Torino, designata dal CLN in rappresentanza del PdA. Ricopre la carica sino alle elezioni del 1946, interessandosi e occupandosi particolarmente di istruzione e assistenza. Tra il 1946 ed il 1947 diviene consultore nazionale per il PdA, componente del comitato di onore dell'UDI e del consiglio nazionale dell'ANPI in qualità di rappresentante dell'UDI, della quale è presidente della sezione torinese.
Anni Cinquanta
Dagli anni cinquanta si sposta su posizioni di sinistra, scrivendo su molte testate comuniste, tra cui L'Unità, Paese Sera e il Pioniere, diretto da Dina Rinaldi e Gianni Rodari. In quegli anni affianca al costante impegno letterario l'interesse per la pedagogia: tra il 1953 e il 1955 dirige, infatti, insieme a Dina Bertoni Jovine la rivista Educazione Democratica e, nel 1955, entra nella redazione di Riforma della scuola.
Nel 1956, dopo la pubblicazione del libro Diario Partigiano, aderisce al PCI, proprio mentre scoppia la rivolta antisovietica d'Ungheria. Nel 1957 fa parte della prima delegazione femminile italiana nella Repubblica Popolare Cinese. Nel 1959, con i proventi derivati dal libro “Non lasciamoli soli”, fonda e dirige la rivista Il Giornale dei Genitori, alla quale collaboreranno tra gli altri Dina Bertoni Jovine e Gianni Rodari.
Con i numerosi documenti e testimonianze della cultura politica italiana raccolti tra il 1920 ed il 1944, fonda nel 1961, assieme al figlio Paolo, la nuora Carla Nosenzo (1929-2018) e Norberto Bobbio, il Centro Studi Piero Gobetti, sito nella sua abitazione torinese di via Fabro 6, già sede della casa editrice di Piero. Muore il 14 marzo del 1968, nella sua casa sita nella frazione torinese di Reaglie, e viene sepolta nel cimitero di Sassi a Torino.
Onorificenze: Medaglia d'Argento al valor militare
Riconoscimenti
A Torino le sono intitolati un Istituto professionale di Stato e una via nella Circoscrizione IX. Portano il suo nome anche scuole per l'infanzia a Sesto Fiorentino e a Ferrara; a None (TO) le è dedicata una scuola secondaria di primo grado.
- Opere -
•Dai quattro ai sedici anni. Guida ai libri per ragazzi, Torino, Edizioni del Giornale dei genitori, 1960
•Cinque bambini e tre mondi. Torino, SAIE, 1953
•Non lasciamoli soli. Consigli ai genitori per l'educazione dei figli, Torino, La cittadella, 1958
•Diario partigiano. Torino, Einaudi, 1956, 1972 e 1996 ISBN 978-88-06-14230-8
•Storia del gallo Sebastiano ovverosia Il tredicesimo uovo, Torino, Einaudi, 1963
•Vivere insieme. Corso di educazione civica, Torino, Loescher, 1967
•Educare per emancipare. Scritti pedagogici 1953-1968, Manduria, Lacaita, 1982
•Piero Gobetti, Ada Gobetti. Nella tua breve esistenza. Lettere 1918-1926, Torino, Einaudi, 1991 ISBN 88-06-12536-2