Ci sono due modi di vivere il tempo; due modi che difficilmente si parlano. Un tempo lento in cui però ogni istante acquista il suo significato e il suo senso e un tempo veloce in cui si è sempre in attesa di quello che avverrà dopo e tutto sfugge ai nostri occhi, in cui ci perdiamo il bello che scorre davanti a noi, siamo disattenti a ciò che ci capita intorno, alle persone, alle relazioni.
Alla lentezza come forme di ribellione è dedicata questa nota, perché:
"Ci vuole il tempo che ci vuole".
"Vivere con lentezza è un serio e giocoso invito a prendersi i propri tempi a discapito della frenesia di oggi, a cui tutti sembrano adeguarsi. Sono piccole azioni per grandi cambiamenti, che ci permettono di vedere un mondo percepibile solo al rallentì”.
(Bruno Contigiani - Ideatore della giornata mondiale della lentezza)
"Per salvarci smettiamo di correre " lo dice anche Luis Sepúlveda, lo scrittore cileno con una bella favola che si intitola; - "Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza'.
"Io difendo il ritmo umano: il tempo preciso, né più né meno, che serve per fare le cose per bene. Per pensare, per riflettere, per non dimenticare chi siamo”. –
Così Luis Sepúlveda riassume il senso del suo racconto, una favola per bimbi, ma soprattutto per grandi che va a far compagnia alla celebre e fortunata "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" (1996) e alla più recente "Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico" (2012) nello scaffale delle incursioni che lo scrittore cileno ha compiuto nella fiaba.
.... Nel Paese del Dente di Leone, una comunità di lumache conduceva la propria vita lentamente, molto lentamente.
Tra loro non si davano nomi: si chiamavano semplicemente “lumaca”, così che quando qualcuna volesse parlare a un’altra e la chiamasse “lumaca” tutte si giravano creando gran confusione. Alla lumaca che voleva raccontare una storia, allora, toccava muoversi con la sua indescrivibile lentezza e raggiungere la sua interlocutrice.
Le lumache erano consapevoli della loro lentezza e così anche della propria vulnerabilità, sapevano che la loro vita era fragile e non sarebbe stato certo il guscio che si portavano dietro a poterle difendere dalle calamità, ma accettavano tutto questo con muta rassegnazione. Tra di loro, però, ce n’era una che, pur accettando la propria debolezza e la propria vulnerabilità voleva conoscere il motivo della loro lentezza. Cominciò a fare domande, a chiedere il perché di quell’andatura lenta e il perché nessuna di loro avesse un nome.
Le sembrava poco giusto che mentre tutte le altre cose fossero immediatamente identificabili da un nome, loro dovessero vivere in quello stato d’indeterminatezza. Ma le lumache più vecchie non le davano ascolto, la consideravano un elemento di disturbo nella loro comunità, le facevano capire, isolandola, che quelli non erano interrogativi con cui avessero piacere a intrattenersi e che per essere felici a loro bastava vivere nel Paese del Dente di Leone, impegnate a mantenere il corpo umido e ingrassare per meglio resistere ai morsi dell’inverno. La piccola lumaca non si rassegnò a questa ostilità e annunciò che avrebbe fatto un viaggio durante il quale, certamente, avrebbe avuto risposte per tutte le sue domande e avrebbe avuto anche un nome che la distinguesse dal gruppo. Durante il suo viaggio, la lumaca incontrò tanti altri animali che vivevano sul prato, ebbe un nome e conobbe i piani degli uomini che mettevano in pericolo il Paese del Dente di Leone.
"Ribelle", questo il suo nuovo nome, tornò alla sua comunità per incitare le altre lumache a lasciare quel posto, ma solo in poche la seguirono poiché tutte le altre, che fossero anziane o avessero semplicemente paura delle idee rivoluzionarie di Ribelle, preferirono rimanere a crogiolarsi, fintanto che fosse possibile, nella loro abitudine. Da qui iniziò un nuovo viaggio alla ricerca di un posto migliore.
Alla ricerca di un nuovo Paese del Dente di Leone...
Il nostro cammino è irto di ostacoli, grossi macigni si frappongono fra noi e le nostre aspirazioni, fra noi e la realizzazione dei nostri desideri. A volte tocca scendere a patti con l’impossibilità di vederli realizzati, ma non prima di aver esaurito tutte le cartucce della nostra volontà, spostato mari e monti per cambiare la prospettiva ai macigni, deviato il corso dei fiumi perché la corrente ci scivolasse a valle.
Quella della piccola Ribelle è una storia di buona volontà, una favola per piccoli e grandi sognatori che non si accontentano di quello che vedono e hanno sempre bisogno di scavallare il colle per scoprire cosa nasconde al nostro sguardo.
In un’epoca di omologazioni in cui è più rassicurante sentire il tepore del gregge piuttosto che il freddo di un solitario viaggio di scoperta, Ribelle ci insegna che l’abitudine è il peggiore dei mali, il più grande assassino della curiosità e che la vera via per sentirsi liberi è nella libertà dei nostri pensieri, nella rottura degli schemi preconcetti, nella capacità di destrutturare le idee preconfezionate e di non accettarle se non ci soddisfano, di criticarle se non hanno fondamento, di stracciarle se ci imprigionano.
Ribelle, col suo guscio, rinuncia alla vita tranquilla da lumaca senza nome per dare risposta alle sue domande e provare cosa sia amare l’umanità, una comunità più grande in cui razze e specie fanno tutte parte dello stesso creato. Una denuncia contro l’isolamento e l’indifferenza che rendono deboli, ciechi e ostili; un inno al rispetto per il prossimo e il suo cosmo.
Così, con una storia lieve, Luis Sepúlveda ci disegna intorno un mondo piccolo e lento, fatto di dettagli cui prestare attenzione; in alternativa alla nostra esistenza frenetica che si perde le sfumature del cielo, gli sguardi, i sorrisi, la sofferenza dove c’è, la gioia dove si annida nel vorticoso scivolare da un giorno all’altro.
Una favola ambientalista che con tenerezza infantile e con convinzione che un altro mondo è possibile, se i principi umani di solidarietà, rispetto e fratellanza restano vivi tra gli esseri umani. La forza dei sogni e la caparbietà della volontà ci restituiscono una morale altissima, alla quale tornare sempre:
“No’ sussurrò Ribelle,’ti sbagli. In questo viaggio che è iniziato quando ho voluto avere un nome, ho imparato tante cose. Ho imparato l’importanza della lentezza e, adesso, ho imparato che il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi’, concluse in un sussurro e lentamente, molto lentamente, se ne andò a mangiare insieme alle sue compagne”
LUIS SEPÚLVEDA breve biografia
Scrittore cileno. Militante di Unità popolare, fu costretto a lasciare il paese in seguito al colpo di stato che mise fine al governo di Allende.
Il suo impegno di militante ecologista lo ha spinto a partecipare a diverse missioni dell’organizzazione ambientalista «Greenpeace». Ha esordito nella narrativa con la raccolta di racconti “Cronache di Pietro Nessuno” (1969), cui sono seguiti
“Le paure, le vite, le morti e altre allucinazioni” (1986) e Taccuino di viaggi (1987). Si è imposto definitivamente con il romanzo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore (1989), cui hanno fatto seguito Il mondo alla fine del mondo (1989), “Un nome da torero” (1994), “Storia di spionaggio ambientata fra la Patagonia e la Germania, La frontiera scomparsa “(1994), l’originale libro di viaggi “Patagonia Express” (1995) e la favola-parabola “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” (1996).
Il piacere di narrare e l’impegno politico e ambientalista s’intrecciano nelle opere successive: “Incontro d’amore in un paese in guerra” (1997), “Diario di un killer sentimentale” (1998), “Cronache dal cono sud” (2006), che dall’opposizione di principio a qualunque guerra estrae una riflessione amara e lucida sui primi anni del millennio e il libro di racconti “La lampada di Aladino” (2008).
Tra gli ultimi romanzi ricordiamo: “Ritratto di gruppo con assenza” (2010), “Ultime notizie dal sud" (2011), “Tutti i racconti (2012), Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico (2012), “Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza” (2013) e “L'avventurosa storia dell'uzbeko muto” (2015), “Storia di un cane e del bambino a cui insegnò la fedeltà” (2015), “La fine della storia “ (2016), “Storie ribelli” (2017). L'editore italiano di riferimento di Luis Sepúlveda è Guanda.