Io e il computer di Diana Catellani

Io e il computer di Diana Catellani

il blog di Diana Catellani

diana catellaniQuando si entra in una struttura sanitaria si è necessariamente in uno stato di debolezza, di grande fragilità e si pretenderebbe di essere trattati con comprensione e rispetto, ma non è sempre così.
Potrei raccontare molte storie in proposito, ma mi limiterò a un paio di episodi.


Mio marito ha avuto un infarto a 47 anni e da allora ha dovuto spesso essere ricoverato per accertamenti, coronarografie con angioplastica, inserimento di pace-maker…. Sono così passati molti anni e a un certo punto arrivò anche il cancro a complicare ulteriormente la nostra vita, perciò ci fu l’operazione, la radioterapia , altre cure infinite, ……

diana catellaniNel periodo invernale abbondano le occasioni per vedere dei buoni film, non solo quelli in uscita, ma anche quelli, spesso molto interessanti, proposti dai vari cineforum.
E’ grazie a queste iniziative che ho avuto modo di vedere due film molto diversi tra loro, ma con un tema in comune di particolare attualità.


Il primo di questi film, di cui voglio parlare, è intitolato “London River” ed è di un regista algerino, R. Bouchareb. E’ ambientato in una Londra sconvolta da un attentato terroristico, nella quale due ragazzi, una inglese e uno africano, sono scomparsi e non danno più notizia di sé.

diana catellaniVicino alla casa in cui abitavo da piccola, c’ era un grosso casolare; lì abitava una famiglia composta da tre fratelli, di cui uno solo era sposato con figli, gli altri due erano scapoli o “put”, come si dice da noi.
Primo era leggermente claudicante e camminava aiutandosi con un bastone: forse da piccolo era stato colpito, come tanti bambini a quei tempi, dalla poliomielite. Aveva, nonostante ciò, un portamento elegante e modi signorili: sorriso sempre pronto e una parola gentile per tutti noi bambini. Parlava lentamente e non l’ ho mai visto arrabbiato, per questo io lo consideravo un uomo molto saggio. Nei momenti liberi si sedeva davanti alla porta di casa col cappello a coprirgli i radi capelli grigi e le mani appoggiate al bastone e salutava tutti quelli che passavano davanti alla casa.

diana catellaniCome affrontare la malattia che si sa irreversibile quando si è avanti con gli anni?
Questa è la domanda su cui il libro di Philip Roth “Il patrimonio” (ed. Einaudi super ET)mi ha indotto a riflettere.
Philip Roth è un affermato scrittore americano di origine ebraica. In questo libro racconta una storia vera, autobiografica.

Philip viene a sapere che il padre, Herman Roth, ottantaseienne pieno di voglia di vivere e dal carattere forte, ha un tumore al cervello in uno stadio molto avanzato. E’ vero, qualche tempo prima aveva avuto un periodo in cui lamentava disturbi strani, ma poi erano passati e nessuno ci aveva più pensato (credo che in Italia non sarebbe accaduto!).

diana catellaniQuest’anno si sono celebrati i cento anni dall’ entrata dell’ Italia nella Grande Guerra.
Molte sono state le occasioni per ricordare quel triste avvenimento con il terribile strascico di morti e di dolore che ha portato con sé.
Come spesso è accaduto nella storia, una ristretta minoranza ha fatto delle scelte, le cui conseguenze poi sono ricadute su una maggioranza inconsapevole e incolpevole.

diana catellaniDa allora sono passati molti anni e sono andata parecchie altre volte a Londra a fare la nonna.L’aereo non mi emoziona più, ma se c’è bel tempo mi commuove sempre la vista delle Alpi innevate o delle navi che solcano il Canale della Manica;

mi organizzo al meglio per affrontare le lunghe attese negli aeroporti e non mi viene più la nausea a vedere il traffico che gira alla rovescia, ma mi fa sempre un certo effetto acquistare le patate o le zucchine in confezioni da due.

Fatico ancora a capire quali prodotti usare per le pulizie, mi trovo ancora in difficoltà con la tesserina con cui si accede ai mezzi di trasporto, perché spesso sbaglio a fare il “top-up”, cioè a toccare la macchinetta che registra l ingresso e l’uscita e detrae il costo delle corse effettuate.

diana catellaniMia figlia era partita qualche anno prima per un master di sei mesi e non era più tornata a casa se non per qualche breve periodo di vacanza. Una sera ricevo una telefonata: la sento angosciata …..quanto è brutto sentire il dolore uscire da una cornetta di telefono e non poterlo consolare se non con qualche misera parola.
Decido su due piedi: voglio partire il giorno dopo e fare quel viaggio che ho sempre rimandato per vari motivi. Mio figlio mi acquista il biglietto on line e il mattino dopo sono all’ aeroporto.

Avevamo finito di pranzare.
Io avevo aiutato a sparecchiare, ad asciugare le posate e a pulire i fornelli . Mia madre continuava a riordinare la cucina, mio padre era sulla poltrona pronto per schiacciare un pisolino; gli altri erano già usciti per andare al lavoro.