Da tre anni svolgo attività di volontariato nella scuola di italiano per stranieri gestita dalla Caritas cittadina .
Ho cominciato a inserirmi in questo mondo su invito di un'insegnante in pensione che già operava in questa realtà ed ecco cosa scrivevo di tanto in tanto al mio ritorno.
Ottobre 2012
Oggi ho scoperto un mondo nuovo per me e forse sconosciuto ai più. Tanti giovani, tante donne (anche coi bambini nei passeggini) di nazionalità diverse sono arrivati alla scuola di italiano, si sono iscritti ai corsi e si sono seduti sui banchi ansiosi di imparare quella lingua che permetterà loro di trovare un lavoro, di seguire i figli nei compiti, di muoversi con più tranquillità nell' ambiente in cui vivono. Anch' io ero un po' spaesata come loro....
C'erano un ragazzo e una ragazza pakistani, due fratelli indiani con la loro mamma e due ragazze del Togo. E' stato molto bello vedere con quanto impegno tutti seguivano la lezione ed è stato addirittura commovente, direi, vedere la mamma indiana un po' smarrita affidarsi ai suggerimenti dei due figli.
Il gruppo che gestisce questa benemerita attività è composto per la maggior parte da donne che dedicano una parte del loro tempo per contribuire all'integrazione dei "nuovi italiani" e mi vien da dire "W LE DONNE!!!
Aprile 2013
Stamattina il gruppetto degli studenti era abbastanza numeroso, anche se composto per la maggior parte da persone che non avevano mai frequentato prima le lezioni al mattino.
Vengono da Liberia, Moldavia, Algeria, Brasile, Romania. Sono tutti giovani e con tanta voglia di imparare. Una ragazza è qui da appena sette mesi, ma parla e legge benissimo l'italiano, solo per averlo studiato assieme al figlio che frequenta le scuole. Una coppia di moldavi, entrambi laureati, si adatta qui a lavori non certo adeguati al proprio livello di preparazione, ma il loro titolo di studio non viene riconosciuto in Italia.
Una giovane mamma è arrivata con carrozzina e figlioletta al seguito e ogni tanto la attaccava al seno per allattarla. A un certo punto l'ho presa io in braccio per consentire alla madre di eseguire un esercizio. Dopo un po' la bimba si è giustamente ribellata, ma poi veniva (già cammina, la piccoletta!) a stuzzicarmi e a sorridermi per farmi capire che potevamo anche continuare sulla strada dell' amicizia. Mi piace insegnare a questi ragazzi: si viene contagiati dalla speranza nel futuro che li ha spinti a venire qui.
Ottobre 2013
Il gruppo del mercoledì mattina in cui mi trovo ad insegnare è composto da persone che già conoscono gli elementi base della lingua e hanno tuttavia bisogno di approfondire e perfezionare le loro conoscenze. Stamattina era rappresentata l'Africa (un egiziano, un senegalese e una ivoriana) l' Asia (due pakistani) e l' America del sud (due suore brasiliane). Solo tre di loro sono "vecchie " conoscenze, per gli altri si tratta di persone nuove del gruppo.
Dopo i primi approcci per imparare i loro nomi e la loro provenienza, abbiamo guardato sulla cartina dell'Italia dove ci troviamo noi, poi abbiamo individuato l' isola di Lampedusa e abbiamo rivolto un pensiero ai tanti che sono morti laggiù la settimana scorsa. E' stato un breve ricordo per le famiglie intere scomparse tra le onde e per quelle che forse non sapranno mai quale sorte sia toccata a quel figlio, a quella figlia, a quel marito che si ostinano a non dare notizie di sé. E' stato solo qualche minuto, ma in quel breve lasso di tempo ho visto su quei visi variamente colorati lo stesso mio sgomento, lo stesso dolore.
Ottobre 2014
Dopo le presentazioni iniziali, ho differenziato le attività: ai più preparati ho consegnato una scheda di lettura per un esercizio di comprensione; per gli altri che non sanno quasi nulla di italiano, ma hanno alle spalle un corso di studi, abbiamo cominciato a parlare di come ci si saluta e di cosa dire in un negozio.
Non era facile per me farmi capire ma aiutandomi coi disegni, con un foglio di carta ( a proposito non c' era nemmeno una lavagna nell' aula) e coi gesti siamo riusciti nella non facile impresa.
Mi ha colpito uno dei due studenti bengalesi (spero si chiamino così gli abitanti del Bangladesh) che mi ha lasciato a bocca aperta: sa parlare , sa leggere e scrivere così bene che non potevo credere che si trovasse in Italia da appena quattro mesi !!!
Mentre la mia collega - volontaria guidava la lettura di una scheda, stimolando ad ogni occasione la discussione tra gli studenti, lui - cinese sui 40 anni , pochi capelli e sorriso sempre pronto - stava chino sul suo telefonino, cercando su un sito internet i risultati dell' esame di lingua sostenuto in estate. Ma la navigazione risultava difficile e alla fine ci ha rinunciato. Così ha preso parte alla discussione e ha raccontato che fa il cuoco e che è in Italia da sedici anni. Il suo linguaggio è ancora impacciato e gli altri studenti, stupiti, gli hanno chiesto come mai dopo tanti anni ancora non abbia imparato a parlare la nostra lingua in modo più scorrevole. Lui si è messo a ridere e ha detto:
"Io prima molto lavoro, molto stanco, non avere tempo per scuola...Ora lavoro poco e posso studiare....".
Lui non è sceso in altri particolari, ma io ho immaginato che abbia lavorato in uno di quei laboratori-lager in cui i cinesi, che devono ripagare le spese del viaggio di espatrio, lavorano e dormono sul posto di lavoro, accanto alle macchine, con solo qualche breve pausa per mangiare e per dormire.
Chissà per quanti anni ha dovuto fare questo lavoro "pesante"- dice lui, ma io direi da schiavo... Chissà quali tribolazioni ha dovuto sostenere....
Mi sarebbe piaciuto molto farlo parlare di più, ma lui doveva andarsene un po' prima degli altri perché la sua giornata di lavoro (leggero, dice lui) come cuoco stava per cominciare e se n'è andato ringraziando e con il solito sorriso, che la sua vita non certo facile non è riuscita a togliergli...
Dicembre 2014
E' piccola, graziosa, col viso sempre sorridente e i capelli biondi (tinti, come lei precisa) raccolti in un piccolo chignon; viene da una città a 300 Km. a nord di Mosca, dove già a ottobre cade tanta neve.
Aveva un marito e un bambino....ma poi il marito, giovanissimo, è morto in un incidente stradale per evitare di investire un cervo sbucato improvvisamente da un bosco. Per lei è cominciato un periodo molto duro: lavorava all'acquedotto cittadino e doveva occuparsi da sola del figlio. Ora però suo figlio è grande e lavora in Russia. Lei ha sposato un italiano che ha tre bambini, che lei cura con affetto e dice: "Io ora sono felice, molto felice....".
Quando non ci si conosce, ci si guarda con sospetto o con invidia, attribuendo all'altro pensieri e intenzioni che sono solo il riflesso del nostro disagio, delle nostre paure. Ma se si può imparare a conoscersi, ecco che si capisce che quella che sembrava ostilità è solo difficoltà a decifrare una realtà nuova...
Il ponte principe per incontrare chi viene dall'altra parte del mare o dalla parte opposta del mondo è la possibilità di parlare, di capire e di farsi capire ..... costruire il ponte della comunicazione, che potrà permettere a chi è venuto da lontano di trovare più facilmente occasioni di inserimento è un modo per contribuire alla costruzione di un pezzetto di pace.