Social o non social? Questo era il problema che mi ponevo qualche anno fa. Avevo sentito tanto parlare degli scempi che a volte si commettono sui social network che ne avevo un po' paura.
Poi mia figlia, che lavora e abita a Londra, metteva alcune delle sue foto su facebook e per poterle visionare mi son decisa.
Ho scritto “ facebook” sulla pagina per la ricerca su Google con un po' di titubanza e ho inserito i miei dati negli appositi spazi.
Subito ho provato un po' di smarrimento: mi arrivavano richieste di amicizia e non sapevo come regolarmi, perché non conoscevo tutti quelli che cercavano di contattarmi, però mi rassicurò la presenza in rete di alcune persone che avevo conosciuto tramite il blog o nei vari forum e cominciai a capire che tutto era molto piu' facile del previsto. Bastava cliccare su una delle opzioni presenti sotto ogni post e potevi semplicemente esprimere un' approvazione o potevi commentare in modo più discorsivo e anche condividere quei contenuti con i tuoi “amici”.
Ricordo discussioni accesissime ad esempio sul “burqa” e sul “niqab” (il mantello che copre anche gli occhi , il primo – l'abbigliamento che lascia fuori solo gli occhi, il secondo) delle donne musulmane. Molti sostenevano che bisogna accettare anche qui da noi questi abbigliamenti perchè altrimenti le donne sarebbero state costrette a restare chiuse in casa. Io invece sostenevo che solo l' hijab” (il velo che copre il capo e lascia scoperto il viso) consente a chi lo indossa di poter avere contatti sereni con l' altra gente: quando io incontro una donna col niqab (col burqa non ne ho mai viste) mi sento molto a disagio, vengo presa da inquietudine mista a diffidenza perchè , forse a torto, leggo in quell' abbigliamento un desiderio un po' violento di affermare un' identità contro quella di tutti gli altri. Pertanto quell' abbigliamento mi pare favorire soltanto l' emarginazione e la ghettizzazione delle donne che lo indossano. Si è discusso a lungo sull' argomento e , onestamente , non so quale sia la posizione più giusta al riguardo.
Un'amica virtuale sarda, che non ha frequentato molte scuole, ma ha un talento straordinario per raccontare il mondo pastorale in cui ha vissuto la sua infanzia in un borgo isolato della Sardegna, mi invitò a iscrivermi a un gruppo in cui ogni membro raccontava episodi della sua infanzia. Ogni racconto doveva cominciare così “quando ero piccolo....” . Io, che già nel blog mi ero dedicata alla rievocazione di episodi della mia infanzia (per lasciargli ai miei figli e ai miei nipoti), non me lo feci ripetere due volte e inviai parecchi racconti. Il gruppo crebbe in fretta e alla fine furono pubblicati ben due libri di ricordi. Col ricavato della vendita abbiamo potuto sostenere, tramite l' Associazione “Annulliamo la distanza”, un' iniziativa dei medici del Rizzoli di Bologna che vanno in Eritrea ad effettuare interventi ortopedici sui bambini che non possono camminare per varie malformazioni.
Conosco persone che avevano detto che mai sarebbero approdate su facebook: troppo pieno di insidie e di gente dubbia! ma il fatto è che non esistono mezzi di comunicazione buoni o cattivi in sé, ma esistono modi buoni o cattivi di usare quei mezzi.
Ah! quelle persone poi sono regolarmente approdate a facebook con grande soddisfazione.
Certo si incontrano vari tipi di persone nei social network. Naturalmente quelle collegate con me sono quasi tutte di una certa età, anche se c'è qualche giovanissimo conosciuto nei forum politici.
C'è chi utilizza questi eccezionali mezzi di comunicazione a fini di propaganda politica (e qui naturalmente la parola “propaganda” ha solo un significato positivo) per evidenziare le tante lacune del nostro paese e per sensibilizzare l' opinione pubblica alla ricerca di soluzioni; altri ne fanno invece solo un mezzo di svago e condividono barzellette e vignette satiriche; altri si inseriscono in gruppi che intendono promuovere i diritti delle donne o degli emarginati di qualunque genere;altri prediligono i temi ambientalisti; altri si accontentano di poter salutare gli amici e di condividere con loro le proprie foto; altri prediligono i temi culturali, come la poesia, la pittura, il cinema ...
So che c'è anche chi usa i social network per diffondere pornografia , razzismo e odio, ma queste sono distorsioni di cui non mi occupo qui e che cerco di contrastare quando capita l' occasione, segnalando prontamente gli abusi che riscontro.
Le donne mie amiche virtuali sono persone con cui è facile intendersi sui temi della famiglia, dei figli, dei nipoti , della salute...qualche contrasto si crea quando si parla di politica o di religione, ma il rispetto reciproco non viene mai a mancare.
Gli uomini invece sono più violenti quando si parla di politica e arrivano spesso a usare un linguaggio “poco urbano” (eufemismo).
Ci sono poi quelli molto ideologizzati o comunque molto impegnati dal punto di vista culturale o sociale, che hanno sempre presente il loro obiettivo e sono sempre molto corretti.
Ci sono anche i “lumaconi” ,quelli che non perdono occasione per farti la corte solo perchè sei donna e se dici che ormai la tua età ti mette al riparo da certe tentazioni alcuni insistono fastidiosamente e allora meglio cancellarli dalla lista degli amici , altri invece capiscono e continuano a trattarti con rispettosa dolcezza.
A proposito del comportamento diverso tra uomini e donne sui social ho trovato qui http://www.donneuropa.it/lifestyle/2013/11/19/i-social-network-servono-soprattutto-controllare-il-proprio-uomo/ una divertente statistica che ritrae gli uomini come assatanati ricercatori di pornografia e le donne come implacabili investigatrici sulle frequentazioni virtuali dei loro compagni. Non so quanto sia attendibile, ma forse un po' di verità c' è.
Si dice che i social sottraggano tempo alla vita di relazione: si parla meno in casa e non si cercano occasioni di incontro con le persone. Può essere vero se non ci si sa controllare e si perde il gusto per la realtà, ma può anche essere vero il contrario; io ad esempio ho recuperato rapporti con parenti che non vedevo da molti anni.
Ho letto un articolo che è illuminante sulle possibilità di questo mezzo di comunicazione.
Sapendone sfruttare le potenzialità esso apre una possibilità infinita di occasioni per unire la gente e per inventarsi un nuovo modo di stare insieme. Succede a Bologna dove un tale che si era trasferito da qualche anno in via Fondazza , non conosceva ancora nessuno nei dintorni. Ha creato su Facebook un gruppo dedicato agli abitanti della sua via, lo ha fatto conoscere ai vicini tramite dei volantini e da lì ha preso il via una rete di amicizie, che ha creato nuove solidarietà , stimolando scambi di favori anche rilevanti dal punto di vista economico. C' è chi mette a disposizione ciò che non usa più, ma potrebbe servire a qualcun altro, chi ha la lavatrice rotta e chiede di poter utilizzare temporaneamente quella di un “amico”, chi prima di partire per un viaggio offre la verdura e gli alimenti del suo frigorifero evitando così che finiscano ingloriosamente in pattumiera.
L' idea ( l' articolo di cui parlavo lo si può leggere qui: http://www.chefuturo.it/2013/11/cosi-un-quartiere-di-bologna-riscopre-su-facebook-il-valore-del-buon-vicinato/ )è semplice e facilmente replicabile ovunque . In ogni via si potrebbe ricreare il clima di comunità civile che rischia di perdersi anche nei piccoli paesi.
In questi giorni in cui la Sardegna sta vivendo una tragedia terribile, facebook viene utilizzato dagli amici sardi per coordinare gli interventi a favore delle famiglie colpite e anche la raccolta dei beni da distribuire....
Suggerisco ai nonni di non mettere tante foto dei nipotini; io ne ho messe due o tre, ma mi sono accorta che poi vengono diffuse anche tra persone che non conosco e quindi ora evito accuratamente di rifare questo errore, perchè, una volta condivise su facebook , le foto non si cancellano più. E' opportuno quindi sempre predisporre idonee misure per la protezione della privacy e se ci capita di lasciare che i nipotini usino il nostro computer è meglio far installare qualche filtro che impedisca l' accesso a siti pericolosi: è meglio prevenire l' eventualità di incorrere in brutte esperienze.