Se qualche anno fa avessi sentito parlare di resilienza, forse non avrei capito di che cosa si stesse dissertando; ora invece è diventato un termine molto usato, direi quasi di moda.
Se un tempo si parlava di resilienza solo come termine tecnico per indicare la capacità di materiali vari a resistere alle sollecitazioni, ora è un termine usatissimo in psicologia.
Con la pandemia in atto, ci si stanno presentando, infatti, situazioni inedite e totalmente impreviste, che richiedono capacità di adattamento, di risoluzione dei problemi nuovi, di creatività senza le quali si rischia di essere sopraffatti dall’angoscia e dal senso della propria fragilità e inadeguatezza. In una sola parola ci viene richiesto di essere resilienti.
Chi è solo come me ha ancora più probabilità di precipitare nell’abulia e nella depressione. Io, costretta dalle circostanze, ho dovuto fortunatamente accostarmi per tempo alle nuove tecnologie e allora posso accedere ad eventi, dibattiti, conferenze e a tutto quel mondo un po’ caotico di internet, che offre comunque tante sollecitazioni e tante risorse.
Noi anziani, è risaputo, facciamo più fatica a cambiare le nostre abitudini e a imparare nuovi comportamenti. Lo si vede benissimo durante le videochiamate, che vanno sotto il nome di webinar.
Ho avuto modo di partecipare a uno di questi eventi in cui erano collegati molti bambini: erano del tutto a loro agio e sapevano gestire alla perfezione i loro interventi utilizzando correttamente tutti gli strumenti offerti dalla piattaforma in uso.
In un’altra occasione, invece, ero in collegamento con donne non più giovanissime di ogni parte d’Italia ed è stato molto divertente: mentre la relatrice sciorinava tutto il suo sapere e si sforzava di esporre con chiarezza e competenza concetti molto profondi e impegnativi, sentivi ogni tanto strani rumori stridenti e fastidiosissimi per i troppi microfoni aperti. E non valeva a nulla invitare ripetutamente le partecipanti a chiuderli (non sapevano come fare, evidentemente). Ma più divertente è stato quando, all’ora di cena, si è sentito prima squillare un campanello di qualcuno che, forse a Roma o forse altrove, suonava alla porta per rientrare a casa e poco dopo, forse sempre dallo stesso computer, venivano lanciati nell’etere tranquillizzanti rumori domestici: qualcuna delle partecipanti stava lavando delle stoviglie e cucinando qualcosa per cena. Questo ha scatenato l’ilarità di molte partecipanti e due di loro si sono messe a conversare, scambiandosi saluti camerateschi mentre la relatrice cercava faticosamente di ignorarle.
Certo ci vuole tempo per trovare soluzioni nuove, ma da questo dipende la nostra capacità di superare questa crisi che ci mette a dura prova. Bisogna essere resilienti come le canne al vento. Questa frase che ho sentito mi ha richiamato il romanzo di Grazia Deledda, ma mentre per lei gli uomini sono come canne battute inesorabilmente dal vento di un destino incontrollabile, noi ora dobbiamo essere come le canne, che sanno piegarsi sotto la sferza del vento, ma poi rialzano il capo appena ritorna la calma.
Spero di saper essere come queste canne, ma non sarà facile.
Internet e resilienza: come canne al vento….
- Autore/rice Diana Catellani
- Categoria: Io e il computer di Diana Catellani