Ho la fortuna di avere un’amica carissima, che ama molto la lettura e che mi tiene aggiornata sulle novità editoriali.
È grazie a lei che ho letto il romanzo di Daria Bignardi “Storia della mia ansia”, in cui l’autrice racconta la storia di Lea, una scrittrice-attrice, che si trova improvvisamente alle prese con il cancro, una malattia che può capitare a tutti, anche a quelli che, come Lea, hanno sempre condotto una vita sana e si sono sempre alimentati con cibi notoriamente anti-cancro....
Lea è una donna molto impegnata: ha tre figli, un marito, un lavoro stressante e tutto questo l’ha sempre fatta vivere sul filo del rasoio, sempre in ansia, un’ansia senza tregua, ereditata dalla madre. Ebbene, ora che sa della sua malattia, Lea si sente quasi sollevata: dovrà per forza fermarsi per sottoporsi a un intervento chirurgico e alle successive terapie, tutto il resto perde di importanza.
Nel romanzo, che è un po’ la storia della Bignardi stessa, vengono raccontate le tappe della sofferenza che ogni malato oncologico ben conosce, ma vengono raccontati anche gli incontri e gli ambienti in cui queste tappe vengono vissute con gli immancabili momenti di scoraggiamento, ma anche con coraggio e voglia di vivere.
Leggendo questo libro non ho potuto fare a meno di riandare con il pensiero ad altre donne che hanno vissuto e affrontato con altrettanto coraggio l’esperienza della malattia; tra queste, credo che tanti, come me, ricorderanno quando Emma Bonino, con un po’ di commozione nella voce, ha annunciato di dover rallentare la sua attività politica per sottoporsi alle cure previste per il tumore ai polmoni che le era stato diagnosticato. Ho ammirato Emma Bonino in quell’occasione per la prova di coraggio e di forza morale che certamente sarà stata di esempio a tanti che si trovavano in una situazione simile.
Devo però dire che ci sono, e ci sono state, attorno a me molte donne come Emma e come Lea .... Ho visto mie amiche lottare a lungo contro la malattia, senza arrendersi al dolore e allo sconforto, cercando di continuare a vivere come prima per essere di aiuto a figli e nipoti finché le forze glielo hanno consentito, né ho mai sentito uscire dalle loro bocche frasi lamentose o imprecazioni contro la loro cattiva sorte.
Anzi era tale la loro preoccupazione di pesare il meno possibile sui familiari, che di fronte a loro fingevano di non aver capito la gravità della situazione e ostentavano un ottimismo che certamente sapevano infondato.
Anche in questi giorni vedo accanto a me donne che sanno reagire con ammirevole forza d’animo a dure prove che la vita sta mettendo sul loro cammino, ma nessuno scriverà un romanzo per loro: sono solo donne normali, ma per me sono donne normalmente eccezionali.