E’ arrivata in casa di riposo la scorsa estate, esattamente il 20 di luglio, dopo oltre 4 mesi di ricovero nell’RSA ospedaliera per una brutta caduta in casa in seguito alla quale aveva riportato la frattura del femore sinistro e del polso dello stesso lato, cosa che aveva ostacolato non poco il recupero della deambulazione. Angela, 88 anni, nata e vissuta in piccole frazioni della montagna ligure, donna caparbia, dall’ espressione spesso ingrugnata, di quelle che non guardano in faccia nessuno e non hanno peli sulla lingua.
Anche con me, pur riconoscendomi come medico, si era dimostrata piuttosto seccata dopo le domande che le avevo rivolto, nei primi giorni d’ingresso in residenza. “A me i curiosi non piacciano, per cui non le dico più niente”. Con queste parole mi aveva congedato ed io, scusandomi, avevo lasciato in bianco la cartella narrativa accontentandomi di annotare solo le informazioni sanitarie desunte dalla documentazione clinica in mio possesso.
Col passare dei giorni la diffidenza di Angela nei miei confronti si è affievolita e ora, tutte le volte che mi vede, mi elargisce sorrisi, lanciandomi uno sguardo di seduzione e si complimenta per i miei atteggiamenti o per il mio abbigliamento: “Dottoressa, buongiorno, sembra una ragazzina! E “elegantissima con quel vestito”.
Così ho deciso che era giunta l’ora di mettere nero su bianco su quelle pagine rimaste incomplete e, ieri mattina, dopo essermi accertata che avesse finito la colazione, le ho chiesto, con una certa titubanza che lasciava trasparire la paura di un netto rifiuto, se avesse voglia di fare due chiacchiere per conoscerci meglio. Annuì, con una prontezza che mi lasciò di stucco. Ne ero piacevolmente sorpresa.
Le ho proposto un questionario “facilitato”, al quale ho dato il nome di Test dell’Intelligenza Emotiva nelle Demenze (TIED), che ho approntato prendendo spunto dal lavoro di Ester Macrì e Filomena Maggino del Dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze dal titolo ”La ricerca sociale. La qualità della vita”, diretto ai residenti del Centro Sociale di Lastra a Signa e presentato nel maggio del 2013. Il test fornisce informazioni relative all’abilità di percepire, ricordare e raccontare le emozioni piacevoli e spiacevoli associate o meno ad alcuni particolari ambiti di vita, come famiglia, lavoro, amicizia e al tempo stesso permette di avere indicazioni sul senso del benessere che, come è facilmente intuibile, è correlato non solo alla dimensione cognitiva, capace di valutare la propria esistenza anche in un’ottica retrospettiva, ma anche alla dimensione affettiva, ancorata solamente al presente.
Angela ha risposto con fierezza ad ogni domanda, lasciandosi spesso scappare frasi in dialetto stretto che si affrettava a ripetere in italiano per essere certa che l’avessi compresa. L’espressione del suo viso era soddisfatta, la conversazione distesa e piacevole per entrambe e, di tanto in tanto, intercalava un “E’ vero o no?” per conoscere che cosa pensavo io su qualche specifico argomento.
Riporto alcune risposte che mi hanno permesso di esplorare, come un’avventuriera, quel territorio ignoto che rappresenta il mondo dell’altro, dove termini e concetti che potrebbero sembrare condivisi possono avere significati profondamente diversi.
1° domanda: Cosa è più importante per te, la salute o l’amicizia?
Risposta: “La salute è la più importante. Con la salute si affrontano tante cose, tutto. Anche l’amicizia però conta. Io non ho mai avuto nemici nel paese in cui sono nata e, quando l’ho lasciato, e sono andata a Cichero, anche lì non ho avuto nemici. Sono sempre amica di tutti”.
2° domanda: Cosa è più importante per te, la libertà o il denaro?
Risposta: “La libertà, perché di soldi non ne ho mai avuto, tranne quelli per fare le cose necessarie, ma poi non sono mai stata gelosa di quelli che hanno tanti soldi. Alla mia libertà ci tengo, anche se ora non posso muovermi più di tanto per via delle mie gambe, dopo che sono caduta. Io facevo tutto in casa, sono vissuta 60 anni con mio marito prima che morisse ed ho pure accettato mio genero. Io gli voglio bene e credo, spero, che anche lui ne voglia a me. Mi auguro di tornare a casa mia, quando potrò”.
3° domanda: Cosa è più importante per te, la fede o la famiglia?
Risposta: “Sono due cose importanti. La famiglia tantissimo, ma anche la fede. La fede non me la toglierà mai nessuno. Ho fatto tante cose per la Chiesa nel paese dove sono nata, ho persino fatto con le mie mani l’orletto a giorno ad una tovaglia alla quale avevo cucito un pizzo, molto luminoso, aiutata da una signora per fare gli angoli, precisi - precisi. L’avevano messa in Chiesa per la festa di San Rocco, ad Acero. Credo che quella tovaglia la tenga ancora in casa una persona, ma non ne sono sicura”.
4° domanda: Sei soddisfatta della tua vita?
Risposta: “Che lo dica o che non lo dica, non cambia niente. La mia è stata una vita di tanto lavoro, ho voluto bene alla famiglia e a quella che ho acquistato. Ho tenuto 11 anni mio suocero, perché mia suocera è mancata prima, e, pensa, che non voleva andare con nessuno dei suoi 5 figli. Se devo proprio rispondere se sono soddisfatta o no, dico abbastanza”.
5° domanda: Hai fiducia nelle persone, in generale?
Risposta: “Credo di averne troppa, di fiducia, perché conoscere gli altri non è facile. A volte ci sembra di conoscerli, ma in realtà non si conoscono affatto. Comunque io non sono mai stata fregata, o meglio non mi sono mai lasciata fregare”.
Il test segue con una serie di domande che esplorano la percezione delle cose che mancano e potrebbero rendere la vita migliore ed ecco le dettagliate risposte di Angela:
• Vorresti avere più soldi? “I soldi non m’interessano. I soldi servono per fare spese, ma poi … cambia ben poco. Tengo alla salute, quella sì. Tribullo (in dialetto ligure) per la gamba dopo che me la sono rotta”.
• Vorresti una salute migliore? “Certamente, come ti ho già detto, vorrei soprattutto la mia gamba migliore, anche se mi rendo conto che, piano piano, sto facendo piccoli progressi. Ho qualche dubbio però che mi guarisca perché sono troppo vecchia e poi … dipende dal punto in cui si è rotta e come …”.
• Vorresti uscire di più, vedere più gente? “No, non me ne faccio più niente di uscire e vedere gente, ma, quello sì, vorrei essere a casa con la mia famiglia”.
E’ la volta delle domande che valutano la percezione delle cose che sono presenti e la rendono migliore:
• Ti senti ben accudita? “Si, abbastanza, mi rendo conto che non possono aggiustare la gamba come vorrei io”.
• Che ne pensi delle medicine? “Non lo so, tanti anni fa mi avevano giudicato una crisi epilettica, ma il mio dottore diceva che non lo era, secondo lui era solo uno svenimento legato alla troppa stanchezza, ma mi hanno dato il Gardenale, lo prendo da 30 anni e morire non mi ha fatto. Ho anche un po’ di glaucoma, in un occhio di più, nell’altro di meno così mi hanno fatto gli occhiali con due lenti diverse. Ci vedo così così, ma, per i miei anni, direi abbastanza bene”.
• Ti piace vivere in questo posto? “Oddio! Il mio desiderio è quello di andare a casa, con la mia famiglia, mia figlia e mia nipote. Spero proprio di riuscirci!”.
• Come si chiama il posto in cui vivi? “Lo so, ma adesso non mi viene …. È Casa Morando?”.
Io annuisco e chiedo che tipo di residenza sia Casa Morando. Angela scruta il mio sguardo, titubante, come se avesse paura di commettere un errore che pregiudicasse qualcosa di importante per la sua vita e prosegue abbassando il tono della voce: “Un … ricovero?”. Poi si rinfranca: “Penso sia un ricovero … ma … non lo so … non ne sono sicura”.
“Una casa di riposo”, affermo io cercando di rincuorarla per la correttezza della risposta.
Angela si incupisce e, abbassando la testa in segno di avvilimento, commenta, umiliata: “Sarà! Io non me ne intendo, ma …. In quanto a riposare … si può riposare anche a casa …”.
Mi sono fermata a riflettere, tristemente, su come fosse possibile che pressoché la totalità degli anziani intervistati, anche coloro meno compromessi sul piano cognitivo, dimostrassero una certa reticenza nel rispondere a questa domanda e ricorressero spesso a giri di parole per definire la vita di comunità? Come Emma, che sostiene di abitare in una “specie di scuola dove si sta tutti insieme”. La sensazione che ciò fosse dovuto al rifiuto, più o meno consapevole, di accettare l’istituzionalizzazione, apparve con forza nella mia mente. Questa volta era Angela a innescare il fastidioso pensiero.
Il test era finito, ma avevo l’impressione che nessuna delle due volesse smettere la conversazione. Angela mi osservava in silenzio, immobile sulla sua carrozzina, era evidente che si aspettasse altre domande, vogliosa di raccontare di lei, della sua storia.
Senza alcuna programmazione, così, di punto in bianco, decisi di somministrarle Il Mini Mental State Examination e precisai che avrei fatto delle domande un po’ più tecniche ma che non si doveva preoccupare della correttezza o meno delle risposte perché questo test non aveva per me alcun valore. Lei si dimostrò soddisfatta di andare avanti, mentre io cercavo tra la modulistica la sequenza del questionario.
“Qual è il tuo nome e la tua data di nascita?” Le chiesi per colmare i pochi istanti di vuoto.
“Io sono Angela Agostina F……( con due erre e due t) per il Municipio, per la Chiesa invece ho tre nomi di battesimo, Angela, Agostina e anche Giuseppina, essendo nata il 17 marzo, prossimo a San Giuseppe, del 1927, ad Acero, comune di Borzonasca, provincia di Genova”.
“In che anno siamo?” Ci pensò un po’ e timidamente rispose sottolineando con l’inflessione della voce il punto di domanda : “2015?”.
Sul mese, la stagione, il giorno e il giorno della settimana, Angela non sapeva rispondere, ha azzardato settembre, ma quando le ho ricordato che eravamo in dicembre, prontamente ha affermato che l’Immacolata Concezione era appena trascorsa, appunto l’8 di dicembre.
Era serena, non mi pareva avvilita o intimorita, forse la mia rassicurazione iniziale aveva sortito il suo effetto.
Quando le ho chiesto in che nazione fossimo, si è fatta una sana risata, reclinando il capo all’indietro ed ecco cosa ha affermato: “Penso che sia ancora la nostra Italia, non ce la prenderanno, tutti quei mussulmani! Vero?”. Poi si è avvicinata e mi ha sussurrato all’orecchio: “A me non piacciono, non mi piace nemmeno quella che hanno preso qui, piccola, con i capelli scuri. Io la religione la lascio stare, sono innocenti anche loro, ma, quando quella piccolina mi ha detto di essere mussulmana, mi è venuto un accidente. Io sono battezzata, sposata in chiesa, voglio bene a tutti, anche ai mussulmani, ma loro sono diversi … non vogliono bene a noi”. E continuava ad agitare il dito indice davanti al mio naso, in segno di disapprovazione.
Alle altre domande, Regione, città, luogo, piano ha risposto perfettamente e in pochi secondi. Ha ripetuto correttamente le tre parole, pane, casa e gatto ricordandone solo due al richiamo successivo. Si era dimenticata la parola gatto nonostante ce l’ avesse sulla punta della lingua, se solo avessi aspettato un attimo di più le sarebbe certamente venuta in mente. Infatti ha così commentato, dispiaciuta: “Il gatto non me lo ricordavo, eppure mi piacciono tanto. Quando abitavo vicino al macello della carne, ora però non so se hanno cambiato posto, avevo un gatto tanto bello che si lasciava accarezzare da tutti. Un bel giorno è sparito, io penso me lo abbiamo portato via. Spero davvero che lo tengano bene. Dal 16 febbraio che son caduta, da allora non ricordo più tutte le cose, so che mi hanno portato prima a Lavagna, poi a Rapallo, poi all’ Erre - Esse (intendendo l’RSA) ma io non capivo. Nell’ Erre – Esse sono stata bene, c’era il frate che veniva a farci pregare e mi facevano camminare con gli ascellari. Adesso invece mi fa camminare Amedeo, ma in un altro modo, con il bastone. Lui pensa sia meglio, ma a me andavano bene anche gli ascellari. Più che a camminare, ora ho difficoltà a tenere bene l’equilibrio, non sempre, ma a volte lo perdo”.
Arrivati al momento di contare all’indietro togliendo 7 dal numero 100, ho ritenuto opportuno di nuovo rassicurarla che un eventuale insuccesso sarebbe stato per me irrilevante, ma Angela mi ha tolto da ogni imbarazzo sostenendo che lei i conti li sapeva fare … e bene quando vendeva latte e verdura perché avevano tante cianne (piane, terreni a fasce) come si dice in dialetto e un discreto numero di vacche che portava al pascolo fin da bambina. L’insalata la regalava, mai aveva chiesto una lira, il latte invece aveva un prezzo, ma , al momento non se lo ricordava.
100 – 7: “Ohime’ mi! 93! “
93 – 7 : “Tribullo! 86!”
86 – 7 : Bello lou!” (bel lavoro)..79.
79–7: ‘Non ci riesco … tribullo! Non ho resistito e ho suggerito il numero 72 pentendomi dell’incapacità di attendere la giusta risposta che sarebbe certamente arrivata, magari con qualche istante di più.
72 – 7 : “2 ce l’ho di qui e 5 di là … 65! “. Evviva, ho esultato io istintivamente, 4 punti su 5 su questo item, ad essere stringati nel voto.
“A scuola sono sempre stata promossa”, ha aggiunto fiera, “ma sai quanto ho fatto? 4 anni, il quinto non c”era nemmeno e si doveva pagare e allora …".
Riconoscimento di oggetti, matita e orologio: perfetto.
Tigre contro tigre: meglio di me, con tanto di commento: “Ho detto a mia figlia di portarmi la dentiera ma non l’hanno ancora fatto”.
Esecuzione di comandi semplici, scritti e orali: nulla da eccepire.
Anche alle prove grafiche Angela è andata benissimo. Di frasi ne ha scritte correttamente addirittura due: “Sono caduta e mi sono rotta una gamba”.
Poi si è messa di grande impegno a copiare i pentagoni interconnessi: il primo le è venuto perfetto. Il secondo ha ammesso di essere partita male, di averlo fatto storto, le risultava nettamente più difficile, perché le si incrociavano gli occhi, quelli che avevano il glaucoma, uno di più, uno di meno. Ad un certo punto si è impazientita e mi ha detto: “L’ho fatto abrettio (a vanvera). Aggiustatelo un po’! Mi no capiscio”. Non era necessario aggiustarlo, il MMSE era più che soddisfacente: 23 + 2,2 = 25,2 corretto per età ed istruzione, quindi NORMALE, se si considera che valori superiori a 24 non sono indicativi di deficit cognitivi.
La ringraziai e la riaccompagnai in salone, come fossimo due amiche, scherzando sui segni zodiacali: lei Pesci, io Scorpione.
Mai la somministrazione del MMSE mi aveva dato tanta soddisfazione! Che fosse per il fatto che le risposte al TIED avessero contribuito a costruire una relazione terapeutica, capace di avvicinare e creare sintonia tra il mio mondo e quello di Angela, così differenti? Come dice Giorgio Bert nel suo libro ”Medicina Narrativa. Storie e parole nella relazione di cura”: “Il mondo del medico e quello del paziente sono separati da un fossato che può essere molto profondo. Costruire una relazione terapeutica significa gettare un ponte su quel fossato: ponte che deve esser un luogo condiviso ed essere quindi costituito da elementi provenienti da ambedue i mondi[…] il medico porta le proprie competenze scientifiche e tecniche, il paziente porta le proprie competenze su di sé, sulla sua storia, sulla sua cultura, sulla sua esperienza della malattia. Qui sta la parità nell’asimmetria, la reciprocità”.
Non ricordavo se Angela fosse già stata sottoposta a valutazione dello stato cognitivo, ma certamente esisteva una lettera di dimissione dall’RSA dove era stata ricoverata per 4 mesi e 16 giorni che io avevo conservato tra la documentazione sanitaria.
Mi precipitai a leggerla e rimasi esterrefatta.
La diagnosi riportava in grassetto “Demenza senile con delirium”; nel paragrafo dedicato alla valutazione funzionale risultava: MMSE 15,4/30, disorientata nel tempo, parzialmente orientata nello spazio, scadute attenzione e memoria episodica ( non richiama nessuna delle tre parole bisillabiche), esegue correttamente gli ordini scritti e orali, aprassia costruttiva.
Brava Angela, sei guarita dalla demenza, non ti resta che mettercela tutta per tornare a casa con tua figlia, quella che hai partorito con tante sofferenze, con il cesareo, anche se sei convinta che te l’avessero proposto per spillarti dei soldi, la figlia che ti ha dato una nipote che ti riempie di soddisfazioni.
Ce la farai, la grinta non ti manca.