Era il 25 febbraio del 2020, quando, dopo una sospensione di quasi 3 anni a causa dell’alluvione, gli organizzatori avevano dato l’ok per riprendere a correre la faticosa maratona “Arco della vita” e fortunatamente avevano considerato valido il percorso precedente.
L’articolo dal titolo “Maratona sospesa al km 9- si riprende a correre” pubblicato su questo stesso Blog racconta nei dettagli con quanto entusiasmo “Casa Morando” fosse ripartita, nella consapevolezza delle difficoltà insite in un territorio fragile quanto i suoi abitanti, ma con la volontà di perseguire l’ obiettivo di dare dignità alla vita e di rendere il più possibile concreta la parola inclusione.
Il racconto che la mia mente aveva accantonato in un angolo recondito fino a dimenticarsene, concludeva con questa frase: “Ora si parte, dobbiamo riprendere un passo sostenuto senza esagerare. Non manca molto al ristoro del Km 10 e dobbiamo arrivarci in buone condizioni per acquisire ulteriore energia e, a testa alta, battere i pugni affinché Casa Morando diventi a pieno titolo una Residenza Protetta aperta”.
La rileggo più volte, questa frase, e mi accorgo che il sentimento di amarezza misto ad avvilimento che di primo acchito mi ha invaso lascia il posto alla voglia di ricominciare, di raccogliere le forze, stringere i denti e andare avanti, anche se al ristoro previsto al Km 10 non siamo riusciti ad arrivarci.
Proprio così, perché, dopo aver percorso poco più di 700 metri, la maratona è stata bruscamente interrotta per evitare la diffusione del contagio dell’infezione Covid-19 e tutti indistintamente siamo stati mandati a casa fino a data da stabilirsi. È infatti l’11 marzo del 2020 quando il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità , Tedros Adhanom Ghebreyesus dichiara la pandemia da Coronavirus essendo in netto aumento i casi di infezione, più di 118.000 in ben 114 paesi, e già oltre 4000 le vittime.
Un anno paradossale, interminabile e nello stesso tempo volato via, come sospeso nel nulla, privo di aspettative, di risorse, brulicante di dolore e sofferenza, incertezza, delusione, sfiducia e morte. Un anno di vita perso, monopolizzato da una particella invisibile capace di esaltare le meschinità insite nell’animo umano e indebolire fino ad annientare i pensieri più nobili.
Un anno in cui gli anziani residenti di “Casa Morando” hanno subito le restrizioni imposte dalle autorità competenti: niente più shopping al mercato del venerdì di Chiavari, niente più lezioni di musica all’asilo della Scuola Maria Luigia, niente più visite dei parenti o rientri a casa, in famiglia, per il fine settimana. Un cambiamento radicale delle loro abitudini che, nonostante gli sforzi della direttrice Maria Grazia di rendere gioioso il periodo di reclusione offrendo preziosi momenti di svago all’interno della residenza, non ha certo giovato al loro benessere legato soprattutto al sentirsi liberi di scegliere come e dove muoversi, godere della musica, del ballo, delle feste a sorpresa, degli incontri con gli amici del Rotary, del calore insostituibile di un bacio e di un abbraccio.
Ringraziando la buona sorte ed incrociando le dita, come la tradizione ci insegna, il virus non li ha colpiti e pure la seconda dose del vaccino Pfizer non ha provocato alcun effetto collaterale, nemmeno il minimo risentimento al braccio nel punto di iniezione. Sarà per il fatto che abbiamo cercato di esorcizzare la paura con allegria e creatività, complice un ambiente accogliente, reso vivace dall’andirivieni dei nostri gatti, il cui numero è salito a 6, dopo l’arrivo di Tinetta e l’adozione di due dei suoi cuccioli, Cesare e Topo. Poi ci sono Gertrude, Anita e Zoe che popolano il cortile antistante, ma non disdegnano affatto di entrare all’interno della casa per sgranocchiare ciò che resta nelle ciotole dei felini e ripulirle di tutto punto. Ed ora è arrivato anche Germano, un giovane e timido galletto dalle piume dorate che sveglia il circondario anticipando l’alba con il suo canto discreto, ma insistente. Gli ospiti sono felici di tanta animazione. “È questa la vita!” sostiene Rita dall’alto dei suoi 93 anni che non dimostra affatto né nel fisico né nella mente, “Svegliarsi con il suo canto è delizioso!”, mentre Carlo, dritto in piedi al centro della palestra e con il braccio alzato per richiamare l’attenzione, proclama a gran voce: “Evviva Germano, un gallo in mezzo alle galline ci voleva proprio!”.
Concordo, penso io e le immagini che vi propongo testimoniano, più che le parole, l’atmosfera vivace , in armonia con la natura, che si respira in Casa Morando.
L’arrivo di un gallo ha sempre segnato una svolta importante nel percorso di vita degli ospiti. Il primo è stato un galletto di piccola taglia, vecchio e spennacchiato che abbiamo chiamato Ugo e che apparteneva a Rina, una anziana signora che i servizi sociali avevano ritenuto non più in grado di vivere autonomamente in casa propria e le avevano nominato un amministratore di sostegno per istituzionalizzarla. Rina era una donna di campagna, molto riservata, attaccata alle sue abitudini, indossava sempre il grembiule da cucina e non si separava mai da una borsa da spesa, sgualcita dal logorio del tempo. Si adattava male alla vita di comunità, si annoiava, non si sentiva utile ed allora abbiamo pensato che poter continuare ad accudire Ugo sarebbe stato per lei di grande conforto. Fu l’amministratore di sostegno in persona a consegnarcelo, rinchiuso in uno scatolone di cartone con i buchi, ma purtroppo visse solo pochi mesi lasciando vedove Teresa e Gilda, le due galline che solo Rina riusciva a confortare con le sue coccole. Poi fu la volta di Osvaldo, il più birichino perché di tanto in tanto rincorreva le persone che non le erano simpatiche cercando di speronarle. Osvaldo ci lasciò all’età di 5 anni, improvvisamente; noi ci preoccupammo pensando a qualche malattia fulminante, ma i veterinari dell’ASL ci rassicurarono sostenendo che avesse raggiunto la fine dei suoi giorni per anzianità. Nel frattempo era nato in casa Fortunello che, quando era ancora giovincello, si perse lungo il fiume Rupinaro e non fu mai più trovato. Da più di un anno, causa pandemia, Casa Morando era priva della sua mascotte e gli ospiti attendevano con gioia l’arrivo del promesso sposo di Gertrude, Anita e Zoe. I vicini un po’ meno, considerato che qualcuno si è già lamentato per il chicchirichì. Come può infastidire il canto di un gallo? Mi chiedo senza trovare risposta.
La svolta segnata da Germano, sarà la ripresa della vita sociale per gli ospiti di Casa Morando che hanno tutti completato la vaccinazione anticovid in data 5 febbraio. Aspetteremo con pazienza i tempi previsti per la produzione degli anticorpi specifici che ci renderanno immuni dall‘attacco del fatidico virus e, una volta ottenuta la certificazione e l’autorizzazione dall’ASL, almeno verbale, con mascherine e tutte le precauzioni del caso, potremmo finalmente varcare il cancello della residenza, passeggiare per le strade del centro cittadino, ammirare le vetrine dei negozi , incontrare persone di tutte le età, chiacchierare con conoscenti, parenti, amici, sorridere alla vista dei bambini che corrono di qua e di là approfittando della zona pedonale del carruggio. E, perché no, salire orgogliosamente sul trenino turistico che fa il giro della città per festeggiare, anziché il Natale, come di consueto, la riacquistata libertà dopo la vaccinazione. Un modo divertente per promuovere la profilassi anti-Covid, ma soprattutto un invito alle istituzioni affinché riflettano sull’importanza dell’inclusione in tutto l’arco della vita.
Così Nina, che è solita camminare a passo veloce nel giardino antistante per mantenersi in forma, si potrà comprare delle scarpe comode, misurandosele, perché quelle che il fratello le ha portato, pur essendo del suo numero, le vanno strette. In tempi di pandemia, purtroppo, per chi vive in comunità, non è permesso di uscire né in autonomia né tanto meno accompagnata, cosa che Nina, per l’amicizia che ci lega, ha accettato di buon grado riempiendosi i piedi di cerotti. Una accettazione che non sono riuscita a digerire e che mi ha lasciato l’impressione di tradire la sua fiducia perché, sarà per il mio spirito rivoluzionario o chissà per quale altra cosa, certe restrizioni a cascata, rigide e assurde, si collocano al di fuori del mio pensiero logico. E poi un buon paio di scarpe, capace di attutire il peso e di preservarti sani i tegumenti, è fondamentale per chi ama camminare o correre.
Bruna, invece, ha continuato a uscire ogni mattina dalla residenza, mostrandosi del tutto indifferente alla normativa vigente, non perché non la conoscesse, legge due quotidiani al giorno, ma per convinzione: lei, codice 1721, erede degli Asburgo, non può essere toccata dal Coronavirus.
È stata redarguita dai Carabinieri e minacciata di sanzioni allargate all’intera struttura con obbligo di sorveglianza, come chiaramente espresso nell’articolo sottostante pubblicato sul Secolo XIX in data 2 aprile 2020, ma ogni giorno dei mesi successivi fino ad oggi, ha continuato imperterrita a proseguire le sue abitudini. Per fortuna nessuno ha più osato fermarla.
†Ed eccola, in una foto tratta da face book pubblicata da un passante incuriosito dal lento procedere dell’audace vecchina, carica di sacchetti all’apparenza pesantissimi, sacchetti dal contenuto misterioso che nessuno può sottrarle.
Cosa succederà?
Si riuscirà a ripartire?
Considereranno valido il percorso precedente?
Oppure annulleranno il tutto costringendoci a ricominciare dal Km 0 e chissà quando?
Mi chiedo, colta da una emozione talmente forte da comprendere il tutto e il nulla. Cerco di analizzarla e mi accorgo che a mano a mano i sentimenti negativi come la rabbia, la delusione, l’indignazione, capaci di bloccare ogni movimento del corpo fino a paralizzarti, sfumano a poco a poco lasciando il posto ad una malinconica neutralità che si trasforma a breve in speranza, fiducia nelle proprie forze, certezza di non perdere mai di vista la meta.
Sono stati necessari 10 anni per correre, tra una interruzione e l’altra 9,7 km della maratona “Arco della vita”, 10 anni in cui abbiamo acquisito la consapevolezza dei nostri limiti, ma anche delle nostre potenzialità, mentre l’esperienza ci ha addestrato alla pazienza, alla prudenza e al coraggio. Tutto ciò non può essere cancellato.
Ora le nostre gambe fremono per ripartire, alla grande e non importa se ci daranno il via ufficiale, sapremo attendere e nel frattempo ci alleneremo duramente.
Perché il diritto ad una vita e a una morte dignitosa non debba mai più essere calpestato.