Ho ripreso in mano, a distanza di qualche anno, il libro di Roberta Sala “Filosofia per i professionisti della cura”, (Editore Carocci Faber-2014) per cercare di orientarmi su alcuni interrogativi che la lettura di “Immortali” mi ha suscitato.
Con la velocità delle ricerche e delle scoperte scientifiche, con le conoscenze acquisite negli ultimi decenni anche in territori inesplorati dell’uomo e della sua vita, con l’intreccio formatosi tra dati, ricerca, finanza sembra improrogabile il confronto per una cornice etica che metta al centro sempre l’uomo e sappia valutare i risultati della ricerca, ma anche gli eventuali limiti.
I professionisti della cura non sono più solo coloro che immaginiamo con un camice bianco, magari attorno ad un letto con paziente disteso, ma in senso traslato pure tutti quegli studiosi e ricercatori- biologi e psicologi, ingegneri e fisici, chimici e informatici- impegnati nella ricerca della longevità. Per tutti questi, in maniera diretta e indiretta, in una fase iniziale, intermedia o finale si proporranno degli interrogativi sull’eticità del loro lavoro e sulle conseguenze, nonché sulle scelte da compiere.
Il libro inizia parlando di Socrate e, raccontandone la vita e la morte, estrapola alcuni concetti.
La filosofia non è patrimonio di letterati e uomini colti, ma dovrebbe essere una pratica costante di ogni uomo per cercare la verità, per pensare con la propria testa, sapendo che questo richiede coraggio. La filosofia è per menti aperte, è una vocazione, è un’impresa di libertà ed emancipazione.
Il secondo insegnamento di Socrate è un invito alla disobbedienza, là dove, una legge vigente si ritiene che sia ingiusta. Ci sono due livelli: la legalità e la legittimità, la legge e la giustizia. C’è un obbligo politico a obbedire alle leggi, ma quando le ragioni del dissenso prevalgono su quelle del consenso la disobbedienza diventa un obbligo morale. Questa disobbedienza potrà essere una disobbedienza civile collettiva (quella legge va cambiata) oppure una obiezione di coscienza a carattere individuale.
L’autrice sulla traccia della filosofia e dei comportamenti praticati da Socrate inserisce le considerazioni su collocazione e comportamenti nelle professioni.
Per professione, specifica, si intende una comunità volontaria, che si regge sui suoi valori, che sono accettati nel momento che si scegli di farne parte. Questi valori possono entrare in conflitto con quelli personali ed allora subentrano valutazioni comportamentali e posizionamenti diversi: chi non intende obbedire deve fornire spiegazioni e motivazioni, per “un’obiezione di coscienza”, che in nome delle “ragioni pubbliche” deve rientrare in un quadro definito con una mediazione nella ragionevolezza.
Su questo conflitto tra valori individuali, valori professionali, leggi statali l’autrice prende come riferimenti alcune delle norme più discusse e contestate della legislazione italiana e i casi specifici che furono occasione di dibattiti anche aspri e di contrapposizione tra i poteri dello Stato, nelle loro articolazioni politiche e giudiziarie: la vicenda di Eluana Englaro e l’applicazione della legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Anche fuori dai casi eclatanti ci sono però momenti in cui i professionisti devono fare delle scelte, anche tragiche, spesso in condizioni di urgenza. In queste circostanze il professionista deve decidere se prevalgono i propri valori, sempre o comunque o se ci si deve anche “sporcare le mani” perché i professionisti della cura sono responsabili del bene altrui e l’agire pratico difficilmente si accorda con valori assoluti, in quanto ogni caso, ogni persona, che in quel momento è coinvolta, rappresenta una storia individuale.
Quando una decisione è estesa ad una comunità il dialogo deve andare oltre un atteggiamento di tolleranza del pensiero degli altri, che significa spesso sminuirne l’importanza che loro gli attribuiscono, per arrivare ad un riconoscimento, anche se non condivisi, dei valori attribuitigli.
In questa riflessione l’autrice assume come esempio le mutilazioni genitali femminili, nelle loro diverse implicazioni culturali, etiche, di genere, ma sempre atti di violenza sulle donne.
Tutto il libro di Roberta Sala è permeato da un invito a cercare, anche dove i valori e gli ideali sono più profondi, (anche se non accetta la definizione “non negoziabili”) una ragione di dialogo e di accordo con chi la pensa diversamente, chiamandolo “compromesso” o “ragionevolezza” o “modus vivendi” in nome di un pluralismo morale e culturale, assumendo una prospettiva che non rinnega i valori, ma sa dare risposte a situazioni tragiche.
I compromessi, la ragionevolezza, le regole di un “modus vivendi “possono essere politici e morali. C’è sul compromesso anche una soluzione “biogiuridica” con l’adozione di un diritto “leggero” in cui un insieme di norme sono volte non già a stabilire vincoli alla liberta individuale, ma a tutelare le libere scelte individuali, al di sopra della volontà della maggioranza.
L’ultimo capitolo è esplicitamente dedicato alla pratica di cura, in cui si richiede oltre che esperienze e conoscenze anche una passione.
La cura non è solo un agire quotidiano, ma l’espressione di un sentimento fondamentale che rinvia al modo di essere degli umani, che sin dalla nascita sono “oggetti” di cura per diventare poi anche soggetti.
Praticare la cura significa oltre al sapere, possedere saggezza, come “dimensione della cura” perché permette di applicare, sulla base della conoscenza, i principî alla realtà. Giustizia e cura sono strettamente collegate. La cura senza la giustizia è filantropia, la giustizia senza cura è sterile astrazione. Quando passione, conoscenza e saggezza non si integrano in maniera corretta nasce una “sofferenza morale” a cui si risponde anche “avendo cura di sé stessi”. Il concetto di cura come “priorità ontologica” citato da Roberta Sala è ripreso da un libro di Luigina Mortari, già presentato (qui) su PLV.
Chiudo il cerchio riproponendo gli interrogativi iniziali.
L’etica e la pratica della cura, in senso lato, come saranno, se lo saranno, interpretati e applicati nelle nuove ricerche, nei nuovi team di lavoro, che si occuperanno del futuro dell’uomo? L’idea di “aver cura del proprio corpo” è alla base della conquista di una longevità senza limiti definiti, ma se l’uomo è al centro tutti gli uomini, nelle forme giuste sono chiamate ad esprimersi in merito.
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