Dall’8 al 30 maggio ha avuto luogo la quinta edizione del Caregiver Day (giornata dedicate al Caregiver familiare). Finalità del Caregiver Day -promossa e realizzata dalla Cooperativa "Anziani e non solo" con il contributo dell’Unione dei Comuni delle Terre d’Argine, la collaborazione di Carer Associazione dei Caregiver dell’Emilia Romagna , il patrocinio della Regione Emilia Romagna e dell’Ausl di Modena- è valorizzare il ruolo del Caregiver familiare (familiare che si prende cura), sostenerne i diritti e promuovere iniziative e servizi di supporto.
L’iniziativa, a cadenza annuale a partire dal 2011 e, più recentemente, anche in virtù della Legge Regionale dell’Emilia Romagna n.2/14 che ne ha riconosciuto e assunto gli scopi, rappresenta ormai un importante punto di riferimento per familiari, associazioni, operatori del contesto regionale e sovraregionale.
Dopo aver, nella prima edizione, focalizzato le caratteristiche e il ruolo del caregiver familiare, nella seconda edizione politiche e movimenti di sostegno presenti in ambito europeo, nella terza edizione intergenerazionalità e cura e lo scorso anno il valore del lavoro di cura, l’importanza dell’integrazione tra cura e cure e la celebrazione dell’avvenuta approvazione della legge regionale che riconosce il ruolo e diritti del caregiver familiare, su cosa ha caratterizzato l’edizione di quest’anno?
L’edizione 2015 è stata centrata sull’etica e bioetica della cura.
Ciò perché l'etica della cura pone al centro le specificità e il benessere della persona, mira a produrre risultati positivi sia verso coloro che si prendono cura di qualcuno sia verso coloro che la cura la ricevono, evitando rischi di dipendenza (o tanto meno forme di maltrattamento/abuso) e la bioetica “solleva l’esigenza di strumenti etico-metodologici che instaurino un rapporto positivamente orientato al sostegno dell’individuo, impegnato per il bene complessivo della persona, nel quale chi detiene il potere terapeutico miri ad una identificazione con i bisogni del paziente, preoccupandosi del riconoscimento della sua individualità e particolarità nel rispetto della diversità instaurando una relazione che sia solidale”.
La bioetica mira a dare risposte ad interrogativi quali, ad esempio: Il paziente ha sempre diritto a conoscere la diagnosi? Il medico è tenuto a comunicarla in modo comprensibile per il malato? E’ possibile rifiutare le cure? La cura del dolore è un diritto? Come far rispettare le proprie volontà di fine vita?
Ma come sono stati affrontati tali temi? In primo luogo ricorrendo a CINEFORUM
Il cinema, infatti, consente, in un tempo limitato, di raccontare storie di vita che catturano l’attenzione ed emozionano, di trattare temi sensibili come la malattia, la sofferenza, la morte...in modo empatico, favorendo una riflessione rispetto alla propria esperienza, ma anche facilitando un confronto con esperienze altrui.
A tal fine sono stati presentati cinque film : “La voce dell’amore” (regia di C.Frankkin), “Buon compleanno Mister Grape” (regia di L.Hallstrom), “Lontano da Lei” (regia di S.Polley), “Una canzone per Marion”(regia di P.A.Williams), “Il cerchio perfetto”(regia di C.Tosi).
Queste narrazioni cinematografiche hanno avuto lo scopo di favorire lo sviluppo di un confronto in merito all’impatto della cura sul caregiver (sulla sua dimensione psicologica, fisica, relazionale, professionale, sul suo progetto di vita..) e di evidenziare le problematiche etiche e bioetiche della cura. Per quanto inerente al tema del fine vita particolare significato ha avuto la presentazione (in anteprima nazionale) del film/documentario della regista Claudia Tosi “Il cerchio perfetto” i cui protagonisti -non “attori”, ma “persone reali”- insieme ai rispettivi coniugi caregiver e con il supporto di operatori professionali, hanno affrontato la complessa fase terminale della malattia nell’ambito di un hospice.
I film sono stati proiettati (dall’8 al 25 maggio) rispettivamente a Campogalliano, Soliera, Rovereto, Novi, Carpi.
Tale “percorso” ha consentito di sviluppare specifica attenzione, sensibilità ed interesse all’approfondimento dei temi sviluppati successivamente nell’ambito di workshop e convegni.
Il 26 maggio si è poi tenuto un workshop sulla prevenzione dell’abuso verso gli anziani. In tale ambito sono stati presentati i risultati di diversi progetti realizzati a livello locale, nazionale ed europeo. L’incontro, che ha visto tra gli altri la partecipazione di molti operatori del sociale e del sanitario, ha consentito di accrescere la conoscenza del fenomeno dell’abuso (sia in ambito familiare che ospedaliero), l’individuazione di segni di maltrattamento e d’indicatori per la prevenzione nonché di sviluppare un confronto di politiche e di buone prassi con rappresentanti della Romania, Finlandia ed Irlanda.
Sabato 30 maggio-data riconosciuta dalla L.R2/14 come giornata regionale dedicata al caregiver familiare- si è poi tenuto, alla presenza di un folto pubblico, il convegno plenario “Prendersi cura ed essere curati: questioni etiche e bioetiche”.
Prima dell’apertura dei lavori è stato proiettato un videomessaggio di Hanneli Döhner, Vicepresidente di Eurocarer, network per la promozione dei diritti dei caregiver familiari al livello europeo. Döhner ha salutato positivamente le iniziative che si sono svolte a Carpi in questi cinque anni e si è impegnata a portarle come esempio di buona pratica al livello europeo , in particolare nel suo paese di origine, la Germania.
L’incontro, da me moderato in qualità di direttrice della cooperativa Anziani e non solo, è iniziato con un saluto del Sindaco di Carpi Alberto Bellelli. Il primo cittadino ha sottolineato l’importanza della giornata, il ruolo dei caregiver familiari nell’ambito assistenziale, la centralità della relazione e dell’etica di cura in ambito familiare e nei servizi. Il Sindaco ha ribadito inoltre che l’impegno della politica è di tradurre in modo positivo e dinamico l’universalità del sistema di welfare puntando sulla qualità della vita ed affermando che “Se non vinciamo la sfida della qualità della vita, perdiamo un’occasione importante anche per qualificare il lavoro di cura, elemento fondamentale del nostro sistema di welfare”.
Un altro saluto istituzionale all’evento è venuto dall’Assessore alle Politiche Sociali e Sanità dell’Unione delle terre d’Argine, Roberto Solomita, il quale ha positivamente evidenziato la scelta coraggiosa degli organizzatori di trattare temi delicati e sensibili quali l’etica e bioetica della cura. L’assessore, ricordando la tradizione d’innovazione della Regione Emilia Romagna rispetto al tema dei servizi sociali e dei diritti della persona, si è detto convinto che anche grazie ad eventi come il caregiver day si sarà in grado di portare al centro del dibattito questioni cogenti di etica riguardanti le stagioni dell’esistenza ,in particolare quelle legate al fine vita.
A seguire è stato mostrato un videomessaggio di un personaggio di eccezione quale Beppe Carletti-leader del gruppo musicale dei Nomadi- che ha vissuto in passato un’esperienza da caregiver, prendendosi cura di un amico. Carletti ha espresso la sua vicinanza verso le persone che ricoprono questo importantissimo ruolo ricordando altresì l’importanza di operare per favorire il più possibile l’autonomia delle persone
Prima di entrare nel vivo del dibattito con le presentazioni dei relatori del convegno, l’attrice Sara Gozzi, ha letto una toccante testimonianza di una caregiver familiare che ha assistito per diversi anni il padre accompagnandolo poi verso “una buona morte” .La testimonianza ha evidenziato le difficili e coraggiose scelte che i caregiver si trovano a dover prendere nell’evolversi della malattia e nel delicato momento del fine vita.
Il primo relatore del convegno è stato Ivo Lizzola (Professore ordinario del dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo) che nel suo intervento “Malattia ed etica della cura: responsabilità individuali, legami famigliari, ruolo della comunità e formazione sociale alla cura”, ha illustrato i diversi aspetti da prendere in considerazione in queste delicate situazioni. Il docente ha iniziato la sua presentazione sottolineando come tutte le relazioni della vita si basino sul “legarsi e slegarsi/lasciarsi”: cioè su legami che hanno un inizio, una durata ed una fine. Durante la particolare fase che è il fine vita, questa dinamica relazionale è particolarmente accentuata. I caregiver sono chiamati ad essere intensamente presenti durante la malattia per poi lasciare andare (fine vita) la persona cara, e questo è molto difficile. In questa fase della vita da un lato si torna alla prossimità, si abbandonano le attività di routine per riappropriarsi della relazione e dall’altro lato ci si trova a fronteggiare la violenza percepita come ingiusta della malattia e a dover entrare in sintonia con la fragilità accogliendo e rispettando la dignità dell’altro e sostenendo i valori della fraternità umana. Successivamente il professor Lizzola ha enunciato alcuni dati, uno fra tutti la relazione tra incremento della speranza di vita e incremento della durata della “malattia”: dal 1900 ad ogni anno di vita in più che riusciamo a vivere grazie alla medicina, corrisponde un aumento di sei mesi di malattia. In questo senso possiamo affermare che la medicina ha diffuso più ampiamente l’esperienza della malattia, ciò implica che dobbiamo recuperare l’apprendimento della vita che può permetterci di tollerare la sofferenza e ciò prima di tutto “curando la speranza”. Un altro aspetto importante sottolineato da Lizzola è stato quello del riconoscimento dei limiti nel prendere delle decisioni che impattano sull’altro, sul soggetto fragile. In questo senso ognuno si trova a vivere il confronto con la fragilità “affidata” e a dover assumere decisioni e comportamenti rispetto alla quotidianità, ma anche rispetto a valori morali, rispetto a dilemmi etici. In conclusione il professor Lizzola ha sostenuto che è possibile reggere l’ingiustizia della malattia riscoprendo e rafforzando la solidarietà, illustrando che nel fine vita si reinterpretano spesso le verità dei giorni vissuti e si costruiscono le basi di quello che sarà il nostro “futuro anteriore”(io sarò stato/a) dando senso alla “consegna” verso altre generazioni del valore prodotto nella nostra vita .
Il secondo intervento intitolato “Profili bioetici nelle relazioni di cura e tutela della persona malata” è stato tenuto da Stefano Canestrari, Professore ordinario di diritto penale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Bologna, membro del Comitato Nazionale per la Bioetica.
Il relatore ha affrontato principalmente tre tematiche: il diritto al rifiuto delle cure, le direttive anticipate di trattamento, il confine tra contenzione fisica e violazione dei diritti del malato. La comune premessa a tutti i temi affrontati è la necessità di valorizzare, anche in prospettiva giuridica, la relazione terapeutica tra medico e paziente.
Quanto al primo punto, è dato acquisito che ogni soggetto capace di intendere e volere goda di un diritto di rifiutare le cure, anche nel caso in cui esse si sostanzino in trattamenti sanitari salva-vita. La questione infatti, come sottolineato dal Prof. Canestrari, non attiene al dibattito sulla possibilità da parte del soggetto di disporre della propria vita, bensì al principio d’intangibilità del corpo umano (cd. habeas corpus), secondo cui ogni intrusione nella sfera corporea deve essere previamente acconsentita dal suo titolare. Il rifiuto delle cure però – ha ammonito il docente – non deve essere vissuto dal personale medico come una “rottura” della relazione terapeutica, con conseguente abbandono del paziente, ma piuttosto come una fase di tale relazione, in cui il medico è comunque chiamato a svolgere l’opportuno accompagnamento sanitario, specie quello di natura palliativa.
Con riguardo al tema delle direttive anticipate di trattamento, il prof. Canestrari ne ha evidenziato la complessità, che impone un’analisi attenta di tutti i molteplici fattori in gioco. Gli aspetti sui quali il relatore si è maggiormente soffermato riguardano il contenuto delle direttive anticipate, la loro autenticità, il loro rinnovo e le modalità di revoca, in quanto è sempre possibile che il paziente con l’avanzare della patologia cambi idea rispetto a quanto deciso in precedenza.
L’ultimo aspetto trattato riguarda il tema della contenzione. Il prof. Canestrari ha segnalato la tendenza molto diffusa a legare al letto i pazienti anziani o con determinate patologie neurologiche. Tale prassi, a giudizio del relatore, non è una terapia ma costituisce a tutti gli effetti una violazione di diritti fondamentali e, in determinate circostanze, può integrare un reato. La contenzione, come ben chiarito da un recente parere del Comitato Nazionale per la Bioetica, può essere giustificata solo nel caso ci sia un pericolo attuale che il paziente compia atti auto od etero lesivi.
Di taglio sanitario l’intervento successivo “accompagnare al fine vita” illustrato dal Dott. Paolo Vacondio responsabile del programma di Cure palliative dell’Ausl di Modena. Vacondio ha sottolineato come l’obiettivo delle cure palliative sia quello di promuovere la qualità della vita sia dei pazienti che delle famiglie, includendo quindi anche il caregiver familiare. L’idea è infatti quella di inserire il paziente in un quadro di relazioni. Un altro concetto introdotto è quello di tornare a considerare la morte come un evento naturale, che fa parte del patto di cura tra soggetto, famiglia e personale medico. Seguendo questa logica, Il Dott. Vacondio ha presentato la cura delle patologie degenerative utilizzando la metafora del muro verso cui si possono percorrere due strade: la prima è di cercare di abbatterlo sbattendoci contro (accanimento terapeutico); la seconda è di provare a guardarlo e abbellirlo con l’aiuto di qualcun altro (cure palliative). In particolare a Modena queste cure sono inserite nel sistema sanitario attraverso la segnalazione del paziente al PUA, passando per la valutazione della situazione da una commissione multidimensionale ed iniziando poi il processo di presa in carico in cui le cure palliative possono essere somministrate al domicilio o in struttura secondo la situazione. Nel 2014, 974 persone residenti nella Provincia di Modena sono state valutate ed inserite nel progetto di cure palliative.
La prima sezione di relatori si è conclusa con il Dott.Francesco Sala, direttore della Scuola di Etica, Bioetica e Deontologia medica di Modena. Il relatore, dopo aver illustrato brevemente la Carta europea dei diritti e delle responsabilità degli anziani bisognosi di assistenza e di cure a lungo termine ed il codice di deontologia medica, ha ripercorso alcuni dei concetti toccati dai precedenti interventi spaziando dalle conseguenze della società dell’invecchiamento, ai problemi etici legati all’inizio e al fine vita, dalla dicotomia malattia-guarigione fino a soffermarsi sugli effetti causati dall’evoluzione della medicina e delle nuove tecnologie. Nella parte finale dell’intervento il dottor Sala ha posto l’accento sull’importanza crescente che sta assumendo la figura del caregiver familiare all’interno di questi aspetti mettendo in luce ad esempio: le difficoltà nel prendere decisioni, le problematiche economiche, la conciliazione tra la vita lavorativa e quella personale ed la necessità di integrare il processo di specializzazione del curare in quello più ampio della cura, riuscire cioè a realizzare il passaggio dal “to cure al to care”.
Nella seconda parte della mattinata sono intervenuti diversi rappresentanti delle associazioni di volontariato operanti sul territorio.
La Presidente del GAFA- Gruppo Assistenza Famigliari Alzheimer, Dott.ssa Annalena Ragazzoni, dopo aver specificato che il caregiver familiare, essendo la persona che meglio conosce il malato e che spesso trasferisce ad esso la terapia prescritta dal medico, deve essere coinvolto in tutte le fasi della malattia del proprio caro, ha posto una serie di interrogativi per stimolare ad una riflessione più consapevole sul tema. Per citarne alcuni: Quando ed in che modo comunicare la diagnosi? Come ricercare il benessere del malato e del caregiver senza che questi entrino in conflitto? In che momento si deve delegare la cura (istituzionalizzazione)?
Il presidente onorario dell’associazione Alice-Associazione per la lotta all’ictus celebrale, Dott.Gabriele Greco ha proposto una riflessione sulla comunicazione tra medico, paziente e familiare mettendo in luce come è e come invece dovrebbe essere tale relazione. In particolare una buona relazione è quella partecipata, non sbrigativa, basata sull’alleanza terapeutica tra gli attori coinvolti –famigliari inclusi- e sulla narrazione.
Il Presidente dell’AMO –Associazione Malati Oncologici, Dott. Fabrizio Artioli, ha illustrato il ruolo giocato dai caregiver a partire dal proprio vissuto personale: un’esperienze di caregiver che gli ha fatto capire l’importanza dello stare vicino al famigliare da parte dei servizi. In particolare tre aspetti e le loro problematiche sono enfatizzati oltre a quella della relazione già illustrato in precedenti interventi: la diagnosi, la prognosi e la condivisione della cura.
Successivamente, il Presidente dell’Associazione progetto per la vita, Sergio Saltini ha presentato gli obiettivi perseguiti dall’Associazione che cerca di supportare i ragazzi con disabilità nella realizzazione del proprio percorso di vita. Autonomia e sessualità sono due delle parole chiave dell’intervento in cui sono spiegate le attività messe in campo per permettere a questi ragazzi di vivere una buona vita.
L’intervento della Presidente del Gruppo Parkinson, Paola Neri si è incentrato sull’efficacia che la medicina narrativa può avere su diverse tipologie di pazienti riportando il suo caso specifico di malato di Parkinson. Con poche frasi Neri è riuscita a dare informazioni sulla propria patologia e sulle battaglie che ogni giorno porta avanti insieme ai famigliari, sottolineando l’importanza della capacità di ascolto da parte del personale medico e degli altri attori della cura.
Lalla Golfarelli, Presidente dell’Associazione dei Caregiver Familiari dell’Emilia Romagna- CARER-, ha offerto una panoramica completa delle questioni cogenti che riguardano i caregiver familiari :dalla responsabilità delle decisioni che si è chiamati a dover prendere, alla difficoltà del ruolo, dall’uscita dall’invisibilità grazie alla legge regionale n.2 del 2014 che ha dato diritto di cittadinanza ai caregiver familiari dell’Emilia Romagna e che ora deve essere resa operativa. Golfarelli , nel sottolineare poi quanto ancora occorra fare perché, nella realtà quotidiana, il rapporto medico-paziente-caregiver evolva nella giusta direzione evidenziata dagli interventi che l’hanno preceduta, ha poi ribadito la necessità di un riconoscimento delle competenze maturate grazie all’attività di cura.
L’ultimo intervento del terzo settore è stato realizzato da Carlo Alberto Fontanesi, Presidente della Consulta del Volontariato di Carpi, che, oltre a riprendere gli aspetti più rilevanti della figura del caregiver familiare, ha ribadito l’importanza di consolidare l’alleanza tra il mondo del volontariato, le istituzioni, il privato sociale e le famiglie. Concludendo la sua presentazione con l’augurio che iniziative come quella del caregiver familiare, giunta alla sua 5° edizione, possano continuare nel tempo per creare un ponte sempre più forte e coeso tra volontari, caregiver famigliari e servizi.
L’incontro si è concluso con l’intervento della Vicepresidente e Assessore alle Politiche di Welfare della Regione Emilia-Romagna, Elisabetta Gualmini che ha ribadito l’importanza di mettere le narrazioni e le persone “dentro” la politica. Rispetto agli argomenti trattati nel corso del convegno, con un particolare focus sulla figura del caregiver famigliare, la Vicepresidente Gualmini ha sottolineato tre aspetti fondamentali sui quali la Regione Emilia Romagna si sta impegnando: (1) l’aspetto legislativo: con l’adozione della legge regionale 2/2014 e le linee attuative in avvio di elaborazione, la Regione afferma la piena volontà di riconoscere e sostenere la figura del caregiver famigliare e la sua collocazione all’interno ella rete dei servizi; (2) l’aspetto delle risorse: il fondo della non autosufficienza regionale è maggiore di quello stanziato al livello nazionale e malgrado la crisi è stato mantenuto intatto, a comprova della volontà politica di supportare la non autosufficienza e la fragilità; (3) la visione: il paradigma della Regione mette al centro la persona, in coerenza con il leitmotiv del convegno che è stato quello di conferire una nuova importanza alla relazione di cura, sulla quale qualificare ed innovare il sistema dei servizi. Gualmini ha poi concluso con un apprezzamento al lavoro svolto nel Caregiver Day affermando altresì che il prossimo anno opererà per un “CAREGIVER DAY” unitario a livello regionale.
Concludendo si può affermare che il lavoro compiuto in questa edizione del Caregiver Day ha posto in evidenza come affrontare i dilemmi etici richieda lo sviluppo di una forte alleanza terapeutica tra paziente, caregiver familiare, operatori sanitari, responsabile del caso e come l’universalità del welfare sia un obiettivo imprescindibile la cui realizzazione e sostenibilità non possano prescindere dal riconoscimento del ruolo del caregiver familiare, da politiche di conciliazione e di sostegno al lavoro di cura.