La soluzione maggiormente praticabile per rilanciare le cure primarie attraverso nuove sfide, organizzative e culturali insieme, è oggi la Casa della Salute (CdS). Essa facilita i percorsi e i rapporti tra i servizi sanitari e sociali - tra loro integrati - e i cittadini, e restituisce alla popolazione una visione unitaria del problema della salute, contemperando il diritto alle cure di ogni cittadino con la riorganizzazione del welfare locale.
In sostanza, attraverso la Casa della Salute si rende di fatto operativo il passaggio dal Welfare State al Welfare Community - e quindi dalla "sanità" alla "promozione della salute" - visibile lo spostamento del baricentro dell'intervento dall'ospedale al territorio e possibile la corresponsabilizzazione dei cittadini organizzati.
La riorganizzazione dei servizi sanitari costituisce oggi la più importante sfida che il Ministero della Salute e le Regioni in Italia devono fronteggiare data la riduzione di finanziamenti pubblici e la crescita di bisogni complessi, soprattutto quelli riferiti all'invecchiamento della popolazione e ai relativi problemi di commorbilità, cronicità e di non autosufficienza. In tale ottica si impone un'innovazione nell'assistenza sanitaria territoriale ovvero nel campo delle cure primarie, primo fondamentale "pilastro" del Sistema Sanitario Nazionale. Oggi, dopo le prime sperimentazioni, si sta affermando la Casa della Salute che costituisce il "consolidamento" di tale pilastro.
Come nasce la Casa della Salute
Il termine e il significato di "Casa della Salute" sono stati proposti per la prima volta da Giulio Maccacaro, ricercatore e ispiratore di 'Medicina Democratica', in uno scritto del 1972 ben prima della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN, L. 833/1978). Trenta anni dopo, nel 2002, tale ipotesi di riorganizzazione dei servizi sanitari di base è stata ripresa da Bruno Benigni - ex-assessore alla Sanità della Toscana - in "una prima nota" per il Comune di Castiglion Fiorentino (AR). Ne seguì un convegno nazionale dello SPI-CGIL "Le cure primarie e la Casa della Salute" (2004) e uno studio di fattibilità in collaborazione con l'Università la Sapienza di Roma.
La nuova forma organizzativa ha ricevuto impulso nel 2006 con l'Accordo Stato Regioni (Rep. n. 2475), che confermava la necessità, già evidenziata nel Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2003-2005, di organizzare meglio il territorio trasferendovi risorse e servizi che erano assorbiti dagli ospedali - in numero ancora pletorico - e spostando decisamente l'attenzione sui Medici di Medicina Generale (MMG) e sui Pediatri di Libera Scelta (PLS) perché intraprendessero un percorso di superamento dell'assistenza primaria basata sullo studio individuale del medico, in favore di forme aggregate ed integrate di organizzazione che consentano, in sedi uniche, la risposta ai bisogni di salute dei cittadini 24 ore al giorno per 7 giorni a settimana. Nello stesso anno il PSN 2006-2008 poneva, tra gli elementi di rinnovamento del SSN, la riorganizzazione delle Cure Primarie da espletarsi attraverso il crescente coinvolgimento dei MMG e PLS nel governo della domanda e di percorsi sanitari che vedono l'integrazione di molteplici figure professionali.
Nel 2007 la legge finanziaria disponeva uno stanziamento di 10 milioni di euro per avviarne la sperimentazione. Nello stesso anno il Ministero della Salute, presieduto da Livia Turco, organizzò un convegno per presentare le caratteristiche e l'importanza della Casa della Salute . Emerge così che tale innovazione è maturata in Italia non solo per i problemi di sostenibilità economica, a fronte della complessità dei bisogni, ma anche per dare piena attuazione ad alcuni principi della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale e successive modifiche (D.Leg.vi n. 502/1992 e n. 517/1999) quali: accessibilità, appropriatezza delle cure, integrazione delle competenze tra le diverse figure di operatori e continuità assistenziale.
Alcune Regioni, in particolare Toscana ed Emilia Romagna, hanno dato particolare impulso alla sperimentazione di tale forma organizzativa attraverso proprie risorse e apposite "linee guida" circa modelli e modalità di realizzazione di tali strutture. Con questa innovazione si guarda pertanto all'efficienza e all'economicità del sistema senza perdere di vista la promozione e il mantenimento della salute dei cittadini.
Come funziona la "Casa della Salute"
La CdS è una struttura vicina fisicamente ai cittadini-fruitori e in essa si concentrano tutti i servizi per le cure primarie con operatori tra loro contigui che si integrano con le diverse competenze e operano sulla base di obiettivi condivisi. In tale contesto vi è la massima compenetrazione dei servizi sanitari con quelli sociali, obiettivo da sempre rincorso nel nostro sistema di Welfare. Il suo funzionamento non è casuale e alla programmazione annuale di servizi e attività, la CdS aggiunge una progettazione di interventi mirati (ad esempio, di prevenzione).
La Casa della Salute si basa pertanto sul rilancio delle cure primarie i cui protagonisti sono i MMG, non più punti di offerta frammentata, ma come "gruppo-guida" protagonista di una azione programmata e consapevole di risposte ai bisogni specifici di salute del territorio. Tutti i medici (anche quelli di continuità assistenziale o di Guardia Medica) che vi operano dispongono di una cartella elettronica condivisa per cui ognuno di essi è corresponsabile di ogni paziente che vi afferisce a qualsiasi orario, anche nelle ore notturne e nei fine settimana.
La Casa della Salute è pertanto quel complesso di servizi che, a partire dalla medicina di gruppo facilita l'accesso e i percorsi assistenziali dei malati di un territorio sub-distrettuale (15-25 mila abitanti circa) e al tempo stesso favorisce pratiche di prevenzione primaria e secondaria e interventi riabilitativi. In tal modo viene garantito il passaggio dalla "sanità" alla "promozione della salute" con lo spostamento del baricentro dell'intervento dall'ospedale al territorio e la corresponsabilizzazione dei cittadini organizzati.
La CdS si basa sul "paradigma dell'iniziativa", ovvero sul principio che sono gli operatori ad andare verso i cittadini con problemi di salute o a rischio di perderla e non invece il contrario ("paradigma dell'attesa"), favorendo l'accessibilità di tutti alle cure primarie. La presa in carico si basa su un'azione concertata e consapevole dei diversi servizi e attori e non sulla somma di questi. Tale organizzazione innovativa delle cure primarie garantisce risposte certe e tempestive e un ricorso ottimizzato a visite specialistiche e a diagnostica strumentale e, soprattutto, garantisce "continuità assistenziale" che per realizzarsi concretamente deve sostanziarsi in un sistema informativo/informatico atto a favorire il passaggio automatico delle informazioni da operatore ad operatore e da servizio a servizio. In tal modo è possibile, da una parte, monitorare le condizioni di salute di un malato e conoscere gli esiti del trattamento che riceve e, dall'altra, misurare l'appropriatezza delle cure e il costo dei consumi di farmaci e prestazioni per tipologie di malati.
Per le sue caratteristiche innovative la Casa della Salute costituisce una risposta più idonea rispetto all'assistenza tradizionale nella cura dei pazienti cronici e maggiormente in grado di adottare il Chronic Care Model - per il trattamento di alcune malattie croniche come diabete mellito tipo 2, scompenso cardiaco, ictus/Tao, BPCO - i cui aspetti di maggior pregio consistono nella conoscenza dei malati (costruzione di "registri dei casi"), nel loro reclutamento e nella loro periodica chiamata ai controlli sanitari per un trattamento programmato da parte degli operatori.
La Casa della Salute con la sua attività ambulatoriale realizza altresì una interazione costante con gli specialisti dell'ospedale, con il servizio dell'assistenza domiciliare e con le strutture per le cure intermedie ("dimissioni potette") e promuove direttamente l'autogestione delle patologie croniche educando l'utenza a stili di vita e di alimentazione corretti - il "paziente esperto" permette una migliore compliance - e rendendo partecipi i familiari (family learning). Inoltre è in grado di attrarre le migliori forze del volontariato organizzato locale come risorsa autonoma e complementare in grado di aggiungere qualità agli interventi della struttura.
Dalle esperienze esaminate nelle prime ricerche sulle Case della Salute sperimentali o di recente fondazione emerge come tale rapporto manchi di sistematicità, è tendenzialmente sporadico o non intrecciato con la programmazione della Casa della Salute . Questa potrebbe fare di più per coinvolgere le organizzazioni di volontariato nelle attività complementari o integrative a quelle socio-sanitarie degli operatori, a partire da una progettazione di interventi condivisi e protocollati. Ciò al fine di elevare al massimo la personalizzazione e l'umanizzazione dei servizi, l'informazione degli utenti circa l'uso degli stessi e la gestione della malattia cronica, l'impegno nella promozione della salute e l'organizzazione di specifiche attività fisiche, come i "gruppi di cammino" o iniziative analoghe che attivino i pazienti con il "valore aggiunto" di un buon livello di socializzazione. Dalle esperienze toscane emerge una collaborazione di ASL e Case della Salute con associazioni che gestiscono le attività fisiche adattate che vengono talvolta proprio prescritte ai pazienti con loro grande interesse e partecipazione.
E' evidente anche l'aspettativa di una riduzione dei costi della salute in quanto la Casa della Salute attua una più capillare ed efficace azione preventiva, una funzione terapeutica mediamente più tempestiva e a minor intensità tecnico-assistenziale, una riduzione dei ricoveri impropri, una spesa farmacologica controllata e uniforme, così come lo è il ricorso alla diagnostica. Se ben organizzata la Casa della Salute riduce altresì le liste di attesa per le visite specialistiche. In questo modo fornisce un contributo essenziale alla sostenibilità del sistema sanitario pubblico e al tempo stesso contribuisce a rivitalizzarlo.
Gli stessi cittadini dimostrano di apprezzare la Casa della Salute dopo aver vissuto la stessa fase iniziale di incertezza o di titubanza dei MMG per il timore, di entrambi, di perdere il rispettivo contatto sul territorio. La testimonianza comune di operatori e responsabili è che nell'immaginario dei cittadini la CdS sia ormai un «punto di riferimento», una struttura riconosciuta, un luogo ben identificabile e vicino in cui trovare risposte a tutti i bisogni di salute che possono essere fornite fuori dall'ospedale.
I pazienti cronici intervistati e i loro famigliari sono d'altra parte consapevoli dei vantaggi della nuova organizzazione che appare per lo più "migliore" di quella precedente in termini di accoglienza, informazione e tempi di attesa più ridotti e si ritengono soddisfatti del loro rapporto con i medici e infermieri, in particolare, per aver sperimentato un rapporto di tipo fiduciario ad elevato valore relazionale (disponibilità, gentilezza, familiarità, fiducia, dialogo), unitamente alla qualità percepita delle prestazioni che li fa sentire tutelati, presi in carico effettivamente.
E' generale anche l'apprezzamento di pazienti e familiari per le informazioni che ricevono sulla malattia, sulla situazione clinica e sulle modalità dell'autocura, oltre all'acquisizione di documentazione e di referti su esami e visite fatte.
La Casa della Salute è anche un luogo di realizzazione degli operatori la cui frase emblematica nelle interviste è «facciamo qualcosa di più e lavoriamo meglio». In primis, dei MMG che si dichiarano soddisfatti della nuova mission e non più solo, o non più tanto, per gli incentivi economici che ricevono, comunque a fronte di risultati tangibili che perseguono (anche nel trattamento dei pazienti con patologie croniche).
«Lavorare insieme» non ha effetti positivi solo sulla presa in carico dei pazienti, ma anche in termini di realizzazione umana e professionale di quanti vi operano.
La figura che più acquisisce responsabilità e compiti è quella infermieristica e viene valorizzata come risorsa strategica nel trattamento dei pazienti cronici. In generale emerge che la CdS permette a ciascun operatore di esprimere al meglio la propria specificità, di realizzare in pieno le proprie competenze in una costante dinamica di confronto professionale con gli altri. Essi si sentono protagonisti dell'esperienza della Casa della Salute.