A differenza di campi come lo sport agonistico, in cui l’incompetenza è manifesta e innegabile, in altri distretti l’incompetenza si manifesta in maniera sfacciata. E ciò accade poiché a queste persone manca una competenza che si chiama “metacognizione”: si tratta della capacità di capire quando non si è bravi in qualcosa, di sapere arretrare di un passo. La perplessità è l'inizio della conoscenza afferma Kahlil Gibran in "Le parole non dette".
E poi c’è l’effetto Dunning-Kruger! Sono i nomi dei due psicologi della Cornell University, David Dunning e Justin Kruger, che hanno studiato quanto sia altamente improbabile che persone disinformate o incompetenti riconoscano la propria o l’altrui ignoranza o incompetenza. Lo studio è del 1999 e in sintesi descrive il fenomeno per cui più si è ottusi e più si è convinti di non esserlo: “non solo giungono a conclusioni erronee e compiono scelte infelici, ma la loro incompetenza li priva della capacità di rendersene conto”.
Così avevo scritto su PLV in agosto commentando il libro di Tom Nichols “La conoscenza e i suoi nemici”.
Esiste indubbiamente un fenomeno che deve essere sempre stato presente nella società umana nei secoli, ma che in questi nostri confusi tempi sembra che si sia amplificato in modo preoccupante. I motivi sono tanti e non ho competenze per entrare nelle delicate e complesse dinamiche che provocano, appunto, “La prevalenza dei cretini”, citando un libro di Fruttero e Lucentini e senza dimenticare il grande Carlo Maria Cipolla, valido economista provvisto di un raro sense of humour ed autore di un piccolo meraviglioso libro, “The basic laws of human stupidity”, edito da The Windmill, in realtà Il Mulino di Bologna!
Tento una spiegazione che è legata invece al motivo per cui oggi siamo in grado di scoprire in modo più evidente rispetto al passato i cretini, i superficiali, gli incompetenti mascherati da supponenti: potrebbe essere dovuto semplicemente alla maggior sopravvivenza! Chissà quanti cretini sono morti “giovani” in passato, quando si viveva in media circa 40 anni, appena in tempo per non essere individuati come tali! D’altra parte Benedetta Barzini pochi anni fa, alla domanda “Qual è la cosa più bella della vecchiaia?” aveva risposto “Poter dire: io questa persona la conosco da 50 anni, pensavo fosse uno serio, impegnato, e invece è un cretino!”
Tornando a Carlo Maria Cipolla. Ho riportato una piccola parte dei suoi princìpi nel mio Malati per forza per far capire ai lettori che… Lavorare bene fa bene a sé e agli altri.
Carlo Maria Cipolla (1922-2000), ironico ed eclettico storico dell’economia, ha scritto qualche decennio fa un piccolo libro arguto e provocatorio che mi ha regalato fra l’altro numerosi spunti di riflessione. In “Allegro ma non troppo” ha affrontato con ironia lo spinoso tema della Stupidità Umana, di cui qui traccerò solamente una delle regole del comportamento da stupidi.
Cipolla afferma che: … una persona stupida è quella che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita. È questa la sua originale terza (ed aurea) Legge Fondamentale della Stupidità, la quale presuppone che gli esseri umani rientrino in una delle seguenti quattro categorie: gli sprovveduti, i banditi, gli intelligenti e, appunto, gli stupidi. I primi, da un’azione che procura un vantaggio agli altri ricevono una perdita, i banditi ottengono un risultato opposto, gli intelligenti riscuotono vantaggi per sé e per gli altri, gli stupidi… due segni negativi.
Insomma, a lavorare male nel nostro campo (in tutti i campi), cosa si ottiene? Da una parte chi opera nella salute, il medico in primis, procura un danno ai pazienti, ai familiari e alle casse smunte dello Stato, dall’altra riceve in cambio sensi di colpa (solo se è in grado di percepirli, con l’augurio che possa trarne un’esperienza costruttiva per un futuro con meno errori) oppure un danno di immagine professionale o le sequele legali che possono derivare dal suo operato.
Vale la pena lavorare male?
Attraverso questa domanda finale vorrei arrivare a tornare a parlare di RESPONSABILITA’, mediante questo scritto che riguarda Codici, pubblicato poche settimane fa: “Forte preoccupazione delle associazioni di pazienti sul tema dei presunti casi di malasanità. Ne parla il Segretario Nazionale di Codici (Centro per i diritti del cittadino) Ivano Giacomelli che invita a guardare la situazione con realismo: non sminuire i casi di cure finite male, ma neppure dimenticare che i corsi di aggiornamento per i medici mettono al riparo tanto i pazienti quanto i camici bianchi. "Si dice che c'è eccessivo clamore sui casi di malasanità. Ogni anno ci sono oltre 35 mila azioni intraprese dai pazienti, ma il 90% dei casi penali e civili statisticamente sono destinati a risolversi in un nulla di fatto. Peccato, però, che ci si dimentichi di spiegare il perché si arriva a questi numeri", afferma Giacomelli. Che spiega: "Grazie alla Legge Gelli, la responsabilità civile è passata direttamente agli ospedali, mettendo al riparo i medici dalle cause intentate nei loro confronti. Ricade tutto sugli ospedali, che si trovano in difficoltà perché non riescono più a trovare compagnie in grado di assicurarli, a causa degli alti costi richiesti e dei rischi a cui vanno incontro". Tuttavia, suggerisce, "invece di sminuire i casi di malasanità, sarebbe meglio impegnarsi affinché non si verifichino, per esempio iniziando a fare quei corsi di aggiornamento ECM finiti alla ribalta perché solo il 54% degli operatori è in regola". Codici ricorda che la Foceo ha annunciato sanzioni a partire dal prossimo anno, "però intanto chissà se ha avviato dei controlli". "Il tempo per lamentarsi e per gridare al complotto non manca mai - conclude Giacomelli - mentre si rimanda sempre quello per affrontare i problemi ed assumersi le proprie responsabilità, con buona pace dei pazienti, costretti a fare i conti con un servizio sanitario allo sbando e perfino accusati quando denunciano casi di malasanità".
Mi rimane qualcosa da aggiungere a quanto ho pubblicato da anni sul mio Facebook professionale ed anche su questo sito il mese scorso nella Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne, a proposito di medici che boicottano la nascita di eventi formativi sul tema scottante (non per alcuni di loro, a quanto pare) della fragilità e delle patologie neurodegenerative degli anziani, invece fortemente voluti dai loro indispensabili collaboratori nelle residenze per anziani: i professionisti “non-medici”. Sono tanti e molto spesso appassionati ad argomenti oramai attualissimi che riguardano. appunto, la vecchiaia, la fragilità e la cronicità, le cadute, la medicina di genere, le demenze, i parkinsonismi e persino le malattie da farmaci!
In tante serate in comuni piccoli e medi in Friuli, dove vivo ed esercito, e pure in altre parti d’Italia in cui sono stato impegnato a parlare di queste tematiche ai cittadini ho visto raramente medici. Persino in qualche corso di aggiornamento ECM ho avvistato alcuni colleghi armeggiare annoiati, e a lungo, col cellulare; li ho osservati anche quando ero io in campo ad esporre, una coltellata al mio narcisismo di mancato motivatore, malgrado un caricatore di diapositive brillanti, non noiose, commentate con sentimento nel tentativo di affascinarli ad argomenti utili nel lavoro quotidiano con e per gli altri.
Uno a caso: “L’apatia è il più frequente disturbo comportamentale nelle demenze, magari in apparenza il meno vistoso e disturbante al confronto con l’aggressività, le allucinazioni, le fughe, i deliri di furto. L’apatia va riconosciuta, colleghi, e non deve essere confusa con la depressione, anche se in molti casi apatia e depressione possono coabitare. I motivi di questa puntualizzazione? Quando l’apatia è “pura” e quindi priva della componente depressiva, la Persona con demenza può apparirvi persino sorridente o comunque serena, non si sente inutile e di peso alla famiglia, non è angosciata e non desidera la morte; ma soprattutto, questo è il messaggio utile, non va curata con gli antidepressivi perché in genere… peggiora! Inoltre, occhio vigile! L’apatia, con o senza depressione, può rappresentare la punta di iceberg di una demenza o di un parkinsonismo, ovvero può apparire mesi o qualche anno prima dei sintomi di esordio di queste malattie. E, non ultimo, potrebbe persino dipendere da un tumore frontale… Chiunque diventi apatico, va studiato con cura”. E lì a raccontare storie reali, a imitare l’apatico col sorriso ineffabile e metterlo al confronto con lo sguardo triste, smarrito, inquieto, allarmato del depresso, a elencare i trucchi del mestiere e a valorizzare le risposte alle domande appropriate fatte per capire. E loro al cellulare…
Mi sono chiesto benevolmente: sapranno già tutto questo ed altro che sto e stiamo dicendo? O non lo sanno ma non gliene frega nulla lo stesso, “tanto… chi vuoi che mi denunci per aver fatto precipitare coi farmaci nell’abulia assoluta e magari nello stato confusionale o nei meandri sconvolti di una mente appannata un demente (lui li chiama così) che per me era solamente depresso?”
Lorena Savastano, una donna coraggiosa e una caregiver di buon senso, ha commentato un mio scritto pochi giorni fa su Facebook: un’assistente sociale spiegava che il ricovero di sollievo faceva tanto bene alla famiglia. Ho posto la domanda: "i pazienti come reagivano al ricovero?" Risposta: "… a volte scappano, e se si agitano troppo si chiama il medico di base e si adegua la cura”. Caro dottore, e io che vorrei battermi perché ai medici di base si facessero corsi di aggiornamenti sull’Alzheimer. Dove andiamo a sbattere contro un sistema che trova normale "adeguare le terapie" fra l’altro pagando perché è un servizio a pagamento?
E sempre pochi giorni fa un mio brillante ex allievo OSS da qualche anno in servizio presso una residenza per anziani mi ha raccontato via web… “Caro prof, oggi ti ho pensato un bel po’: ad un ospite del reparto e dopo varie vicissitudini (deterioramento cognitivo, tremori, cadute, nevrosi inspiegabili, ecc.) è stato riscontrato da un neurologo, finalmente, un parkinsonismo da farmaci. Parenti? Mai visti. Chi dovrei denunciare? Non posso accedere neanche alla terapia, che posso fare?”
Avrò fatto male ad insegnargli che esistono “le malattie da farmaci” anche se sarebbe diventato “solo” un OSS?
Una riflessione ed una esperienza di insegnamento imitando sintomi, segni clinici, malattie e malati (con rispetto). La RESPONSABILITA’ di un insegnante.
Lo faceva il mio maestro Ennio De Renzi a Modena, un grande, e volete che mi vergogni io a imitare un viso inespressivo da malattia di Parkinson, un movimento incerto e goffo, un tremore, una delle varie modalità con cui si esprime una crisi epilettica focale motoria o del lobo temporale?
Un anno fa ho incontrato per strada un’infermiera professionale che era stata mia allieva qualche decennio fa. “Dottore caro, che piacere rivederla! Ascolti, questa devo raccontargliela! Un giorno, saranno passati tre o quattro anni, stavo distribuendo la terapia e mi son dovuta fermare a soccorrere un signore di quarant’anni che si era seduto sul letto malgrado il gesso che gli imprigionava tutto l’arto inferiore destro: aveva lo sguardo appannato, perso e rivolto verso il nulla, non mi rispondeva; qualche suono strano veniva fuori dalla bocca che era in continuo movimento, come se masticasse chissà che cosa. Si sfregava le mani in maniera ripetitiva. Non lo conoscevo perché ero appena rientrata dalle ferie.
Ho chiamato subito altri colleghi e la moglie che era appena uscita fuori stanza…
- “Si, fa queste cose, ora un po’ più spesso rispetto a 5-6 mesi fa quando ha cominciato. Siamo stati dal medico: ci ha tranquillizzati dicendoci che era tutta “tensione per il lavoro”. E ce lo ha ripetuto un mese fa. Temo che questa frattura se la sia procurata in preda ad una di queste cose qui e non credo per nulla che siano da “tensione emotiva”. Ma che sarà?”
Nel frattempo l’uomo aveva smesso di mugugnare involontariamente e si guardava in giro attonito soffermandosi e forse riconoscendo a malapena il volto familiare allarmato della moglie lì davanti a lui. Dopo pochi eterni minuti le ha chiesto: “Mi è successo un’altra volta? Non ricordo niente. Sono stanchissimo”.
- “Potrebbero essere delle crisi epilettiche che “nascono” da qualcosa che irrita il cervello nella profondità di uno dei lobi temporali. Ha preso botte serie in testa? ha avuto interventi chirurgici al capo? Lamenta cefalea o altro?” mi sono premurata di chiederle.
I miei colleghi intanto avevano chiamato il medico di guardia del reparto, ortopedia. Allontanandomi con lui dalla moglie e da altre orecchie gli ho descritto quegli strani cinque minuti ed ho aggiunto: “Dottore, le consiglierei di chiedere almeno una TC dell’encefalo. Vista anche l’età, potrebbe trattarsi di un tumore cerebrale”.
Fece resistenza, e allora gli raccontai che lei, dottore, a scuola ci aveva fatto l’imitazione proprio di queste e di altre crisi epilettiche focali, aggiungendo che se insorgono dal nulla in quelle età di mezzo a maggior ragione vanno indagate con scrupolo e abbastanza spesso rivelano lesioni o tumori cerebrali.
- “Quel rompiscatole di Schiavo! Colpisce anche dopo essere andato in pensione! Ma nel DRG per un ricovero da frattura femorale non sarebbe prevista una spesa per una TC del cranio…”
- “E noi aggiungiamo che ha battuto anche la testa!” esclamai.
Acconsenti, andando lentamente e caracollando per il corridoio a compilare, come di malavoglia, la richiesta urgente di TC. Era un meningioma temporale destro!!! Fu operato e tornò come nuovo. La moglie, guardandoci da lontano, aveva capito che avevo insistito col medico anche più del dovuto … ed è diventata pure una mia amica! Grazie dottore!”
Francesco Guccini ha smesso di scrivere canzoni perché “non ha più niente da dire”. È un esempio di responsabilità e di “continenza”, e in fondo di un’altra parola scomparsa, il pudore. Oggi, in un mondo e in un Paese in cui le voci si fanno sempre più aggressive, si distorcono concetti, fatti e frasi per danneggiare il “nemico” politico (quello che si dovrebbe al massimo ritenere un avversario), lo sguardo sereno e la voce rara e pacata di Guccini che tace per appagamento ci fa sentire migliori. Come scrive Michele Serra su Repubblica: “Chiudere la bocca, aprire le orecchie, ecco il passo indietro – la continenza – che ci aiuterebbe tutti quanti”.
Sul tema fragilità, cronicità, anziani & anziane e farmaci e su quello parimenti complesso delle demenze e dei parkinsonismi in tanti da anni mi dite o scrivete "che non si può fare nulla", che “il nostro medico si disinteressa della mamma anziana con o senza demenza... in quanto anziana” (se é vero, configura il reato di “razzismo dell'età” che si chiama AGEISMO!), che alcuni colleghi non collaborano visitando in modo accurato o non venendo a domicilio o non leggendo gli allegati esplicativi. In qualche caso persino come familiari vi ribellate al mio “chi sa si salva” ribadendo che “non siete tenuti a sapere o a studiare le malattie e che questo è compito del medico” (e ne ho scritto qui negli anni scorsi e in altre mie battaglie ma con pochi risultati). Mi tocca ammettere allora che si fa fatica a superare certi scogli atavici, certi “si è fatto sempre così” anche se non dovrebbero valere per le demenze in quanto patologie “nuove” rispetto alle nostre conoscenze dipendenti dalle rare esperienze di qualche decennio fa, malattie tuttora ampiamente sabotate dalla zavorra dei pregiudizi e dei luoghi comuni, avvertite persino in famiglia come gogna sociale.
Per tutti questi motivi e per altri che nel frattempo devo aver dimenticato per strada, ho deciso di regalarvi tutte le frasi che ho trovato leggendo in giro e che riguardano la RESPONSABILITA’, appunto, una delle parole che sta scomparendo anche dal vocabolario etico insieme a RISPETTO, ASCOLTO, SILENZIO, UMILTA’ INTELLIGENTE, DIGNITA’, PUDORE, COERENZA, RIFLESSIONE, SACRIFICIO, AUTOCRITICA, EMPATIA, DOVERI (ci ricordiamo solamente dei DIRITTI…) e quasi quasi anche CONVALESCENZA. Se ne avete altre da suggerire, commentate pure!
Vorrei però iniziare questo percorso con un inno alla libertà!
Se libertà significa ancora qualcosa, questa è il diritto di dire alle persone ciò che non vogliono sentire. È di George Orwell e si trova all’ingresso degli studi della BBC a Londra!
La dedico a quei rari colleghi e qualche volta a certi feroci genitori di giovani medici che non approvano quanto ho magari appena detto a proposito dello scarso impegno di una parte (esigua?) di professionisti nel campo delle fragilità e delle demenze, criticando appunto il comportamento di alcuni tra loro e non certo dell’intera classe medica. A farli adirare è soprattutto la diapositiva con le severe e appropriate affermazioni di Marco Trabucchi che vedete accanto. Per mia fortuna, in ognuna di queste occasioni sono sempre intervenuti a difendermi, con le loro buone ragioni ed il bagaglio di esperienze subìte, i “non-medici” e diversi familiari presenti…
Adesso andiamo con le mie diapositive che riguardano la RESPONSABILITA’ e che vi ho tradotto in testo!
1. "Esiste una omertà di attenzione, di chi non vuol sapere per non fare la fatica di capire, distinguere, prendere posizione. Il più italiano dei «farsi i fatti propri», in mancanza di un senso dello Stato, è una forma di concorso esterno alla mafia!" Massimo Marnetto.
2. "… Responsabilità è impegno quotidiano, non indignazione saltuaria, non dolore a tragedia avvenuta…". Don Luigi Ciotti
3. L’assenteismo civile. La partecipazione del cittadino alla Cosa Pubblica. Sul Corriere della sera, Dacia Maraini cita ancora Don Luigi Ciotti: "E’ necessario che i cittadini comuni si rendano partecipi della vita pubblica e non siano semplici spettatori".
4. "Che le cose vadano così, non vuol dire che debbono andare così. Solo che, quando c’è da rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare!"
L'immenso Giovanni Falcone, colui che, secondo I VIGLIACCHI, "se l'é andata a cercare"
5. "Nessuno vuole più rispondere di nulla, ma chi scarica sugli altri ogni fardello, nei fatti si dichiara sostituibile e superfluo…". Donatella Di Cesare. Corriere della sera 5 aprile 2015
6.“Se qualcuno crede che per cambiare le cose basti manifestare per le strade, si sbaglia. È necessario che l’indignazione si trasformi in un vero impegno”. Da Non arrendetevi di Stéphane Hessel
7. "Nella vita non bisogna mai arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine. Bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi". Rita Levi Montalcini
8. "Ma dove la presunzione, l’ignoranza e l’arroganza imperano… Perché restare ammutoliti di fronte ad un camice bianco che sta consumando un’ingiustizia solo perché gli si riconosce un alto ruolo sociale, il valore di un “lavoro” di prestigio, pur se usurato dal tempo, dagli errori e dai cambiamenti sociali? Perché guardare al lavoro che fa e non “a come lo fa?"
Ed infine, alleggerisco (per modo di dire!) questo terribile argomento con... Fiorella Mannoia!
Faremo un movimento tipo Ciabattine Rosse? Io o qualche familiare sdegnato si metterà davanti ad un ospedale, un ambulatorio, una residenza per anziani ogni venerdì con un cartello di protesta contro la disattenzione irresponsabile, come Greta?