IN ATTESA DEL PARLAMENTO LA CONSULTA SI PRONUNCIA SUL FINE VITA: la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Comunicato 25 /9/2019 |
Come si muore oggi in Italia? Le morti improvvise, quelle che ci colgono, giovani od anziani che si sia, sono relativamente rare, certo non più di un venti per cento sulla totalità dei decessi, l’altro ottanta per cento sono dunque morti annunciate dovute a patologie inguaribili o ad una serie di policronicità proprie dell’età avanzata. Come muore questo ottanta per cento di noi? Nella stragrande maggioranza, ancor oggi, in ospedale, dopo un percorso spesso annoso di ospedalizzazioni sempre più dolorose e debilitanti, così, fino alla fine. Ma questa fase estrema della nostra vita, il morire, non è meno importante degli anni che la precedono e poter viverla bene, nel rispetto delle nostre scelte sulle cure, vedendo rispettata la nostra dignità, significa vivere bene e rispettare la vita!
Da non molto abbiamo in Italia una legge 219/2017 Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento in vigore dal 31 Gennaio 2018 che, se conosciuta ed applicata, può aiutarci non poco per morire meglio di quanto ancora tragicamente accade ma di essa dirò più avanti.
Oggi l’urgenza è oggi rappresentata da una data che incombe, il 24 Settembre quando cioè la Corte Costituzionale dovrebbe riunirsi per discutere della costituzionalità o meno dell’articolo 580 del Codice Penale che accomuna l’aiuto al suicidio all’istigazione al suicidio punendoli entrambi con 5-12 anni di carcere.
Come è noto la richiesta di costituzionalità dell’aiuto al suicidio fu sollevata dalla Corte d’Assise di Milano in seguito al caso Cappato-Fabiano Antoniani. Il giovane versava, in seguito ad un tragico incidente avvenuto nel 2014, in gravissime condizioni di disabilità e fu accompagnato in Svizzera nel Febbraio 2017 da Marco Cappato per ottenere quella rapida morte a cui aspirava.
La Corte Costituzionale, con l’Ordinanza 207/2018, non rispose direttamente al quesito ma affermò che “(…) l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguate tutele determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti..” La Corte terminava quindi col dire che dava un anno di tempo al Parlamento per legiferare nel merito e fissava al 24 Settembre 2019 il termine e la data della sua prossima udienza per pronunciarsi nella questione dell’articolo 580 Codice Penale.
Come è noto il Parlamento ha lavorato nelle Commissioni riunite Giustizia ed Affari Sociali della Camera per molti mesi ma non è riuscito ad approdare ad un testo condiviso e già prima della crisi di governo dell’ 8 Agosto il Presidente della Camera Fico aveva deciso di espungere l’argomento “fine vita” dal calendario di Settembre.
Nell’approssimarsi del 24 di questo mese importanti iniziative hanno visto la luce.
Il 9 Settembre si è svolto a Roma il Convegno "Per il diritto al suicidio assistito, un’urgenza non più rinunciabile" organizzato da Consulta di Bioetica e Uaar con sostegno di numerose Associazioni tra cui Libera-Uscita. Al termine del Convegno è stato lanciato un Appello alla Consulta affinché riconosca l’illegalità della parte dell’art. 580 del codice penale dove il reato di istigazione al suicidio è equiparato a quello d’aiuto al suicidio.
Dopo due giorni, l’11 Settembre, sempre a Roma si è tenuto, già annunciato da mesi, un Convegno presieduto dal Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Cei. In questo caso l’Appello è stato rivolto alle Istituzioni, al Parlamento, perché non attenda il verdetto della Consulta ma ponga mano immediatamente ad una norma che proibisca il suicidio assistito, non solo, ma che vada pure a modificare la legge 219/2017 prevedendo quanto meno l’obiezione di coscienza per i medici che non intendono rispettare le volontà di chi, rifiutando tutte le terapie comprese quelle salva-vita, sceglie di morire accompagnato solo da cure palliative e del dolore.
Cosa succederà? Difficile dirlo. Già si ha notizia che parlamentari del PD si stanno muovendo per riaprire in Parlamento il dibattito ma trovano la non condivisione del M5S che preferirebbe attendere la sentenza della Consulta, nella speranza della depenalizzazione dell’aiuto al suicidio.
Il M5S è sempre stato favorevole non solo al SMA (suicidio medicalmente assistito) ma anche all’eutanasia dove è il medico che, su richiesta della persona, ne anticipa il decesso con un’iniezione di sostanza letale.
Nelle possibilità vi è che vada in porto un disegno di legge, ad oggi poco conosciuto, prima firma Sen. Marcucci, capogruppo PD in Senato. Il Disegno di legge, frutto dell’iniziativa dell’On. Maria Antonietta Farina Coscioni ha avuto il sostegno di Libera-Uscita. Interpretando le parole della Consulta, vi si prevede la depenalizzazione del suicidio assistito solo per casi di gravissima, irreversibile disabilità e sofferenza quale era quella di DJ-Fabo, di persone cioè che, potrebbero già, grazie alla legge 219/2017 (art.2) rifiutare tutte le terapie anche salva-vita e morire con una sedazione palliativa profonda continua ma che preferiscono una morte più rapida con l’assunzione di una sostanza letale. Non sarebbe un gran passo avanti ma certo un altro piccolo, significativo passo verso quel diritto a decidere il dove, il come e il quando morire auspicato, già tanti anni fa, da Indro Montanelli.
È vero che molti temono il “pendio scivoloso” ed è giusto ascoltare anche queste voci non dimenticando mai però che, in certi casi, davvero “sperare di morire è l’ultima speranza”.
Ma, come più sopra dicevo, la legge alla quale oggi è importante guardare è la 219/2017, una legge di pochi articoli fatta per essere facilmente compresa e che meriterebbe d’essere conosciuta nella sua interezza perché getta le basi per il pieno riconoscimento dell’autodeterminazione terapeutica, del nostro diritto cioè di decidere sempre e comunque quali terapie accettare e quali rifiutare, diritto a cui si aggiunge quello di non essere mai abbandonati ma sempre assistiti con le migliori cure palliative e del dolore (vedesi l’art. 2 della legge) fino alla sedazione palliativa profonda continua.
Purtroppo molta confusione è stata fatta e si fa circa la sua attuazione. La Legge è in vigore dal 31 Gennaio 2018 e non si attende nessun Decreto attuativo come da più parti si dice a sproposito. Per quanto riguarda le DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento), tutti gli Uffici d’Anagrafe sono tenuti a riceverle, a conservarle e a dare copia di ricevuta di avvenuto deposito. La ricevuta può constare anche semplicemente nella fotocopia delle DAT con timbro dell’Ufficio. Naturalmente è possibile depositarle anche presso il Notaio, pagando la relativa parcella. Ciò che manca ancora è la Banca dati nazionale, detto anche Registro telematico nazionale delle DAT. Certo un servizio utile di cui auspichiamo l’apertura ma non veramente indispensabile per il funzionamento della legge. Le nostre DAT sono valide, il nostro Fiduciario deve sempre averne una copia da presentare ai medici nel momento del bisogno e noi stessi dovremmo tenere nel portafogli un biglietto con scritto dove abbiamo depositato le nostre DAT, chi è il nostro Fiduciario ed il suo recapito telefonico. Ripeto, l’unica cosa che si attende è il Decreto istitutivo della Banca dati nazionale delle DAT che deve venire dal Ministro della Salute. Tale Banca dati dovrebbe consentire a tutte le strutture pubbliche e private di poter subito, al momento del ricovero di una persona in stato di non coscienza, sapere se ha depositato una DAT, dove si trova, quale il nome del Fiduciario se è stato nominato. Certo, in futuro è sperabile che le nostre DAT possano essere direttamente inserite nel Fascicolo Sanitario Elettronico.
Un’attenzione particolare dovremmo riservarla all’art. 5 Pianificazione condivisa delle cure, un articolo di cui poco si parla ma di grande importanza proprio per quell’ottanta per cento di noi che morirà per un decesso annunciato da tempo. Quest’articolo, lo dice bene il nome, prevede che tutto il percorso terapeutico sia frutto di una stretta relazione tra il curante ed il curato, sino a prevedere le possibili cure da accettare o rifiutare in un eventuale stato di sopraggiunta incapacità d’intendere e di volere. A questa pianificazione condivisa il medico e l’équipe sanitaria sono tenuti ad attenersi. Tutto rigorosamente inserito in Cartella Clinica.
In conclusione che dire? Proprio l’attuale generalizzata dipendenza dalla medicina, da una medicina sempre più tecnologizzata che crea cronicità e terminalità sempre più estesa è prodromica alla necessità di garantire alla persona la possibilità di decidere quando porre un termine a percorsi medicalizzati spesso fonte di sofferenze fisiche e psicologiche insopportabili. Le Cure Palliative sono una risposta che certo va diffusa e conosciuta per morire più degnamente ma, come ci ricorda nel suo bellissimo libro “Saper morire” il Prof. Gian Domenico Borasio, tra i più illustri palliativisti europei: “ (….) ci sarà sempre qualcuno che si augura la morte”.