“A furia di tossire ad un certo punto di notte sbottò di sangue dalla bocca” mi disse la moglie del gommista di Pachino mentre aspettavo che il marito mi mettesse a posto la ruota della vecchia macchina di mia zia, una gloriosa R 5 dal colore vago (culùri di cani ca curri… “colore di cane che corre” si diceva dalle mie parti per tentare di descrivere l’incertezza del colore di qualsiasi cosa passasse davanti ai nostri occhi più o meno velocemente oppure fosse in possesso di un colore indefinibile e cangiante al mutare della luce della giornata: e in questo caso si trattava del colore indefinibile della R5 della zia). L’uomo era stato costretto a riaprire la sua attività di gommista perché quella mattina di gran caldo lo avevo a lungo pregato, anzi supplicato, di aiutarmi. La moglie, chiedendomi che lavoro facessi al nord, aveva scoperto che ero medico, anche se “solamente” un neurologo: in certe aree del mondo il mio lavoro è stato spesso confuso con quello dello psichiatra e dello psicologo, gente da tenere lontano con il loro intero bagaglio di strane malattie. Malgrado una certa reticenza iniziale mi aveva raccontato di suo marito sessantottenne che come unica malattia aveva un’ipertensione arteriosa, che il medico di famiglia aveva riscontrato quasi un anno prima, consigliandogli un farmaco. E proprio da circa un anno l’uomo aveva cominciato a tossire, di notte soprattutto. Una visita dal medico, uno sciroppo, un’altra visita, altro sciroppo, fino alla fatidica notte in cui dopo un altro impeto di tosse sputò sangue. Ricovero, accertamenti, anche quelli fastidiosi qual è una broncoscopia, esame che comunque permise di scoprire un piccolissimo angioma vicino ad una corda vocale e nulla più. Prescrizione di osservazione e riposo, ma la tosse continuò. Altro ricovero in una struttura pneumologica più grande al nord: stesso responso e stessi consigli.
E qui, dopo 3-4 mesi di tosse, è arrivata la mia gomma forata in piena estate. Malgrado la voglia matta di tuffarmi in mare, non mi sentivo di abbandonare al suo destino una persona che alle mie suppliche si era dimostrata alla fine disponibile e gentile. Entrai in casa e così esaminai la documentazione medica. Fui subito colpito da un dato: l’uomo assumeva un ipotensivo della classe degli ACE-inibitori (Enapren, Naprilene, Converten, Enalapril e numerosi altri nomi commerciali), farmaci molto in uso anche se in parte scalzati dai “nuovi” sartani. Spiegai ai due esterrefatti coniugi che quel farmaco era molto probabilmente il responsabile della tosse e che la perdita di sangue era avvenuta per gli eccessivi sforzi nel tossire che avevano provocato presumibilmente la lacerazione del piccolissimo angioma, il quale sarebbe rimasto lì tranquillo se nessuno lo avesse disturbato. Era una ipotesi praticabile e per giunta in modo semplice: richiedeva la sospensione del farmaco sospettato e la sostituzione con un altro, un diuretico, un calcio-antagonista o, appunto, un sartano (che presenta questo evento avverso ma con minore incidenza). Ad avvalorare la mia ipotesi poteva essere di supporto un elemento aggiuntivo: il gommista era un buon consumatore di peperoncino rosso (capsicum). Questo alimento faceva aumentare il rischio di tosse se abbinato agli ACE-inibitori! Scrissi queste cose al loro medico su un comune foglio bianco con la réclame di una marca di pneumatici, aggiungendovi il mio numero di cellulare e la mia mail per garanzia di serietà professionale, vista anche la mia tenuta balneare. Si fidò. Dopo pochi giorni il gommista stava bene… e ne ho le prove: passati due mesi mi è arrivato a casa, nel lontano nord-est, una lettera di ringraziamento abbinata ad un pacco con dentro ogni bendidio da mangiare.
Storia Clinica 2 contenuta in Malati per forza. Gli anziani fragili, il medico e gli eventi avversi neurologici da farmaci (Vega -Maggioli editore- 2014)