Oggi si parla molto delle attività di infermieri, medici, di chi lavora in ospedale, si tengono convegni con nomi illustri in grandi città, ma gli operatori socio-assistenziali (OSS), gli animatori, gli infermieri e i coordinatori responsabili delle CRA non ci sono...probabilmente troppo impegnati in prima linea a tenere su i servizi. Eppure tutti loro sono stati gli attori protagonisti, insieme agli anziani, dell’evento che in questo anno e mezzo ha scosso le Case Residenze Anziani (CRA) (1)...l’arrivo del virus Sars COVID-19 e le sue nefaste conseguenze.
Un virus che ha trascinato in un vortice i nostri servizi socio- assistenziali, si è insinuato nelle vite di tutti noi e prepotentemente nei luoghi dove vive la popolazione più fragile: gli anziani, colpendo le CRA e le RSA.
Gli operatori che lavorano in queste strutture sono stati magnifici, hanno dato tutto quello che potevano e forse di più... si sono fatti doppi turni per sostituire il collega ammalato, hanno rimpiazzato gli infermieri nelle competenze che consentiva loro il profilo OSS, si sono ammalati a loro volta, ma appena hanno potuto sono tornati subito al lavoro, perché gli anziani nella casa Residenza sono anche un po’ gli anziani di tutti noi. L’animatrice, la terapista della riabilitazione le responsabili delle attività assistenziali (RAA), la coordinatrice, tutti hanno fatto il loro lavoro ed anche quello di altri sostituendo, affiancando, stravolgendo l’organizzazione del lavoro per garantire la migliore assistenza possibile nell’emergenza.
Personalmente ho vissuto i primi mesi del 2020 con la preoccupazione e l’ansia che il maledetto virus potesse entrare nella struttura, dove lavoravo (2) così non è stato per fortuna durante la prima ondata. Poi nell’estate nulla è successo ed abbiamo tirato un sospiro di sollievo, sperando che fosse tutto finito, così siamo arrivati a fine anno, ma la seconda ondata ci ha travolti, nonostante la messa in campo di tutti i presidi opportuni: guanti, mascherine, gel, igienizzazioni continue delle nostre mani, degli ambienti e degli ausili e di tutto ciò che ci circondava.
Così è iniziato il “delirio Covid”...in pochi giorni da un caso positivo dopo aver fatto tamponi a tutti, siamo arrivati ad otto casi ed abbiamo iniziato a trasferire gli anziani contagiati per separarli dagli altri.
Dal mio diario: “In struttura c’è un panico controllato, si spostano gli anziani anche 5/6 in un giorno, questo mi fa pensare a chi scappa dalle guerre, a chi emigra, a chi deve lasciare la propria casa portando via solo l’indispensabile...così devono fare i nostri anziani dalle loro stanze.
Oggi la Sig.ra B. deve lasciare la sua camera, è molto angosciata, sa di essere positiva, le dico per tranquillizzarla, che è una portatrice sana del virus non avendo sintomi e non è detto che si ammalerà. Dovrà andare al piano di sopra , in quarantena, perché potrebbe contagiare gli altri. Per fortuna tutti quelli che spostiamo per ora non hanno sintomi!! B. insiste, non riesce a capire perché deve andarsene dalla sua camera visto che sta bene. B. sembra rivivere il momento in cui ha dovuto lasciare la sua casa, un anno fa, dopo aver sgombrato il suo appartamento, una casa popolare, in quanto peggiorata di salute e dopo un ricovero, essendo sola, doveva trovare una sistemazione. “Dobbiamo andare” le dico, così prendo un cambio, la trousse, la dentiera , la collana, gli occhiali e in carrozzina con lei in lacrime percorro il corridoio portandola via, cercando di consolarla dicendole che sarà per pochi giorni...resterà in isolamento quasi 2 mesi”
Così è stato per tanti anziani nei giorni a seguire, molti si sono ammalati, qualcuno è guarito, qualcuno ci ha lasciato senza poter vedere, se non in video, i parenti. Nessuno poteva entrare e chi usciva lo faceva dentro a sacchi neri.
Tutto questo gli operatori non lo possono dimenticare ed ancora se lo portano dentro, la mia preoccupazione ora è questa: ce la faranno gli OSS, gli infermieri, l’animatrice, la fisioterapista, il personale sanitario a reggere una nuova ondata?
Come operatore in prima linea quello che ho capito è che quando sei lì nel vortice pieno, e devi fare tutto il necessario, trovi delle energie che neanche pensavi di avere, non sempre riesci ad essere prudente, per esempio non ti preoccupi neanche che puoi ammalarti tu, si fa quello che va fatto, a tutti i costi, per proteggere i nostri assistiti. Si eseguono tutte le procedure previste nei protocolli operativi, anche se qualche dubbio a volte lo abbiamo avuto sulla loro reale efficacia.
E cosa è rimasto oggi delle nostre Case Residenza, i luoghi dove l’assistenza sociale era un punto di forza, che insieme all’animazione, rendeva la struttura un ambiente vivibile, quasi casa?
Oggi le CRA somigliano sempre di più a reparti ospedalieri per lungo degenti, rigidamente separati dalla vita esterna, visitatori, volontari,famigliari compresi.
Penso che non sia quello che vogliamo noi operatori sociali per i nostri servizi e per le CRA.
Credo che dovremmo trovare un altro modo di essere una casa (che tutela?), senza essere lungodegenza.
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Note
(1) CRA: Casa residenza per anziani è la denominazione della Regione Emilia Romagna delle strutture residenziali per anziani non rientranti nelle RSA
(2) La CRA “Vignolese” gestita dal Comune di Modena