L'emergenza CoVid-19 ha rappresentato un evento catastrofico ed inaspettato cui ognuno di noi ha dovuto far fronte. Un'esperienza surreale, che lascerà per sempre solchi profondi nell'animo di coloro che lo hanno vissuto in prima persona nella sua drammaticità. Il lockdown, l'isolamento, i sentimenti da reprimere...per un attimo, è stato come se tutto si fermasse...
E il dopo? La graduale ripresa, le informazioni incerte, le relazioni che ancora non ripartono...
Ma, se è stato così devastante per noi, come può aver inciso sulla vita delle fasce fragili? Quanto può essere stato deleterio, ad esempio, per le persone affette da demenza?Siamo Alida e Sabrina, educatrici di Villa Serena, RSA dell'Oltrepò Pavese e isola felice no-CoVid, poiché l'incubo non ci ha toccato dall'interno.
Abbiamo lavorato duramente per proteggere la vita dei nostri ospiti, nonché compagni del nostro vivere quotidiano. Ci siamo spesso chieste come queste persone affrontassero tutto ciò. Il nostro intento è sempre stato di proteggerli e tenerli al sicuro da ciò che avveniva fuori, ma non sempre è stato facile far coincidere la salute fisica con la qualità di vita percepita.
In particolar modo, ci facciamo un milione di domande quotidianamente sull'universo Alzheimer, sia dentro che fuori struttura.
Abbiamo un nucleo protetto di 36 posti letto e seguiamo alcuni utenti a domicilio attraverso la misura "RSA Aperta", affetti proprio da questa patologia, come il sig. Zanotti, protagonista proprio di alcune pagine di “PerLungaVita”.
Incrociando esperienze e racconti, oggi siamo qui per dirvi…BASTA LAMENTARCI!!!
Cerchiamo solo per un attimo di capire che, per quanto questa esperienza possa essere stata dura per noi, gente “normale”, con accesso a tutta una serie di facilitazioni, potete immaginare tutto questo condito da una buona dose di disorientamento?? Vorremmo farvi riflettere su ciò che potrebbero essere le percezioni di un malato di Alzheimer ai tempi del Coronavirus. Non vi offriamo risposte, solo interrogativi per indurvi a pensare:
1. PROTOCOLLI VS VITA REALE
Isolamento? Da casa, tutti l’abbiamo provato, ma potevamo trovare ogni scusa per uscire …passeggiata col cane, farmacia, spesa di routine più le puntate improvvise…tutto per mantenere le nostre pseudo-routines egoistiche quotidiane, eppure a noi è sembrato di vivere una punizione, nonostante i suoni dell’ambulanza che passava continuamente ricordasse la nostra dimensione umana.
Ci è sembrato quasi una punizione stare a casa con i nostri affetti e dover passare tanto tempo con loro, impresa impossibile in altri momenti di normalità!
In RSA abbiamo dovuto applicare i protocolli dettati dai regolamenti in vigore, che inizialmente pretendevano quasi trasformassimo i nostri tempi e spazi di pace, come se invece fossimo stati strutturati per i tempi “di guerra”.
La RSA prima di tutto è una casa per i nostri ospiti, non un reparto ospedaliero. Spiegate ad un anziano che ha fatto la guerra, è sopravvissuto alla spagnola, che ha lavorato e lottato una vita per godersi i suoi ultimi anni serenamente, che, da questo momento in poi, non potrà più andare a pranzo a casa dei suoi familiari, non potrà mantenere vivo quel senso di famiglia rimasto, non potrà neanche più condividere certe attività all’interno della Struttura, con ospiti di altri reparti, con cui magari aveva stretto amicizie significative, per rispettare al massimo il distanziamento sociale.
Siamo stati spesso accusati di essere i “cattivi”, gli “insensibili” davanti alle richieste di “strappi alle regole”. Solo chi l’ha vissuta personalmente può dire quanto, affettivamente, è pesato far rispettare le regole.
2. MASCHERINA? CHE DRAMMA (molto più che per voi)!Se a tutti noi questa mascherina, che ci accompagna a lavoro, quando facciamo spesa, e ovunque andiamo, pare così intollerabile, per un malato di Alzheimer equivale ad una vera e propria tortura. Farla indossare ad un malato? Certo, mettendo però in conto di amplificare all'ennesima potenza la confusione ed il senso di costrizione di persone già di per sé fragili...e poi, come glielo spieghiamo il perché? e ogni quanto? Come aiutarli a nominare le sensazioni negative che questa costrizione provoca, in presenza di deficit di comunicazione e/o cognitivo?
Se invece è il caregiver ad indossarla...che ne è del riconoscimento della persona, oltre che della mimica e dell'espressività di cui un malato di Alzheimer non può fare a meno? Per esperienza, si impara a sorridere con tutto il nostro essere… con gli occhi, per tentare di mantenere il contatto, anche se non è la stessa cosa. Il signor Zanotti, malato un po’ anomalo, è stato in grado di confermarci questa problematica, con la solita lucidità che lo contraddistingue, nonostante i suoi 8 anni di malattia.
I nostri utenti hanno una sensibilità straordinaria e mostrano tanta comprensione nei nostri confronti... esatto, ci comprendono! Molto più di quanto noi spesso comprendiamo loro. Ed imparano ad accettarci, seppur con i nostri volti visibili solo a metà.
3. E SE MI MANCHI?
Gli affetti, le relazioni sono una parte fondamentale della vita di ognuno di noi. In fase di emergenza, la chiusura della Struttura alle visite esterne ci ha permesso di preservare tutti e 87 i nostri ospiti. Ma, se ad un ospite cognitivamente integro è stata dura spiegare che improvvisamente e indeterminatamente non avrebbe più potuto ricevere le visite dei propri cari, come fare per i malati di Alzheimer? Anche la videochiamata, strumento fondamentale per comunicare sia privatamente con gli amici, sia al lavoro per accorciare le distanze con i familiari, è un concetto veramente al limite dell'astratto per una persona affetta da demenza (se non riesco a riconoscere un volto dal vivo, come posso riconoscere qualcuno dentro ad uno schermo? e come ci è finito, lì dentro?!). Telefonate? Idem, non sono per tutti...
L'unica nota positiva che abbiamo potuto constatare è che, per assurdo, gli utenti ricoverati sono stati meglio di quelli a casa, e sapete perché? A causa della patologia, la percezione del tempo che passa è stata ed è sempre piuttosto indefinita, perciò nel nucleo non si contano i giorni, la dimensione temporale è rimasta in una sorta di pausa... dicono ai loro parenti nella loro infinita dolcezza "è un po’ che non ci vediamo..." e sono sereni, attendono pazientemente, ma vivono nel qui ed ora.
Imparassimo tutti noi a vivere da Alzheimer, momento per momento, in modo pieno e godendoci il presente, forse ameremmo più autenticamente il vivere quotidiano...
4. PERCHE’ NON POSSO ABBRACCIARTI?
Il malato di Alzheimer è fisicità, impulsività, è pura essenza...ha bisogno di contatto e di sentire la vicinanza di chi si approccia con lui. Come è possibile spiegargli che non ci si può abbracciare, coccolare, stringere la mano? È stato difficile inizialmente, e lo è ancora di più ora, che, lentamente, si cerca di tornare ad una cauta normalità e si ricominciano le visite...da noi si svolgono in modalità protetta, con una di noi educatrici a "vigilare" e garantire la distanza fisica e l'assenza di contatto. Quando tutto ciò riguarda un Alzheimer, è straziante non poter giustificare il rifiuto di un abbraccio, è qualcosa che a noi fa un po’ morire dentro. Sappiamo però che è per il loro bene, e continuiamo su questa strada. Non possiamo cambiare questa regola, ma possiamo cercare di comprenderli, e questo è il lavoro più bello che noi tutti possiamo fare, per loro e per noi stessi. Un po' di sensibilità non guasta mai!
4. VIETATO USCIRE!
Avete mai provato a volervi muovere, a voler andare e sentire che qualcosa vi trattiene? O, se vi formicola un arto, riuscite a stare immobili aspettando che passi? Con quanta trepidazione vivete questa attesa? Il malato di Alzheimer a casa propria, pensiamo abbia vissuto e viva così questa chiusura… La maggior parte di loro presenta quello che si chiama “wandering”, vagabondaggio… La libertà di muoversi e di vivere l’ambiente è una necessità.
Anche in questo caso, la RSA ha fornito risposte più adeguate rispetto a coloro che vivono al proprio domicilio. La possibilità di avere a disposizione comunque spazi protetti, interni ed esterni, in cui sfogare questo bisogno di muoversi, ha fatto sì che si sentissero meno costretti. Zanotti, da casa, ha vissuto il lockdown come una vera e propria prigionia. Dopo la paura, “…non sono più spaventato, sono incavolato nero!”… Per chi, come i malati di Alzheimer, si ciba del contatto con gli altri e con il contesto, è a dir poco deleterio questo allontanamento da tutto…con ricadute inevitabili sulle capacità fisiche/funzionali, e non solo.
5. "POVERO ME", “NON RIESCO PIU' A...”
Le ricadute negative frequentemente hanno portato a patologie depressive (le abbiamo avute noi, perché un anziano dovrebbe esserne esente?), e queste, a loro volta, hanno sempre implicazioni sull’aspetto cognitivo. L’Alzheimer, come ogni altra forma di demenza, procede a tappe, o a stadi. Di nuovo, in RSA la vita è stata scandita dalle solite routines e poco è cambiato per i nostri ospiti, che, a distanza di qualche mese dall’inizio dell’emergenza, fortunatamente sono in generale sempre gli stessi, psico-cognitivamente parlando.
A casa, invece, in tanti hanno purtroppo fatto il “salto” di stadio. Più rallentati, più confusi, più tristi. E riprendere ciò che si è perduto è un’impresa spesso impossibile.
Riusciamo a capire quanto siamo fortunati ad avere risorse per il nostro vivere quotidiano, nonostante l’emergenza CoVid?
Vi abbiamo riportato questi pensieri perché ognuno di noi mediti.
Perché la smettiamo tutti di lamentarci e impariamo a “vedere e sentire” anche gli altri, uscendo un po' dal nostro auto-centramento.
E ad avere rispetto per la vita, sempre, in tutte le sue forme e manifestazioni. Concludiamo con un pensiero del regista Mazzacurati:
“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre.”
Da Villa Serena per ora è tutto. Viviamo il presente ed andiamo avanti insieme, indossando ogni giorno il più bello dei sorrisi!
Grazie per l’attenzione,
Alida e Sabrina
L'Alzheimer ai tempi del CoVid
- Autore/rice Sabrina Poggi
- Categoria: Operatori, Servizi, Formazione