Cosa ci dicono, tra le altre cose, le tristi cronache degli ultimi due mesi?
Che i vecchi sono, ancora e sempre più spesso, le vittime preferite e più facili del nuovo millennio. Un po’ come sparare sulla croce rossa: troppo facile!
Facile continuare a discriminare la categoria e bollare la pandemia come un’influenza (che errore!) che “fortunatamente” produce effetti nefasti solo sugli anziani.
Ma tant’è: un po’ il malefico virus, un po’ la dissennatezza delle generazioni successive (quelle, tra parentesi, che dovrebbero essere più lucide, più pronte, quelle a cui in poche parole affidiamo la sicurezza e la protezione dei vecchi) al momento – è il 7 aprile 2020 – su un totale di 14.860 vittime, 14.114 sono persone di più di 60 anni (1)
E tra queste, 1.443 “risiedevano” in strutture “assistenziali” (2).
Anche senza voler creare polemiche – che pure sarebbero sacrosante – sul “risiedere” in una struttura “assistenziale”, facciamoci qualche domanda per agevolare la dimostrazione che, ancora una volta i vecchi sono vittime di discriminazione e di una consuetudine assistenziale/residenziale che cura gli interessi di tutti tranne di chi dovrebbe proteggere.
Perché è successo che le case di riposo sono diventate delle fabbriche di morti che lavorano a pieno ritmo?
Come è stato possibile per il virus entrare nelle case di riposo?
Ora, da che mondo è mondo, gli anziani che “vengono istituzionalizzati” (che orrore), difficilmente si alzano la mattina, si vestono e vanno a fare un giro in centro. Solitamente, se pensiamo alle fasi iniziali di questa elettrizzante avventura (nella grandissima maggioranza dei casi) all’anziano viene immediatamente messo un pannolone (e chiamiamolo con il suo nome, altroché presidio igienico) e gli viene intimato di non alzarsi dalla sedia perché c’è il pericolo di cadere, il personale è poco e non c’è tempo da perdere dietro ad un vecchio che chiede di andare in bagno o far due passi (parole del responsabile di un’ATS lombarda dette alla scrivente). Quindi figuriamoci andarsene in giro per la città. Ma vogliamo scherzare?!
Quindi, se gli anziani in casa di riposo di fatto vivono una situazione di domicilio coatto, il virus entra con le persone che invece dalla struttura vanno e vengono senza problemi: i parenti e coloro che in casa di riposo ci lavorano.
Ora, i parenti già sono poco assidui per loro natura (qualche rara eccezione a parte) e da quando la pandemia è esplosa, anche a quei pochi l’accesso viene negato. Rimangono quindi le persone che all’interno della CdR lavorano.
E in effetti, qualche pallido accenno agli operatori che, già positivi, hanno contagiato gli ospiti, qualche incauto giornalista l’ha pure fatto. Subito incalzato dai sindacati che chiedono più protezione per i lavoratori delle strutture residenziali! Ma come? Da cosa devono essere protetti?
Si certo, mi verrebbe da rispondere: una buona parte di loro dovrebbe essere protetta dalla immensa superficialità che fa considerare inutili i dispositivi di sicurezza (in questo caso sanitaria), che li rende sordi ai numerosi richiami di attenzione.
Protetti dalla grossolana imperizia che li rende ciechi di fronte alla fragilità delle persone che dovrebbero assistere.
Protetti dalla poca professionalità e sensibilità che li rende incapaci di rispetto e attenzione e incapaci di stratagemmi che, pur nella scarsità di risorse, li potrebbe mettere al riparo. Loro e le persone a loro affidate.
E non mi riferisco solo agli operatori di base.
Nessun dubbio che le istituzioni nazionali, prese da questa ecatombe inimmaginabile, abbiano dedicato poca attenzione alle case di riposo. Eppure, il fatto che gli anziani fossero tra le categorie più fragili era stato da più parti evidenziato.
E nemmeno si capisce per quale motivo gli operatori di base, gli infermieri ed i medici che lavorano in ospedale siano obbligati a misure di protezione che invece nessuno chiede per le stesse mansioni nelle case di riposo.
Ma è davvero così difficile per chi lavora in struttura trovare il modo di ovviare a queste distrazioni? Così difficile inventarsi dei mezzi di fortuna per costruirsi delle mascherine? I social – tanto frequentati – sono pieni di tutorial e anche la più piccola cosa sarà meglio di niente. Così difficile pensare che se lasciamo le scarpe fuori da casa nostra, le lasceremo anche fuori dalla casa dove sono costretti (troppo spesso loro malgrado) gli anziani? Così difficile pensare che anche gli abiti che indossiamo possano essere infetti e che sarebbe meglio separarli dagli abiti di lavoro? (tra l’altro mi sembra che questa sia una disposizione obbligatoria e comunque è la prima cosa che è stata detta in TV, dalla Protezione Civile e tra un po’ anche dal panettiere)
Ma bisogna proprio dir tutto, perché non siamo più capaci di pensare?
Io non credo che sia così: di pensare siamo capaci, eccome! Solo che i pensieri sono stati distratti rispetto alle cose che contano.
Eppure in alcune case di riposo (per la precisione a San Vito di Pordenone e a Rimini)(3), vista la mala parata, alcuni dipendenti hanno deciso di chiudersi dentro insieme agli anziani. Tutti negativi, hanno pensato di proteggere e proteggersi mettendosi in quarantena volontaria insieme agli anziani. Perché questo non poteva succedere anche nelle altre strutture?
Ho sempre pensato che i momenti di cruciale e improvvisa necessità, sono i momenti che fanno emergere eccellenze e criticità. Ecco, nel caso delle strutture residenziali, tutti i rilievi e le puntualizzazioni che negli anni sono stati sollevati da più parti e sono tristemente caduti nel vuoto, ora mostrano con forza la loro verità: il sistema delle case di risposo DEVE essere ripensato e modificato. Così non funziona. Per nessuno.
La regolamentazione del loro funzionamento non può limitarsi alla definizione degli spazi e dei minutaggi di assistenza (come se poi tutti gli anziani fossero uguali e avessero identiche necessità!). Non si può prescindere dai controlli sulla qualità dei servizi di assistenza, sull’adeguatezza del personale – tanto in numero, quanto in professionalità e prontezza – sull’effettiva cura, sulle terapie e le riabilitazioni. Su tutto quello che viene comunemente definito servizio alla persona.
E non si cada nel trabocchetto di formare commissioni rigide e poco incisive dove tutti gli interessi (della proprietà, dei lavoratori, dei consumatori) sono rappresentati. Sono i diritti degli anziani, quelli più calpestati perché muti, che devono essere protetti! Ed il loro benessere, per quanto di benessere si possa parlare!
Perché non siamo capaci di guardare al di là del nostro naso?
In Inghilterra il Quality Care Commission ha istituito un registro presso cui tutte le case di riposo devono essere registrate e controlla che la loro attività non scenda mai al di sotto dei 13 punti standard minimi, pena la chiusura. Il metodo di valutazione adottato per i controlli periodici è molto semplice e risponde principalmente alle esigenze degli anziani: 5 domande per valutare la soddisfazione della persona e l’appropriatezza dell’assistenza. Per carità, nessuno è perfetto e anche gli inglesi non sono questi santi come ogni tanto ci vogliono far credere. E nessun metodo è esente da critiche. Così come non tutte le case di riposo italiane sono da buttare. Ma in generale noi siamo davvero messi male. Anzi, lo sono i nostri vecchi!
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- (1)Fonte alla data 08.04.2020 https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia#2
- (2)Si veda in proposito il report https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/sars-cov-2-survey-rsa-rapporto-2.pdf ma è necessario considerare che l’indagine è stata proposta alle RSA dedicate prevalentemente all’accoglienza di persona affette da demenza e che, delle 2399 RSA a cui è stato inviato il questionario, alla data del 06/04 solo 577 avevano risposto. In FVG il dato reale è 10 volte maggiore
- (3)https://www.corriereromagna.it/coronavirus-casa-riposo-blindata-operatori-dormono-chiesa/
- https://www.ilgazzettino.it/nordest/pordenone/casa_di_riposo-5130132.html