Il Comune di Ferrara è uno dei comuni più vecchi d’Italia e d’Europa. L’indice di vecchiaia, pur in calo, si attesta su valori molto alti. Nel 2010 era di 251, contro il 173 dell’Emilia Romagna e il 143 dell’Italia.
Registriamo una presenza di circa 35.000 ultra sessantacinquenni, che costituiscono il 26% della popolazione totale. Gli anziani che vivono soli sono 10.394 e quelli che convivono con un’altra persona anziana sono circa 7.000. Un terzo della popolazione anziana è rappresentata da “grandi vecchi” i quali costituiscono l’8% della popolazione totale.
Il quadro demografico ferrarese ha anticipato di 30 anni le proiezioni demografiche le quali prevedono che, nel 2040, un individuo su quattro avrà più di 65 anni nei vari paesi OCSE e che si arriverà ad un individuo su tre in Italia.
In un contesto socio demografico di questo tipo le politiche sociali e sanitarie comunali hanno avuto come attore privilegiato l’anziano non autosufficiente e, in un’ottica preventiva, fragile.
Nel 2003, nella prospettiva dell’integrazione delle diverse politiche promossa in quel periodo dal Piano di Azione a favore degli Anziani della Regione Emilia Romagna, fu elaborato un progetto di accompagnamento e assistenza sociale che completava e si integrava con la politica abitativa dell’ACER di Ferrara incentrata sulla realizzazione di tre nuclei di alloggi con servizi per anziani in condizione di fragilità.
Le premesse progettuali si ispiravano alla politica sociale regionale che promuoveva (e promuove) la realizzazione di “progetti in grado di sostenere la domiciliarità e l’autonomia dell’anziano”guidati dalla consapevolezza che, da sola, la costruzione di alloggi dedicati, seppure con tutti gli accorgimenti del caso (come ad esempio la previsione di ampi spazi comuni per attività ricreative e socializzanti) non sarebbe servita alla soluzione dei problemi di solitudine ed isolamento degli anziani.
Si rese necessario pensare, anche per evitare rischi di ghettizzazione, ad un sistema di responsabilità condivisa al quale tutte le realtà del territorio circostante avessero l’opportunità di partecipare attivamente per raggiungere un integrazione fattiva ed operativa che avesse una valenza educativa capace di creare quell’ “intimità a distanza” tra persona e territorio.
Il tempo trascorso dalla ideazione progettuale alla costruzione degli alloggi ha comunque permesso di non “disperdere” l’idea di una comunità attiva che si prende cura dei nostri anziani, idea che è stata sviluppata e realizzata attraverso il Progetto Giuseppina.
La realizzazione degli alloggi si è concretizzata nell’arco di 2/3 anni. Al primo nucleo di alloggi si è affiancato un Centro Diurno per anziani e un Centro di Animazione Territoriale gestito da due cooperative che hanno realizzato attività di portierato sociale e attività aggregative e socio- culturali a favore degli anziani residenti negli alloggi e degli anziani presenti nel territorio circostante.Nel secondo e terzo nucleo sono stati costruiti e realizzati dei Centri Sociali per Anziani. I Centri Sociali sono divenuti occasione di attività aggregative, culturali, motorie, formative e informative per gli anziani. Gli anziani residenti nei nuovi locali sono stati, dopo l’assegnazione degli alloggi da parte dell’ACER (Agenzia Casa Emilia Romagna) di Ferrara, convocati per condividere la progettualità sia in relazione alle strutture di accoglienza presenti nel territorio, sia nel coinvolgimento dei servizi che il progetto Giuseppina . I tre nuclei ( il Centro Diurno Sociale e due Centri Sociali per Anziani) hanno fatto pertanto un ottimo lavoro di portierato sociale
Il Progetto Giuseppina ha affinato la prima riflessione fatta sul concetto di anziano fragile cioè su quell’anziano che non va definito, seguendo l’approccio assistenziale tradizionale, come malato (visione che produce effetti sul benessere stesso degli anziani e funge da catalizzatore delle condizioni di non autosufficienza), ma che vive una condizione caratterizzata sul piano sociale - al di là delle problematiche sanitarie e funzionali che affliggono la senilità - dalla solitudine e dalla perdita delle relazioni sociali.
L’esigenza prioritaria era comunque quella di conoscere i bisogni dei nostri beneficiari per cui è stata realizzata, come prima cosa, una ricerca sociale che ha coinvolto, con la somministrazione diretta di un questionario (cioè al domicilio), un quarto degli anziani utrasettantacinquenni soli residenti nel Comune.
I dati emersi dalla ricerca sociale sono stati la base per la costruzione del lavoro su e con la rete sociale.
Questo lavoro è stato impostato con la collaborazione di tutti i soggetti -precedentemente mappati- operanti nel territorio delle diverse Circoscrizioni del Comune di Ferrara, ossia i rappresentanti delle circoscrizioni, gli assistenti sociali, i rappresentanti di zona della cooperazione sociale, dell’associazionismo e del volontariato, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, i medici di medicina generale. Il processo è stato impostato e governato con la supervisione ed il coordinamento di due responsabili tecnici che hanno svolto il ruolo di “gestori della rete”.
Sono stati costituiti dei tavoli circoscrizionali son stati elaborati alcuni protocolli di intervento, su alcune delle criticità e dei bisogni emersi dal lavoro di ricerca sociale sulla popolazione anziana, bisogni legati perlopiù alla mobilità ed alla socializzazione.
Attraverso la rete, il progetto “Giuseppina”, oggi, con il concorso del terzo settore ed avvalendosi della collaborazione di CUP 2000 E-Care che funge, attraverso il suo numero verde, da collettore delle richieste degli utenti del progetto (offrendo inoltre il servizio di tele assistenza), garantisce i seguenti servizi
1) Trasporti
2) Consegna dei farmaci a domicilio
3) Consegna della spesa a domicilio
4) Attività motoria a domicilio
Il successo delle azioni del progetto Giuseppina (che ricordiamo, per primo ha realizzato quell’ottica di lavoro di rete impostata nel 2003) ci portano ora a pensare ad ulteriori modelli di sviluppo collegati all’idea iniziale di alloggi con servizi.
L’ambizione è e rimane quella di incentivare e promuovere attivamente le politiche di community care ossia la connessione tra famiglia, persona e comunità di appartenenza. Perché la community care ha ancor più senso quando la persona o famiglia coinvolta è anziana. Mentre oggi la popolazione “giovane”, che ha accesso alle tecnologie, vive in reti sociali che non sono più radicate in certi luoghi, sono cioè a maglia aperta, le fasce deboli e gli anziani, vivono in reti a maglia chiusa, cioè ancora radicate in particolari luoghi e quindi faticano a trarre benefici dalle opportunità offerte dalla società odierna.
La finalità è quella di intercettare concretamente la fragilità e lavorare sulla prevenzione attraverso una reale presa in carico “leggera”.
Giungere, dunque, ad un concetto di portierato sociale “allargato” al territorio che attornia gli “alloggi con servizi”, che rimangono il punto di raccordo principale degli snodi della rete, sia perché esistono al loro interno realtà già attive, sia perché sono collocati in ambiti territoriali che sono caratterizzati da un’alta incidenza di popolazione fragile, ma anche da un tessuto associativo presente, vivace, già mappato (ma continuamente ri-mappabile).
L’obiettivo è quello di andare oltre il semplice concetto di portierato sociale e realizzare veri e propri “centri” di mediazione sociale e animazione del territorio in considerazione di questi due elementi:
· Il servizio sociale tradizionale per scarsità di risorse fatica ad intercettare tutti i bisogni della popolazione fragile e comunque fornisce risposte hard a bisogni complessi
· Gli sportelli sociali svolgono una funzione più che altro informativa e di orientamento sul sistema dei servizi (nel distretto centro nord del comune di Ferrara su 11 sportelli 6 sono gestiti da personale amministrativo e 5 da personale altro; nessuno sportello è gestito da educatori o psicologi) e non una reale presa in carico della fragilità.
I centri di mediazione sociale e l’animazione del territorio opereranno per l’integrazione e la promozione delle risorse personali e delle comunità territoriali privilegiando l’attenzione al contesto, l’ascolto, la relazione e la mediazione, offrendo una presa in carico “leggera” che ,tuttavia, può avere un impatto fondamentale nella prevenzione delle condizioni di non autosufficienza. La presenza di personale educativo assicurerà un accompagnamento alla persona fragile che non è soltanto informativo e di orientamento, ma che permette di elaborare e seguire un vero e proprio“progetto di vita e di cura”.
La presenza di personale educativo può, inoltre, consentire di portare avanti un lavoro con e sui centri sociali per anziani, contribuendo al trasferimento di conoscenze, metodi ed approcci efficaci per la gestione della fragilità. Ancora, può permettere, grazie al coinvolgimento dell’associazionismo e del tessuto istituzionale locale, di intercettare una popolazione più giovane offrendo una visione di “centro sociale” più consona alle generazioni future. Dopo una mappatura delle realtà condominiali nella città con presenza di anziani, rilevando quella in cui il sostegno si è già concretizzato e altre in cui sussiste una difficoltà di relazione fra gli altri condomini, si potranno avviare delle specifiche attività quali: il tutoring per la popolazione fragile, in raccordo con i servizi sociali territoriali e con altri progetti attivi; la realizzazione di laboratori socio-culturali, animativi ed occupazionali con il concorso delle associazioni presenti sul territorio; azioni di sensibilizzazione e formative rivolte alla popolazione fragile; azioni di sensibilizzazione e formative rivolte alle associazioni operanti sul territorio
Tutte le attività saranno incentrate sulla filosofia fondante che si sostanzia nella costruzione di processi partecipativi e nella valorizzazione dell’approccio relazionale centrato sulla persona.
La “produzione” che si vuole realizzare è quella di beni relazionali “quei beni la cui utilità per il soggetto che lo consuma dipende, oltre che dalle sue caratteristiche intrinseche ed oggettive, dalle modalità di fruizione con altri soggetti”(Bruni e Zamagni, 2004).
Il tutto orientato alla sviluppo e libertà di scelta della persona definiti, così come fa Amartya Sen nella sua critica all’utilizzo di variabili economiche come unici indicatori del benessere, come capacitazioni (capabilities). La capacitazione se riferita alla persona fragile mira a sviluppare delle competenze e l’autonomia che il soggetto già possiede e che utilizza per essere curioso e vitale. L’obiettivo della “capacitazione” è che la persona possa essere felice di fare quello che fa così come lo fa (P. Vigorelli).
I referenti e gli operatori del progetto pertanto avranno il compito di continuare a stimolare le reti sociali, intrecciando sempre di più i servizi formali e i protocolli operativi a quelli informali, promuovendo cioè tutte quelle attività di supporto che possono essere dati da centri di aggregazione territoriale, vicini di casa ed amici. La relazione di cura tra vicini ed i gruppi aggregativi organizzati a livello territoriale e di quartiere sembrano essere, allo stato attuale le azioni più adeguate per monitorare e dare risposta ai bisogni cosidetti “a bassa soglia” che sfuggono alle possibilità istituzionali e, soprattutto, per rispondere alla necessità di stabilire relazioni che aiutino l’anziano a riconoscersi e a mantenere forte il senso del sé.
La relazione vive nella persona anziana attraverso il racconto: ossia nella possibilità di avere qualcuno a cui raccontare e raccontarsi.
Come ci ricorda Hillman:
“Le storie che raccontiamo alla fine si prendono cura di noi. Se ti arrivano delle storie abbine cura. E impara a regalarle dove c’è ne bisogno. A volte una persona per sopravvivere ha bisogno di una storia più ancora del cibo. Ecco perché inseriamo queste storie nella memoria gli uni degli altri. E’ il nostro modo di prenderci cura di noi stessi”
Questo per dare, come dice Rita Levi Montalcini, non solo giorni alla vita, ma anche vita ai giorni.
E questo dovrebbe essere l’obiettivo finale di ogni politica sociale e, a guardarci bene, di ogni politica.
Bibliografia
Censis, (2007) La non autosufficienza degli anziani: il caso italiano alla luce delle esperienze estere
Roberto Cassoli, Chiara Bertolasi,Sviluppo delle reti sociali di comunità: il «Progetto Giuseppina», Studi Zancan 6/2009
Bruni L., Zamagni S., (2004), Economia Civile. Efficienza, equità e pubblica felicità, Il Mulino, Bologna.
Sen A., (2001), Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Mondadori, Milano
Vigorelli P., (2010), Dall’approccio assistenziale all’approccio capacitante nella cura dell’anziano fragile, Geriatric & Medical Intelligence 1
James Hillman , (20009, La forza del carattere, Adelphi, Milano