Signor Babbo Natale i suoi capelli e la barba bianchi mi fanno supporre che lei sia in giro da un bel po’ di tempo. Mi potrebbe dire come, secondo lei, la gioventù è cambiata nel corso degli anni?
Carissima Francesca,
comincio col dirti che è un piacere ricevere una lettera che, una volta tanto, non sia una richiesta di regali o desideri da esaudire… A pensarci bene, non so quando è stata l’ultima volta che qualcuno mi ha fatto una domanda che riguardasse me e le mie opinioni.
Perciò volentieri ti dedicherò qualche minuto per risponderti. Strane domande, le tue!
In effetti, assieme alle mie fidate renne, solco i cieli di questa nostra stanca terra da un bel po’ di tempo. E devo dire che mai come in questi ultimi due anni ho dovuto farmi luce con le fiaccole e confortare Rodolfo e gli altri che mai avevano visto tanto buio nel cielo. ..e nei cuori. Sconfortante.
Ma tant’è, io non posso perdermi d’animo. Il mio lavoro è meraviglioso ma anche parecchio impegnativo: da me ci si aspetta gioia e serenità e non sempre mi sento all’altezza. D’altronde sono un uomo anch’io. Magari un po’ speciale, ma sempre uomo.
Ma non tergiversiamo, perché il tempo è poco.
Mi chiedi se i bambini siano cambiati nel tempo. Certo che sì! I bambini di oggi sono molto più svegli e reattivi dei bimbi della tua generazione. Bombardati come sono da stimoli e informazioni di ogni tipo, è una fortuna se riescono anche solo per poco tempo ad incantarsi davanti alla nuova foglia di un albero o ad un gattino che vuole giocare con loro. E poi mi sembrano più soli e meno felici. Ovviamente non tutti i bambini sono uguali: dipende da dove vivono, se la famiglia li sostiene, se sono ricchi o poveri, se possono andare a scuola e giocare o devono iniziare a lavorare quando ancora non sono adolescenti.
Però c’è una cosa che li accomuna: uno strano scintillio nello sguardo, direi una luccicanza (niente a che vedere con Shining, per carità), una sorta di aura buona e di energia positiva che li eleva rispetto agli adulti perché li rende potenzialmente capaci di grandi e belle cose. Il problema è mantenerla, quest’aura, nutrirla per far sì che non si perda, per fare in modo che i bambini diventino gli adulti di domani, migliori di quelli di oggi.
Questa purezza c’è oggi come c’era allora ed è la cosa più bella che i bimbi possiedono. È un dono inestimabile e bisognerebbe averne grande cura. Purtroppo invece i bambini di oggi la perdono molto più in fretta di quanto avveniva un tempo. E smettono di credere in me e in tutta la magia che ci può essere nella vita.
Lei pensa che i bambini rispettino la saggezza sua e quella dei loro parenti più anziani così come lo facevano le generazioni precedenti?
I bambini non sanno cosa sia la saggezza e non hanno consapevolezza di tutto il patrimonio di esperienze che le persone della mia età hanno accumulato nel corso della loro vita. Loro sono alla ricerca della gentilezza che riconoscono nel sorriso e nella disponibilità. Ecco, non parlerei di rispetto ma di fiducia. Ti faccio io una domanda: qual è il ricordo che porti nel cuore di tua nonna Wally? Sono certo che lei per te è stata il porto sicuro dove rifugiarti, la persona verso cui volgevi lo sguardo quando non sapevi cosa fare o avevi un desiderio fortissimo. E il motivo per cui so che è così è perché lei ti amava di un amore puro, disinteressato. Diverso dall’amore di mamma e papà, che è non meno puro. Era come una luce. E tu la ripagavi con lo stesso amore: l’ascoltavi e la guardavi cercando di imitarla e sperando un giorno di essere bella ed elegante come lei.
Ecco, per me è così con tutti i bambini del mondo. E la magia è tanto più grande quanto più a lungo dura. A volte i bambini di oggi sono come quelli di ieri, a volte purtroppo vengono privati di tutto questo troppo presto. E troppo presto imparano il lato meno lucente della vita.
Se ai bambini viene detto che Babbo Natale non esiste e che i regali li portano i genitori, la magia del Natale si trasforma in una necessità di stare buoni e non fare arrabbiare i genitori in modo che poi quel giocattolo, la playstation, il telefonino arrivino a destinazione senza troppi problemi. E Babbo Natale è solo il primo di una lunga serie di disillusioni. Si finisce col non credere più a nulla. E se non c’è nulla in cui credere, non c’è nulla da rispettare. Così anche i nonni perdono il loro ruolo, si crede non abbiano nulla da trasmettere e il loro amore, così come tutte le cose che loro ci possono insegnare, viene ignorato. Vengono dimenticati e tornano utili solo quando ci sono aspettative da soddisfare.
Com’è organizzato il suo villaggio? Lei può essere considerato il comandante in capo? E i suoi colleghi rispettano i suoi consigli?
Ah, questa domanda mi piace proprio! Dunque, da dove partire… perché sai, è un po’ complicato per voi capire… io abito un posto lontano e nascosto. Il villaggio è piuttosto grande e la mia comunità numerosa. E tutti, di comune accordo, abbiamo deciso che, pur restando vicino a voi, avremmo tenuto un profilo, diciamo, basso, senza troppi clamori. Questo ci ha permesso di rimanere in qualche modo “puri” di cuore, come il candore della neve, e dedicarci con profitto al nostro compito principale che è quello di conservare la gioia e farvene dono, ogni tanto. Bada bene, anche noi abbiamo i nostri problemi e dispiaceri – per non dire dolori – però lavoriamo con costanza per fare in modo di rimanere “lucenti” e fare il nostro lavoro per bene. Perché, sai, nessuno regala niente neanche a Babbo Natale e vivere è comunque un duro lavoro. Ti confido un piccolo segreto: Babbo Natale non è sempre la stessa persona dalla notte dei tempi. Diciamo che è un compito e un onore che viene assegnato a sorte nel corso del tempo agli abitanti del mio villaggio. Ora il cappello lo porto io, anche se non so per quanto tempo. Nessuno lo sa. Portare il cappello significa essere sì, il capo, ma non nel modo in cui lo intendete voi: Io sono solo l’esecutore finale del lavoro che noi tutti svolgiamo insieme, nessuno escluso. Questo non vuol dire che sfruttiamo il lavoro minorile, come tanti di voi fanno. Vuol dire che ognuno di noi si impegna per rendere il mondo un posto più bello, almeno per una notte all’anno, che voi – pragmatici fino al midollo – avete per comodità identificato nella notte del 25 dicembre.
I consigli di tutti sono importanti e vengono tenuti nella medesima considerazione. Certo, i più anziani hanno più esperienza sul modo migliore di assolvere al nostro compito che poi è quello di vivere con gratitudine e rispetto verso chi ci sta vicino e verso l’ambiente che ci ospita. E cercare di trasmettere questi valori anche a voi. Direi però che quello che ci contraddistingue tutti è saperci ascoltare l’un l’altro. I più giovani hanno più entusiasmo e, qualche volta, la testa un po’ calda, ma nessuno viene escluso e tutti partecipiamo facendo del nostro meglio, secondo le nostre possibilità. Mai ci verrebbe in mente di abbandonare qualcuno perché ha avuto un rovescio di fortuna o ha combinato qualche danno.
Ha mai subito abusi o maltrattamenti durante i suoi viaggi per il mondo?
E chi mai potrebbe voler far del male a Babbo Natale??
Però guarda, a pensarci bene e anche se non si tratta di vero abuso, a volte rimango male a vedere tutti quei pupazzetti che mi raffigurano e che vengono appesi alle grondaie o alle ringhiere dei terrazzini. Ecco, mi sembra poco dignitoso. E poi cosa mi sta a significare? Che io visiterò quella casa perché lì ci vivono dei bambini buoni? E questi bambini, se sono così buoni, non pensano che a stare appeso lì per 28 giorni non mi fa proprio bene?
Dal momento che la tua intervista richiama spesso il passato, direi che questa è una moda degli ultimi 10 anni che prima non avrebbe mai preso piede. Qualche voce innocente si sarebbe di certo levata in difesa di un vecchio con la barba bianca che già deve sgobbare di notte col freddo per portare dei regali. Ora tutt’al più questi bambolotti, neppure troppo ben fatti, strappano un sorriso o, nel peggiore dei casi, un commento di scherno. Allo stesso modo di come ogni tanto alcuni vecchi vengono trattati: con condiscendenza, se non proprio derisi e abbandonati. Mi sembra voi chiamiate questa pessima abitudine con un nome inglese.. "Ageism, ageismo".
Occhio che poi, come dice l’adagio (anzi, più di uno), chi la fa l’aspetti. E te lo dico pure in inglese: what goes around comes around. Si, ecco, questo mi fa piuttosto arrabbiare e, poiché io mi sento un po’ il simbolo dei vecchi, il simbolo dell’amore che portano ma anche quello che dovrebbero ricevere, ogni volta che un anziano viene maltrattato è come se venissi maltrattato anch’io.
La recente pandemia ha colpito le persone anziane in un modo che non si sarebbe potuto immaginare: un numero impressionante di genitori e nonni sono morti.
Gli anziani sono di fatto rimasti prigionieri nelle loro case o negli istituti di ricovero, senza nemmeno poter parlare con i parenti; un certo grado di ageismo è stato reso visibile, soprattutto nell’assunto che il CoViD non fosse coì pericoloso perché colpiva “solo” (nel suo duplice significato) i vecchi.
Nella sua veste di distinto rappresentante di questa categoria, vorrebbe consigliare o dire qualcosa alle generazioni più giovani mentre consegna loro i suoi preziosi regali?
Il domandone di chiusura, eh?? Mah, come ti accennavo, è molto triste vedere come, in generale, evolvono i rapporti affettivi all’interno di taluni nuclei familiari. La mancanza di empatia, di comunicazione, la lontananza anche fisica tra genitori e figli e tra nipoti e nonni, tutto questo ha innescato una spirale di solitudine e lontananza che questa disgraziata pandemia ha contribuito solo a rendere consuetudine. Come dici tu, nonni prigionieri nelle loro case o confinati nelle case di riposo che non possono vedere i familiari e rimangono (vedi quello che è successo in una casa di riposo a Palermo) alla mercé di personale che a volte non si fa troppi scrupoli nell’uso di metodi assistenziali non proprio ortodossi. Ma anche rapporti familiari sfilacciati, difficoltà di ogni sorta. Insomma buio nel cuore e nella mente. Ecco, ho l’impressione che il mio lavoro quest’anno sarà più duro del solito. Quindi più che un suggerimento avrei una preghiera da rivolgere a te e a tutti i numerosi lettori di Per Lunga Vita.
Cari amici, Babbo Natale è ciò che rimane della vostra innocenza. Ve la ricordate quella febbrile attesa di qualche cosa di misterioso ed insieme magnifico che dall’inizio dell’inverno vi rendeva euforici e provocava in voi scoppi di risa e un inspiegabile buonumore? Sono sicuro di si: ve lo ricordate bene! Dov’è finita questa sensazione? Ecco, visto che il periodo è quello che è e non possiamo permetterci di abbassare la guardia, vi pregherei, cari amici di rimboccarvi le maniche insieme a me e non mollare alla deriva il Babbo Natale che abita dentro di voi a che comincia a stare un po’ stretto in questo piccolo androne in cui l’avete confinato.
Auguroni a tutti e occhio al camino!